Caffe' Europa
 
Rassegna Internazionale




The Economist / Bilancio di fine guerra: per l’Economist e’ un fallimento

 

Raffaele Oriani

The Economist, 18 giugno 1999

Lungo i due mesi della guerra l’Economist non e’ mai stato tenero con gli alleati, imputando soprattutto alla dirigenza anglo-sassone (Clinton e Blair) limiti tanto contrastantida delineare un vero e proprio fallimento dell’operazione: da una parte infatti secondo il settimanale londinese non ci si e’ voluta assumere l’intera responsabilita’ del conflitto con un intervento di terra; dall’altra si sono aggravati proprio quei problemi (rifugiati, disastri umanitari ecc.) che si era andati a sanare. Nemmeno ora che e’ scoppiata la pace l’Economist da’ tregua ai leader occidentali e anzi rigira il coltello nella piaga degli errori Nato. Punto primo: il bilancio del conflitto. L’Economist rileva che a fronte di zero vittime da parte degli alleati, tra i serbi sono morti seimila militari e almeno 2000 civili; tra i kosovari i morti potrebbero essere centomila, mentre 800.000 sembrano essere i rifugiati all’estero e 600.000 quelli che vagano all’interno della provincia. Se si pensa che prima del conflitto non erano morte piu’ di duemila-tremila persone di cui molte tra le file dei ribelli in armi,si puo’ capire -sostiene l’Economist- la portata del fallimento della guerra proprio rispetto agli obiettivi umanitari che si proponeva. E’ infatti quella del Kossovo la prima guerra che non viene combattuta per degli interessi ma per dei principi: che il consuntivo sia tanto sconfortante sembra segnare molti punti a favore della tanto vituperata Realpolitik (il cui massimo esponente, Henry Kissinger non ha infatti smesso di criticare l’intervento dalle colonne di Newsweek). Ma anche pensando alle prospettive future la situazione non e’ allegra: l’armata serba e’ pressoche’ intatta e, anche se non in Kossovo, potra’ essere usata per sedare la ribellione dei montenegrini, se non direttamente dei serbi; la pace e’ stata raggiunta proprio perche’ la Nato ha rinunciato alle assurde condizioni poste a Rambouillet: il lasciapassare per l’occupazione dell’intera Serbia e la promessa all’Uck che in tre anni si sarebbe arrivati all’indipendenza. Ovvero: la guerra sembra aver minato piuttosto che rafforzato la credibilita’ dell’allealnza sia dal punto di vista militare (gli unici danni seri all’esercito jugoslavo si sono avuti quando le scorrerie dei ribelli albanesi hanno fatto uscire le truppe dai rifugi), sia dal punto di vista politico, sia dal punto divista semplicemente etico (abbiamo dimostrato di avere principi ma non il coraggio di morire per essi).



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