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Rassegna Internazionale




Newsweek 3 maggio 1999/ Bill Gates il no che viene dal freddo

Raffaele Oriani

 

C’e’ qualcuno al mondo che non ha bisogno di Janet Reno per dire no a Bill Gates. Vive in Russia, a quasi quattromila chilometri da Mosca, una quarantina di chilometri a sud di Novosibirsk: in Siberia, insomma, in quella che l’ambiente informatico internazionale ha ormai ribatezzato la ÒSilicon TaigaÓ. Si tratta di Vladimir Malukh, un giovane imprenditore del software che lavora a Akademgorodok, una volta centro dell’elite scientifica sovietica, oggi un complesso di punta dell’informatica mondiale con quaranta aziende che vendono software in tutto il mondo. Tra i clienti delle imprese grandi e piccole di Akademgorodok ci sono la Telecom canadese e la Sun che trova qui preziose applications per il suo programma java. Gli stipendi non sono certo paragonabili a quelli statunitensi, ma Malukh e molti suoi colleghi resistono alle allettanti proposte di Redmond e preferiscono restare al freddo della taiga piuttosto che emigrare e lavorare per il nemico di un tempo. Perche’ qui i chip avanzano ma l’ideologia e’ tutt’altro che un ferro vecchio: se infatti il lavoro e’ impeccabile e i prodotti di assoluta avanguardia, nei laboratori sono piu’ i ritratti di Stalin che quelli di Einstein e in citta’ sventolano ancora bandiere rosse con la falce e il martello. Era insomma un centro d’avanguardia sovietico ed e’ ora un centro di avanguardia di capitalismo e nostalgia: quanto alla location decentrata non e’ un problema perche’ con Internet si possono vendere programmi ovunque del mondo anche vivendo a trenta gradi sotto zero.

In Israele si avvicinano le elezioni e si moltiplicano i segni di attenzione dei contendenti per la minoranza araba del paese che rappresenta l’11% dell’elettorato e fino ad ora ha sempre votato compatta per i laburisti. Il 17 maggio di quest’anno potrebbe pero’ non andare cosi’, dal momento che lo score del voto laburista a molti non sembra soddisfacente: il 30% della minoranza araba vive infatti ancora al di sotto della soglia di poverta’ (tra gli ebrei la percentuale non supera il 13) e a processo di pace bloccato si preferisce pensare pragmaticamente al posto di lavoro piuttosto che ai grandi disegni geopolitici. Comprensibile quindi l’offensiva propagandistica della destra che mobilita tutte le risorse: dai sussidi a piene mani del ministero della casa ai giri elettorali del ministro della difesa Moshe Arens nel deserto del Negev. I Labours rispondono con promesse di maggiore equita’ e di Òazioni affermativeÓ volte ad aumentare la partecipazione della componente araba alla vita professionale e pubblica del paese. Se i leader arabi si mantengono fedeli alla linea di sinistra, tra i cittadini comuni va invece diffondendosi lo scetticismo e la voglia di provare nuove soluzioni. A tutto vantggio di Netanyahu.



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