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Rassegna Internazionale




Scienza e profitto: rapporto difficile ma indispensabile


Raffaele Oriani

The Economist, 22 febbraio 2001


Con il solito, pacato stile argomentativo che lo contraddistingue l’Economist questa settimana dedica copertina e articoli principali alla diatriba sulla ‘scienza libera’, ovvero sulla legittimita’ del legame tra la scienza e il profitto economico. Due sono i capi di imputazione di cui piu’ si e’ parlato in questi ultimi tempi: da una parte la ‘scandalosa’ brevettazione del codice genetico umano da parte di una ditta privata americana che per anni ha sviluppato le proprie ricerche in concorrenza con il consorzio pubblico Genoma; dall’altra la drammatica questione dell’accesso ai medicinali essenziali da parte degli ammalati dei paesi piu’ poveri del mondo. Sul primo punto l’Economist e’ categorico: la separazione tra scienza e profitto, e quindi tra scienza e interesse privato, non e’ mai esistita nella storia e non ha alcun motivo di affermarsi ora. Al contrario: e’ stata proprio la sollecitazione della concorrenza privata a pungolare il consorzio pubblico nella sua corsa alla decifrazione del codice genetico umano e quindi ben vengano gli scienziati che, spinti dal proprio interesse, realizzano scoperte di cui tutti potremo poi approfittare (dietro adeguato compenso). Ma la commercializzazione della scienza ha dei limiti? In particolare: e’ giusto privare un ammalato di Aids del Terzo mondo dei medicinali che lo potrebbero salvare solamente perche’ non dispone delle risorse necessarie a pagarli? Secondo l’Economist la delicatezza etica della questione non puo’ mettere in dubbio il valore del profitto, che e’ la vera e unica molla che spinge le aziende farmaceutiche a sviluppare (per il bene di tutti, anche se per le tasche di pochi) nuovi, indispensabili medicinali. Cosa fare quindi? L’Economist accenna ad una soluzione forse moralisticamente non troppo corretta ma probabilmente pragmaticamente efficace: che siano i contribuenti dei paesi sviluppati a finanziare la vendita di medicinali essenziali verso i paesi del terzo mondo.

 

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