Una Costituzione per non fare l’Europa
Raffaele Oriani
The Economist, 2 novembre 2000
Il numero dell’Economist in edicola in questi giorni ha
gli occhi puntati sul prossimo vertice europeo di Nizza e sulla
necessita’ che al ‘vacuo’ progetto di Carta dei diritti che i capi
di stato e di governo si apprestano ad approvare in quella sede si
sostituisca invece una vera e propria Costituzione dell’Unione
europea. Il paradosso e’ che l’Economist, fedele alla consegna
culturale dei sudditi di Sua Maesta’ britannica, non propone un passo
cosi’ importante per favorire, ma al contrario per contrastare l’ulteriore
integrazione continentale. Secondo il settimanale londinese infatti e’
giunto il momento che ai progetti sul futuro e ai rilanci europeisti si
sostituisca la tranquilla gestione dello status quo politico ed
economico: l’Europa infatti in questi decenni ha fatto passi da
gigante, l’integrazione economica e’ ormai un dato di fatto, ogni
passo ulteriore comprometterebbe il delicatissimo equilibro tra desideri
e convinzioni delle leadership e volonta’ dei popoli. Il progettato
federalismo europeo infatti non riscuote molto successo presso le
opinioni pubbliche del continente ed e’ questa la ragione per cui sino
ad adesso i governanti europei si sono ben guardati (ad eccezione della
Danimarca) dal sottoporre a referendum i trattati che andavano via via
sottoscrivendo. Ma e’ lecito continuare a spingere in una direzione
contraria alle pulsioni piu’ genuine del popolo sovrano? Secondo l’Economist
no, e per questo si impone la necessita’ di firmare una Carta
costituzionale che fotografi la situazione esistente e impedisca
ulteriori colpi di mano da parte degli esecutivi nazionali. La Carta in
questione (a differenza di quella che con tutta probabilita’ verra’
approvata a Nizza) avrebbe il merito di rinsaldare il legame tra i
popoli europei allo stato attuale, rinunciando ai sogni di un’ulteriore,
infinita spinta federalista, ma raccogliendo definitivamente i frutti di
quasi cinquant’anni di sviluppo comune.
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