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Rassegna Internazionale




Usa: si ricomincia a discutere di pena di morte


Raffaele Oriani

Newsweek, 12 giugno 2000

 

Dopo 132 condanne capitali approvate ed eseguite da quando e’ governatore del Texas, George Bush jr. ha deciso di sospendere una esecuzione a 18 minuti dl momento fatale e di concedere al ‘candidato’ la prova del DNA. Secondo Newsweek questo potrebbe essere un punto di svolta per un generale ripensamento sulla pena di morte negli Stati Uniti. La rivista americana rileva infatti che mai come ora la sentenza capitale e’ discussa in patria e condannata senza appello all’estero. In realta’, aggiunge Newsweek, ad agitare le coscienze dei cittadini americani non sono dubbi etici o di fede, ma semplici, pragmatiche riserve sulla ‘giustizia’ di tante condanne a morte. Prima ancora di Bush era stato il governatore dell’Illinois (un repubblicano fondamentalmente a favore della pena di morte) ad optare per una moratoria delle esecuzioni nel suo Stato, dopo essersi reso conto delle decine di casi di errori giudiziari che avevano portato ad un passo dall’esecuzione o avevano ucciso il supposto reo poi dichiarato innocente. A piu’ di vent’anni dalla reintroduzione nel 1976 della massima pena, l’America insomma sembra per la prima volta tornare a discutere seriamente dela questione e a dividersi tra favorevoli e contrari. Sarebbe comunque fuori luogo un ottimismo eccessivo, dal momento che secondo gli ultimi sondaggi di Newsweek un sostanzioso 73 per cento del popolo americano sarebbero si schiererebbe tuttora a favore della pena di morte e dal momento che le riserve che trovano voce in questi giorni riguardano piuttosto il funzionamento corretto della macchina della giustizia. Sale infatti al 90 per cento la percentuale i quanti chiedono che sia comunque garantita la prova del DNA (diritto assicurato solo dallo stato di New York e dall’Illinois), che spesso ha ribaltato verdetti che sembravano ineccepibili dal punto di vista di merito e procedurale. Chissa’ comunque che tra i dubbi di procedura non si trovi lo spazio per un serio ripensamento della pratica barbara dell’omicidio di stato.


 

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