Colonie in Palestina: la lunga
tentazione di Israele
Raffaele Oriani
Le Nouvel Observateur, 29
novembre 2000
Il Nouvel Observateur di questa settimana torna in
Medio Oriente e ci torna puntando al cuore steso del conflitto che
oppone da ormai due mesi israeliani e palestinesi: il problema delle
colonie ebraiche all’interno dei territori dell’Autorita’
presieduta da Yasser Arafat. Intervistando i leader dei coloni e
recuperando la memoria storica degli insediamenti ebraici in Palestina
il Nouvel mette a fuoco un tratto estremamente delicato dell’identita’
israeliana. Nato dagli insediamenti dei coloni a partire dalla fine dell’Ottocento,
Israele infatti fatica ad ammettere che in cambio della pace dovra’
prima o poi accettare la ritirata dagli avamposti occupati a partire dal
‘67. A testimoniare tale fatica e’ ad esempio il fatto che molto
spesso furono proprio esponenti del campo delle cosiddette colombe a
permettere a colonie ebraiche di nascere e svilupparsi con i
finanziamenti dello stato a ridosso dei villaggi palestinesi. Ma questa
politica non paga, e sembra essere la causa stessa dell’esasperazione
e dell’attuale disperata voglia di lotta dei palestinesi. Un esponente
politico della sinistra quindi ammette: ‘Noi israeliani abbiamo
creduto che prima o poi i palestinesi si sarebbero dimenticati dei loro
obiettivi nazionali: non e’ stato cosi’ ed e’ ora di ammettere il
nostro errore’. Sarebbe insomma ora di tornarsene a casa, a Tel Aviv,
a Jaffa, a Gerusalemme; oppure di organizzare la convivenza dei coloni
sotto l’autorita’ palestinese. In ogni caso sarebbe ora di
neutralizzare questa causa continua di tensione che, come dice un
pacifista israeliano, in fondo non riguarda piu’ del trenta per cento
degli odierni duecentomila coloni in territorio palestinesi. Tutti gli
altri infatti sarebbero li’ per motivi personali, professionali o
semplicemente per godere delle sovvenzioni dello Stato. Ma cosa porta i
coloni a insediarsi in mezzo all’ostilita’ araba? Motivi religiosi
ed etnici che evidentemente sono profondamente radicati nella coscienza
pubblica israeliana: e’ ovvio pero’ che una soluzione al conflitto
si avra’ solo quando si riuscira’ a dare ai diritti degli individui
e dei popoli la precedenza sui comandamenti dei testi sacri, siano essi
la Bibbia o il Corano.
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