The Economist/ Il cinquantenario Nato e il
paradosso ungherese
Raffaele Oriani
LEconomist offre un lungo inserto sui cinquantanni della
Nato. Avrebbe potuto essere una ricorrenza gaudiosa, e invece un momento di
ripensamento in cui si affollano dubbi sul senso dellAllenza a dieci anni dal crollo
del Muro e a un mese dallinizio dei bombardamenti sulla Serbia. La guerra secondo il
settimanale londinese mostra finora dei risultati assolutamente deludenti: aumentano i
raid, aumentano le distruzioni ma gli obiettivi dellintervento sono sempre piu
distanti. In Kossovo si fa strada la violenza serba, a Belgrado cresce il consenso a
Milosovic, gli alleati sono assai scettici sullintervento di terra, probabilmente
risolutivo ma dai costi umani difficilmente calcolabili. Eppure la Nato non puo
fallire: almeno alcuni dei principi su cui si basa lAlleanza devono uscire
vittoriosi dal conflitto, e per questo sara indispensabile arrivare ad una sorta di
protettorato militare che assicuri la convivenza tra serbi e albanesi nella provincia
contesa.
Un punto di vista inedito sulla guerra e invece quello ungherese.
Sembra un dettaglio, ma lUngheria e uno dei tre paesi in questi giorni
ufficialmente ammessi come membri a pieno diritto dellAlleanza. Ed e il paese
mitteleuropeo con il piu alto numero di connazionali oltre le sue frontiere. Molti
ricorderanno le immagini degli scontri nel Banato rumeno, ma anche nella Vojvodina serba
vive una corposa minoranza magiara. Per questo ai tempi di Tito la Vojvodina godeva di uno
statuto autonomo come il Kossovo e nonostante questo viene oggi bombardata dai caccia
della Nato, tanto che secondo fonti serbe i recenti attacchi su Subotica hanno spinto
numerosi ungheresi ad arruolarsi come volontari nelle truppe di Milosevic. Gli ungheresi
protestano, cercano di fare sentire le proprie ragioni ai comandi supremi
dellAlleanza, negano il proprio spazio aereo e le proprie basi ai bombardieri
americani. Per uno strano gioco del destino proprio nel momento in cui sono chiamati a
farne parte, gli ungheresi avvertono per la prima volta le forze della Nato come una
concreta minaccia nazionale.
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