Caffe' Europa
 
Rassegna Internazionale




The Economist / L’Occidente e la trappola dei Balcani

Edoardo Buffoni

 

The Economist, 27 marzo-3 aprile 1999

 

L’Occidente e’ finito in una delle sue imprese piu’ rischiose dalla fine della seconda guerra mondiale. Puo’ uscirne bene, dalla guerra in Yugoslavia, come forza positiva. Oppure puo’ cadere, rendendo la Nato debole come mai negli ultimi 50 anni. Questa operazione e’ diversa dalle precedenti, in Iraq e Bosnia. Prima di tutto, e’ rivolta contro uno stato sovrano, che ha problemi all’interno, e non con i suoi vicini. Il precedente puo’ diventare pericoloso: come si muovebbe l’Occidente se , per esempio, la Cina attaccasse l’India, colpevole di impedire al Kashmir di diventare autonomo? Secondo, la Serbia e’ meglio armata dei serbi di Bosnia e dell’ultimo Saddam. I soli bombardamenti con ordigni intelligenti e missili Tomahawk sono certo sicuri, ma potrebbero non bastare in una provincia in cui obiettivi militari e popolazione civile sono mischiati. L’intervento di truppe a terra sarebbe inevitabile.

La situazione presenta molti scenari negativi, e pochi positivi. Puo’ darsi che una sconfitta militare induca l’esercito serbo a rimpiazzare Milosevic, o a ridurlo a piu’ miri consigli. E’ piu’ probabile invece che l’attacco rinsaldi le file militari e politiche a Belgrado. Gli albanesi del Kosovo rischiano l’esodo e gli eccidi. Ma se i serbi venissero spazzati via, si rischia anche la vendetta dell’Uck sulla minoranza serba, non piu’ protetta. Tutto questo, senza truppe a terra, puo’ essere difficilmente evitato. La prima cosa da fare, e’ far capire ai serbi che l’Occidente non ce l’ha con loro, e che le sanzioni saranno tolte se cesseranno le operazioni di pulizia etnica. Poi bisogna destabilizzare Milosevic, magari incoraggiando l’autonomia del Montenegro, e l’autodeterminazione degli albanesi del Kosovo. Niente sara’ facile, e c’e’ sempre il pericolo che il conflitto si allarghi a tutti i Balcani.

L’errore dei Lords. Nel giudicare sul caso Pinochet, gli alti giudici hanno ingarbugliato ulteriormente una situazione gia’ complicata. Hanno dichiarato l’estradabilita’ del generale, e la possibilita’ che sia processato, ma solo per crimini commessi dopo il 1988, cioe’ da quando e’ entrata in vigore la legge britannica sulla tortura. Cosi’ facendo, hanno ragionato sulla base di una legislazione nazionale, e non seguendo i principi del diritto internazionale dei diritti umani, come in molti speravano e si aspettavano. La causa contro Pinochet comunque si indebolisce, riguardando solo gli ultimi 15 mesi di una dittatura durata 17 anni. I sette giudici hanno emesso sette sentenze diverse, ognuna in contraddizione con le altre. In sostanza, la loro decisione fissa un precedente che permettera’ a molti criminali comuni di evitare l’estradizione.

L’ascesa delle compagnie di biotecnologia a Wall Street. Alla borsa di New York di questi tempi i titoli delle grandi societa’ sono in fortissimo rialzo, come era successo nel ‘98 per Internet. Ma e’ un boom che riguarda solo le grandi firme. Chi ha una capitalizzazione di mercato superiore al miliardo di dollari, cresce, in media del 38 per cento negli ultimi nove mesi. I piccoli, invece, perdono quasi altrettanto. Gli investitori vogliono profitti subito, e penalizzano le compagnie che elaborano medicine innovative, ma con tempi piu’ lunghi. Inoltre, un singolo fallimento in vista fa crollare i titoli. I rischi in questo mercato ci sono: ogni nuovo prodotto deve passare attraverso molti e lunghi test, prima animali, poi clinici, e infine essere approvato dalle autorita’. I piccoli, che puntano su pochi progetti, finiscono per soccombere se uno di questi non avanza. Entusiasmi e delusioni si alternano nel giro di pochi giorni. Basta un articolo di giornale su una nuova cura anti-cancro per infiammare il titolo, o per deprimerlo. La soluzione e’ fondersi con gli altri. I soldi ci sono, pubblici e privati. Questi ultimi sono aumentati del 50 per cento nell’ultimo anno.



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