Macedonia: prove di dialogo tra slavi
e albanesi
Raffaele
Oriani
The Economist, 24 maggio 2001
Secondo l’Economist, confortato in questo dal parere
dei due responsabili della politica estera comunitaria, l’inglese
Chris Patten e lo spagnolo Xavier Solana, la sfida piu’ importante del
fronte balcanico e probabilmente dell’intero continente nel suo
complesso, e’ la pace in Macedonia. Il problema e’ pero’: come
garantirla? Nelle ultime settimane sono andati accumulandosi segnali
contrastanti: da una parte infatti interi villaggi restano fermamente in
mano dei ribelli albanesi decisi alla battaglia finale contro lo stato
macedone e la maggioranza slava che lo abita, dall’altra invece i
maggiori partiti macedoni, sia dell’etnia maggioritaria che di quella
minoritaria, si sono messi d’accordo a Skopje sotto l’egida dell’Unione
europea e hanno dato vita a un governo di coalizione che, almeno sulla
carta, rappresenta le aspirazioni e gli interessi di almeno il 90 per
cento delle persone di cittadinanza macedone. Si apre quindi uno
spiraglio politico da utilizzare con grande prudenza e grande acume. Gli
osservatori sono infatti concordi nel ritenere che non ci sara’ pace
in Macedonia se non verranno accolte almeno in parte le richieste degli
elementi piu’ moderati dell’etnia albanese: uso della lingua a
scuola e nelle universita’ e maggior potere alle municipalita’ e
quindi alle comunita’ albanesi concentrate soprattutto nei paesi verso
il confine con il Kossovo. La lotta potrebbe quindi essere in procinto
di trasformarsi in faticosissima collaborazione: vera o falsa che sia
quest’impressione, possibile o meno che sia assicurare quest’esito
agli scontri di questi giorni, secondo l’Economist quella descritta e’
l’unica alternativa alla guerra totale. Che una volta scoppiata non si
fermerebbe probabilmente ai confini macedoni ma finirebbe per infiammare
l’intera area dei Balcani con serie conseguenze sulla stabilita’ del
Vecchio continente.
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