Caffe' Europa
Rassegna Internazionale




Crisi di Borsa: fine di un idillio economico?


Raffaele Oriani

The Economist, 15 marzo 2001


Siamo alla fine del boom azionario che ha caratterizzato gli anni novanta dello scorso secolo? Se lo chiede il numero in edicola in questi giorni dell’Economist, che, sciorinando un’interessante serie di dati, mette a fuoco la crisi nera che da un anno sta colpendo le Borse di tutto il mondo, con evidente picco dalle parti di Wall Street e del Nasdaq. I mercati di titoli azionari del globo in un anno hanno perso almeno il venti per cento del loro valore, mentre il tonfo del paniere della new economy americana ha raggiunto il 55 per cento rispetto ai valori del marzo 2000. Sempre in America in un anno si sono bruciati qualcosa come 4.000 miliardi di dollari, equivalenti al 40 per cento del PIL degli Usa. Se si pensa che il crollo di Wall Street del 1987 aveva bruciato ‘solo’ il 20 per cento del PIL si puo’ capire l’entita’ dell’onda d’urto di questa crisi di inizio millennio. Siamo all’orso globale, alla crisi che mettera’ definitivamente in soffitta il paradigma economico e azionario degli anni novanta? Non e’ escluso, e secondo l’Economist, questa battuta d’arresto sulla via della ‘borsizzazione’ del mondo e’ una grande jattura. Le azioni infatti non sono solamente uno strumento per guadagnare dei soldi: un paese con una diffusa cultura azionaria e’ un paese in cui la responsabilita’ economica e’ largamente condivisa e in cui esigenze delle imprese e dei lavoratori sono in larga parte equivalenti. Il fatto che un americano adulto su due possieda delle azioni, che un tedesco su cinque sia esposto in Borsa, ma che anche paesi poveri e comunisti come ad esempio la Cina si siano appassionati negli ultimi anni al mercato azionario, significa che il mondo dell’impresa non e’ piu’ un sistema a parte, non e’ piu’ appunto una controparte rispetto alla societa’. Questo quadro ora e’ fortemente a rischio e, se da una parte la crisi borsistica permette di fare la tara a tutti gli entusiasmi ingiustificati che circolavano attorno alle dot.com, dall’altro mette anche in pericolo l’unita’ di intenti economici che, a parere dei guru di Londra, e’ stato il miglior carburante dello sviluppodegli ultimi anni.

 

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