I casseurs di Praga dalla parte
sbagliata
Raffaele Oriani
The Economist, 28 settembre 2000
Quindi ci siamo: questa settimana si riuniscono a Praga i
vertici della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale e,
come ormai ad ogni occasione in cui siano presenti in pompa magna gli
‘agenti della globalizzazione’, si prevedono tumulti di piazza e
sfide infuocate tra dimostranti e poliziotti. Puntuale come i summit
economici e le proteste piu’ o meno popolari arriva anche l’editoriale
dell’Economist che ricorda con puntiglio tutti i meriti della
globalizzazione dei mercati e i pericoli cui si andrebbe incontro se i
potenti della terra cedessero ai riflessi istintivi delle piazze (e di
fette sempre piu’ consistenti di opinione pubblica, spaventate a vario
titolo e con intensita’ variabile dalla prospettiva di un mondo unico
per merci, idee e persone). L’Economist riconosce ai nuovi seguaci
dell’anticapitalismo la bonta’ di due argomenti a loro modo
cruciali: da una parte infatti e’ vero che il primo problema politico
ed etico del mondo contemporaneo e’ la poverta’ del terzo mondo;
dall’altro e’ altrettanto vero che la globalizzaizone dei mercati
non e’ un fenomeno naturale, ma un processo che si fonda su decisioni
e scelte precise revocabili in qualsiasi momento. Detto questo, a parere
del settimanale londinese e dei suoi posati analisti, e’ meglio
mettere in chiaro che i grandi perdenti di un ritorno al protezionismo
sarebbero proprio gli ultimi del mondo cui non resterebbe che vegetare
nella miseria presente. Qual e’ infatti la differenza tra la Corea del
sud e quella del nord? E cosa distingue la Malesia dalla Birmania? In
entrambi i casi e’ stata proprio l’apertura al mondo esterno a
produrre sviluppo e la chiusura ermetica ai mercati internazionali a
perpetuare la miseria. E’ un ragionamento stimolante, aoprattutto
perche’ condotto con la pacatezza e limpidezza che quasi sempre
contraddistinguono le prese di posizione dell’Economist; e’ comunque
un ragionamento che a chi stende queste note sembra rappresentare solo
una delle facce della medaglia.
|