Ai confini della vita: un bene o un
rischio?
Raffaele Oriani
The Economist, 6 luglio 2000
Secondo l’Economist ‘hanno vinto tutti’: la celebrazione con cui
alla Casa Bianca si e’ sancita la riuscita dell’operazione Genoma
e’ infatti una pietra miliare nel progresso della scienza e della
medicina moderna. Strana gara, sostiene il settimanale londinese, in cui
vince chi arriva primo ai blocchi di partenza, dal momento che la
sequenza dei geni ora approntata non e’ che l’inizio del lavoro sui
geni stessi e sulle possibilita’ di manipolarli a fin di bene (per
curare malattie genetiche nel caso degli umani, o per ottimizzare la
resa nutrizionale nel caso dei vegetali) o al contrario di intervenire
con scopi perversi quali ad esempio la pratica eugenetica o quella della
selezione preventiva. Per il momento comunque hanno vinto tutti: sia i
rappresentanti del progetto governativo del Human Genome Project
finanziato dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra di Tony Blair (e
infatti alla cerimonia ufficiale hanno partecipato dal vivo il
presidente Bill Clinton e in videoconferenza il premier britannico Blair);
e ha vinto anche il visionario imprenditore-scienziato Craig Venter che
con la sua Celera Genomics ha trasformato l’impresa in competizione
portando quindi il benefico sale della concorrenza.
Ma hanno vinto anche i sei miliardi di umani che popolano questa terra?
L’Economist risponde di si’ anche se passa in rassegna i rischi che
si nascondono dietro la decifrazione e l’elaborazione della sequenza
genetica. Primo: se gli europei hanno fatto uno spauracchio del cibo
transgenico che in sostanza e’ il cibo naturale meno qualche punto
debole per migliorarne i dati nutrizionali, si puo’ immaginare come
reagiranno alla possibilita’ di modificare alcuni ‘dettagli’ della
persona umana. Secondo: c’e’ sempre la possibilita’ di un errore e
piu’ la scienza e la tecnologia si avvicinano al segreto della vita,
piu’ i possibili errori rischiano di essere semplicemente
irrimediabili; terzo: sussiste ovviamente la possibilita’ di
utilizzare la tecnologia genetica per fare deliberatamente del male, e
qui l’Economist ricorre al trito e ritrito esempio di un Saddam
Hussein che clona se stesso per turbare i sonni occidentali anche da
dopo morto. Contro questa possibilita’ a Londra si invoca
l’efficienza dei servizi segreti dei ‘governi civili’ (sic, e
questo ‘civili’ marca davvero i limiti della nuova chiesa liberale
di cui l’Economist e’ l’autorevolissima Bibbia). A conti fatti
comunque per l’Economist la ricerca genetica presenta un bilancio
largamente in attivo, tanto che il settimanale londinese auspica che lo
Stato sappia intervenire in questo campo con una mano estremamente
leggera.
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