Jean Daniel: le ragioni dell’incubo
medio-orientale
Raffaele Oriani
Le Nouvel Observateur, 18 ottobre 2000
Il Nouvel Observateur dedica copertina e servizi
principali del numero in edicola questa settimana alla battaglia di
Gerusalemme e a quella che sembra la fine del processo di pace in Medio
Oriente. Tra i tanti articoli si segnala sicuramente per equilibrio l’editoriale
del direttore Jean Daniel che si pone alcuni interrogativi cruciali e da’
risposte che merita sicuramente valutare attentamente. Secondo Daniel e’
stata evidente sin da subito la sproporzione tra le pietre dei
manifestanti e le armi da fuoco dei militari israeliani: Barak insomma
ha dimostrato di saper fare la guerra, di essere forse in grado di fare
la pace, ma certo di non essere capace di gestire un’operazione di
polizia con la misura necessaria in questi casi. Ma perche’ questo
scoppio di violenza? Secondo Daniel le ragioni sono essenzialmente due:
da una parte l’interpretazione romantica e risibile del ritiro di
Israele dal sud del Libano, salutato dal mondo arabo come una vittoria
della precaria guerriglia di Hezbollah. Le frange piu’ agitate dell’opinione
pubblica palestinese si sarebbero quindi sciaguratamente lasciate
spronare da quel ritiro ad un confronto muro contro muro contro l’esercito
di Gerusalemme. Ma ancor piu’ importante e’ forse la seconda
ragione: mai come a Camp David si e’ stati vicini ad un accordo e mai
come nelle ultime settimane e’ stato chiaro ai nemici della pace che
per sabotare la riconciliazione tra i due popoli bisognava agire in
fretta e con efficacia chirurgica: per questo Sharon e’ salito alla
spianata delle Moschee e per questo gli estremisti del campo palestinese
hanno voluto radicalizzare da subito lo scontro. Daniel si concentra
infine sulla comunita’ ebraica francese: e’ legittima la levata di
scudi contro il presidente Chirac che avrebbe condotto le trattative di
Parigi sbilanciandosi in favore dei palestinesi? No, secondo Daniel, la
protesta non e’ legittima ed e’ frutto di un deprecabile riflesso
comunitarista che rischia di sbriciolare l’autorita’ dello Stato in
una serie di frammenti culturali ed etnico-religiosi.
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