Newsweek/Kosovo: troppa storia
per una guerra
Raffaele Oriani
Con un editoriale di Jonathan Alter Newsweek registra e commenta il
mare di parallelismi storici con cui si guarda alla guerra in Kosovo. Se Bill Clinton
inciampa in uno svarione ricordando che le due guerre mondiali di questo secolo presero
avvio dai Balcani (e Alter aggiunge svarione a svarione ricordando al presidente che la
seconda scoppio a causa della Cecoslovacchia: probabilmente intende i Sudeti, ma al
liceo si insegna che fu linvasione della Polonia a provocare il conflitto), altri
azzardano il parallelismo con il Vietnam. Da una parte si pone laccento sulla
necessita del conflitto e la certezza della vittoria finale, dallaltra sui
rischi di unavventura bellica a migliaia di chilometri da casa. LAmerica non
sa quindi se seguire la dottrina che la vuole gendarme del mondo pro domo sua o quella che
le consiglia di badare agli affari e ai confini propri: da una parte il presidente che usa
toni roosveltiani, dallaltra Dick Armey, portavoce della maggioranza repubblicana al
Senato, che si vanta di essere stato allestero una sola volta in tutta la sua vita.
Sul piano della tattica militare si sprecano invece i parallelismi con la guerra del
Golfo: quale e lefficacia dei bombardamenti aerei? e necessario
intervenire con le truppe di terra come contro Saddam Hussein? E in questo caso la memoria
suscita un altro interrogativo: perche chi era per la guerra allora (i conservatori)
ora vorrebbe lavarsene le mani e chi invece denunciava gli interessi della guerra contro
Saddam ("no blood for oil") ora invoca lintervento contro Milosevic. Alter
analizza parallelismi e scarti storici e conclude auspicando che, oltre a consumarne in
eccesso, questi giorni sappiano anche produrre un po di storia: se non altro un
precedente che lasci i dittatori meno sicuri della loro impunita.
A un anno dalla notizia della fusione del secolo tra i giganti dellauto Daimler
Benz e Chrysler, Newsweek fa il punto della situazione: chi vince, chi perde, come procede
lintegrazione tra due culture aziendali tanto diverse come quella tedesca e quella
americana. Il matrimonio sembra essere stato indolore per il personale, vantaggioso per i
top executives e pieno di opportunita anche per il management di medio livello, che
comincia a frequentarsi e a smussare le reciproche asprezze metodologiche e caratteriali.
Il fatto e che quella fra i padroni di Mercedes e il terzo produttore americano di
automobili non e stata una fusione per ridurre i costi di personale ma per espandere
la capacita produttiva: la sfida e allora la piena integrazione delle
strutture, con i rispettivi uffici chiamati a collaborare piu che a lottare per la
personale sopravvivenza. Cosi gli americani hanno capito che lapproccio alla
"sbagliando si impara" che contraddistingue la loro formazione manageriale agli
occhi dei tedeschi rischiava di apparire un puro e semplice caos; e cosi i tedeschi
hanno imparato a "darsi una mossa", a progettare di meno in teoria e a
sperimentare di piu sul campo. Newsweek parte quindi da un case study aziendale ma
lascia intendere che tra Chrysler e Daimler sono in corso le prove generali di
integrazione tra i due giganti economici (e politici?) di domani.
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