Medio Oriente: come fermare la strage
Raffaele Oriani
Le Nouvel Observateur, 2
novembre 2000
Il Nouvel Observateur di questa settimana ragiona
sui cocci del processo di pace in Medio Oriente e sulla scia ormai
infinita di morti (per la stragrande maggioranza palestinesi) causati
dai continui scontri di questi giorni nei territori occupati. Perché
Sharm el Sheik non ha portato a nulla? Secondo il settimanale parigino
la ragione risiede nell’impossibilita’ pratica di Arafat di fermare
un’intifada cui non ha dato il via e che ora non e’ in grado di far
cessare da un momento all’altro. Costretto dagli eventi a cavalcare la
rivolta del suo popolo Arafat non ha quindi potuto far altro che farsi
portavoce della rabbia palestinese sperando nella solidarieta’ dei
paesi arabi, dell’Unione europea e dell’Assemblea generale dell’Onu.
Tutti e tre i fronti in realta’ si sono rivelati una mezza delusione,
con molti distinguo, qualche proclama e scarsissimi aiuti concreti. Sull’altro
fronte a Gerusalemme si cerca in tutti i modi di far rientrare l’estremista
Sharon (causa prima delle decine e decine di morti di questi giorni) nel
giro del governo: probabilmente - nota il Nouvel - Barak avra’ cosi’
una seconda chance da primo ministro, ma non sara’ certo questa mossa
disperata a impedirgli di passare ai libri di storia come il leader
israeliano che dopo otto anni di negoziati di pace rispose con i fucili
al lancio di pietre dei giovani palestinesi. Quali le prospettive?
Difficile dirlo, anche perche’ gli americani non sostengono piu’
Israele con l’unilateralita che li contradistingueva ai tempi di Nixon
e Kissinger, e anche perche’ e’ ormai chiaro che i palestinesi non
puntano alla cessazione delle ostilita’ (il che fa fra l’altro
decadere anche l’ipotesi di un coinvolgimento dei caschi blu dell’Onu
quale forza di interposizione tra occupanti e ‘occupati’). Il Nouvel
fa un’analisi molto lucida degli avvenimenti, non si spinge però sin
dove l’Economist prima e Le Monde e la Zeit poi si sono spinti nelle
scorse settimane: ovvero fino alla richiesta esplicita a Israele di
recedere dalla pervicace e violenta difesa di insediamenti che tutto il
mondo considera illegali e provocatori.
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