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Rassegna Internazionale




Newsweek / India: il sogno infranto di Sonia

Raffaele Oriani

 

Newsweek, 10 maggio 1999

Sonia Gandhi, l’italiana di New Delhi si sentiva gia’ a capo del governo del subcontinente asiatico, la madre settantenne era gia’ giunta in volo dall’Italia per assisterla nei preparativi in vista della cerimonia di investitura, il partito del Congresso stava per ritornare al potere dopo lunghi anni di digiuno forzato. E invece all’ultimo momento qualcosa e’ andato storto e ora la vedova di Rajid e nuora di Indira Gandhi si trova ad affrontare elezioni anticipate dall’esito quantomai incerto. Il piu’ era fatto: il Congresso era riuscito ad organizzare la capitolazione del popolare governo di Atal Vajpayee e ad assemblare una coalizione eterogenea in grado di assicurare la maggioranza dei voti. Ma in questi casi basta poco per mandare tutto all’aria, basta che un alleato riottoso pretenda per se’ la poltrona piu’ ambita e per raggiungere l’obiettivo attacchi a testa bassa la ‘sete di potere’ della ‘cattolica che viene dall’Italia’. E basta che trovi una robusta sponda proprio tra quei boss del Congresso che la Gandhi aveva umiliato ad un vertice dello scorso settembre in cui aveva annunciato la sua discesa in campo e una drastica pulizia interna al partito. Proprio quel partito che ha governato l’India per 42 dei 51 anni di indipendenza e che appena ha potuto ha sacrificato all’appetito della miriade di partitini alleati una leader dal nome e dalle ambizioni troppo ingombranti. E’ svanito cosi’ il sogno dell’italiana: c’e’ chi dice che l’appuntamento col potere e’ solo rimandato, c’e’ chi invece assicura che la partita e’ chiusa per sempre, tanto che Sonia starebbe meditando di ritornare nel suo paese natale.

 

Tra gli effetti collaterali di una guerra non ci sono solo le vittime civili e le distruzioni accidentali inevitabili anche in tempi di missili intelligenti; a volte, senza che nessuno se lo proponga esplicitamente, muoiono anche le idee. La guerra del Kossovo ha fatto in proposito una vittima illustre: e’ morto infatti l’umanitarismo inteso come quella galassia di associazioni che da trent’anni a questa parte affiancano la Croce rossa internazionale nell’assistenza ai profughi di guerra e alle vittime civili dei conflitti. Secondo David Rieff, giornalista di Newsweek specializzato in non-profit, la tragedia dei profughi albanesi dimostra infatti che non c’e’ piu’ soluzione umanitaria per problemi umanitari, e che un’organizzazione militare e’ in grado di arrivare dove i vari Medici senza frontiere, Human rigts watch e Amnesty international non riescono ad operare. A monte di questa conclusione stanno sia l’entita’ nuova dei problemi, sia la potenza logistica di un’organizzazione come la Nato, sia la semplice constatazione che Òil fascismo etnico di Milosevic non verra’ sconfitto dagli aiuti umanitari, ma dalla forza militareÓ.



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