TotalFinaElf: lo scandalo del gas
birmano
Raffaele Oriani
Le Nouvel Observateur, 27 settembre 2000
Questa settimana il Nouvel Observateur sceglie la
consueta inoffensiva copertina di ‘servizio’ proponendo un ampio
dossier sulla ‘vie a la campagne’. Perche’ si chiede il
settimanale parigino sempre piu’ francesi scelgono o sognano di
lasciare la citta’ per ritirarsi nell’idillio campestre? L’interrogativo
e’ interessante, ma il cuore di questa gloriosa testata della sinistra
liberal francese batte evidentemente altrove, e come spesso accade si fa
sentire nelle interessantissime corrispondenze dagli angoli del pianeta
meno ‘battuti’ dalla concorrenza mediatica. Questa settimana e’ la
volta di un documentato servizio dal sud est asiatico, dove il gigante
transalpino Total (ora TotalFinaElf) e’ da anni impegnato nella
costruzione di un gasdotto per lo sfruttamento del gas birmano. Il
progetto e’ da sempre al centro delle polemiche di ecologisti e
paladini dei diritti umani e a cinque anni dalla firma dei contratti
appare sempre meno convincente e sempre piu’ frutto di errori di
management e rapporti estremamente opachi con la classe politica birmana
e tailandese. Trecento chilometri di condotte sottomarine e altri
trecento di infrastrutture terrestri (si cui gravano i peggiori
sospetti: dallo sfruttamento di lavoro forzato, alla pulizia etnica di
ampie zone di foresta birmana, all’accusa di riciclaggio di denaro
sporco proveniente dal commercio di stupefacenti), seicento chilometri
di tragitto quindi per portare il gas a delle centrali termoelettriche
tailandesi di dubbia utilita’, che non sono state mai costruite e che
probabilmente mai lo saranno visto che il paese non e’ piu’ la
giovane tigre economica dei tempi migliori. Il problema e’ che da
contratto la compagnia statale tailandese e’ tenuta a pagare anche in
caso di mancato utilizzo del gas ordinato con tanta imprudenza cinque
anni fa. Ci sono insomma tutti i contorni di uno scandalo internazionale
di proporzioni immani, in grado di mettere in ginocchio l’economia di
un paese in faticosa ripresa e di minare la credibilita’ e la
trasparenza di uno dei colossi mondiali della produzione di carburante.
Il Nouvel Observateur mete in discussione la buona fede del gigante
francese e ricorda che all’epoca la Banca mondiale si rifiuto’ di
sovvenzionare un progetto cosi’ palesemente estraneo ai bisogni reali
delle popolazioni dell’area.
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