Caffe' Europa
Rassegna Internazionale




Uno scudo nucleare a rischio riarmo

 

Raffaele Oriani

The Economist, 8 giugno 2000

 

Questa settimana la copertina dell’Economist e’ dedicata al controverso progetto di scudo antinucleare degli Stati Uniti. Ne hanno parlato il presidente americano Bill Clinton e il suo collega russo Putin al recente vertice di Mosca, ma non c’e’ stato verso di raggiungere un accordo. La faccenda infatti e’ particolarmente spinosa, si presta ad essere osservata da molti lati ed e’ estremamente difficile isolarne le minacce dai possibili benefici. Di semplice in tutta la questione ci sono solo i dati di partenza: molti paesi del mondo entro una decina d’anni saranno in grado di minacciare le principali metropoli americane con armi di distruzione di massa. Da quando infatti la Corea del nord nel 1998 ha effettuato con successo il suo primo test di lancio di missili a lunga gittata e’ risultato evidente a tutti che e’ solo questione di tempo prima che questi stessi missili divengano operativi e possano costituire una reale minaccia alla sicurezza di qualsiasi paese del mondo. Accanto all Corea del nord e’ assai probabile che anche l’Iraq e l’Iran saranno presto in grado di disporre di armi del genere, mentre sulla stessa china potrebbero a breve seguire India, Pakistan e ovviamente la Cina. Che fare quindi di fronte ad un mondo in cui le minacce vanno parcellizzandosi sempre piu’ e per questo divenendo sempre piu’ incontrollabili? In America si fa strada l’opzione dello scudo, che pero’ costringerebbe gli Stati Uniti a infrangere i trattati piu’ importanti sul disarmo siglati con Mosca e soprattutto contravverrebbe ad un pilastro della dottrina militare che per mezzo secolo ha garantito la pace mondiale: l’equilibrio del terrore per cui la vulnerabilita’ delle due potenze nucleari garantiva paradossalmente la loro reciproca sicurezza. L’Economist riconosce la serieta’ della situazione ma invita gli americani a non procedere per colpi di mano e a coinvolgere la Russia, la Cina e gli alleati europei nei loro piani di difesa nucleare. Altrimenti il pericolo sarebbe una nuova, imprevedibile corsa agli armamenti.

 

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