Caffe' Europa
 
Rassegna Internazionale




The Economist /  Cibo transgenico tra fiabe, interrogativi e realta’

 

Raffaele Oriani

The Economist, 25 giugno 1999

L’Economist si allontana per una settimana dai grandi temi di geopolitica internazionale e aaffronta un argomento che coinvolge le nostre vite e le nostre tavole indipendentemente dalle bandiere, i confini nazionali, i colori politici. La copertina e’ infatti dedicata al problema delcibo trattato geneticamente che soprattutto in Inghilterra (paradossalmente quindi proprio nel paese piu’ deregolamentato e liberista d’Europa) sta incontrando crescenti resistenze da parte dell’opinione pubblica. Quello che sembrava un problema da esperti e da tavole rotonde accademiche, sostiene l’Economist, e’ diventato una high priority politica, impegna i leader del G8 e rischia di contagiare gli altri paesi europei, l’Australia e addirittura l’America dove Monsanto & C. stanno cominciando ad assaggiare la diffidenza dei consumatori. Se fosse un cereale, ironizza l’Economist, la stessa Monsanto non ci penserebbe due volte a brevettare questo furore anti-scientifico: cresce in ambiente ostile, resiste ad ogni smentita, sembra non conoscere rivali e e’ trapiantabile in ogni luogo. Ironia a parte, anche l’Economist deve ammettere che alla base della diffidenza c’e’ un dato inconfuabile:il cibo transgenico non si sa se sia nocivo per il consumatore, certo che allo stesso consumatorenon porta alcun beneficio. Per ammissione degli stessi produttori serve essenzialmente ad aumentare i profitti. Ecco perche’ lo stesso pubblico che accetta di ingurgitare medicinali trattati geneticamente e’ assolutamente contrario allo stesso trattamento quando si tratta di semplice cibo. Quanto poi alle fiabe della lotta alla fame del mondo e la penuria alimentare del prossimo millennio che le nuove multinazionali dovrebbero risolvere e sventare, sono appunto favole: in realta’ al mondo sono ormai parecchi decenni che c’e’ un surplus alimentare, e sono parecchi decenni che il problema dei paesi sottosviluppati non sono le derrate alimentari ma i soldi con cui scambiarle, trasportarle, trattarle. La fame insomma, sembra suggerire l’Economist, non e’ un problema scientifico ma politico e non sara’ l’ingegneria genetica a poterlo risolvere. L’invito a Monsanto e i suoi fratelli e’ quindi ad affrontare il disagio sul piano della realta’ e non dei miti. L’invito alle autorita’ e’ di evitare generici appelli alla calma e fare piu’ ricerca sul campo. Per l’ennesima volta l’Economist trova il punto di vista liberale da cui guardare i problemi.



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