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Il corpo dell'anima


Franco Rella con Tina Cosmai

 

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Il corpo dell'anima

Frammenti di racconto nell’esposizione di una trama che segue il percorso di sensazioni ed emozioni che trascendono il corpo, ma che non prescindono da esso. Riflessioni filosofiche e rievocazioni letterarie: Lèvinas, Zola, Parise, Bataille, Proust. Manifestazioni di un’intensità che nella vita va oltre la vita. Esplosioni e implosioni che attraversano il corpo, rendendolo espressione di un’ambiguità emozionale che necessita la concentrazione nelle membra. Morte e vita si intrecciano in un legame indissolubile con il corpo, che si apre attraverso le proprie modalità a tutto ciò che è altro e che può essere ospitato.

"Ai confini del corpo", edito da Feltrinelli, è un’opera sulle dinamiche passionali che abitano le membra, che le rendono vive, che fanno, di questo nostro abitato fisico, una spugna in grado di assorbire forti pulsioni, come l’amore, la sofferenza, la morte, il dolore. Parliamone con il suo autore, Franco Rella.

 

Professore Rella, in questo suo libro, lei affronta la questione dell’alterità del corpo, ciò che è ai confini appunto. Ce ne parli.

L’ alterità del corpo nasce dal fatto che il corpo è stato dichiarato altro sin dall’origine della filosofia occidentale. Da Platone ai giorni nostri, la filosofia ha considerato il corpo come qualcosa di opaco, che ostacola la conoscenza, per cui si è operata una distinzione tra pensiero e corpo, considerato come pura estensione. Con le sue istanze, i suoi istinti, con la sua conoscenza, il corpo viene espulso dal pensiero. Significativo è il fatto che Heidegger dedichi soltanto sei righe di "L’Essere e il Tempo" all’esistenza del corpo, dichiarando che non ne sapeva e non ne poteva dire nulla, essendo il corpo l'argomento più difficile. Freud stesso, nella riflessione sull’intreccio tra l’io e l’es, ha dovuto far ricorso ad un linguaggio simbolico.

 

Il confine indica una separazione ma anche un dialogo. In che termini le passioni contattano il corpo e soprattutto in che modo il corpo ostenta le passioni?

Noi proiettiamo nel mondo il nostro corpo e quando cominciamo ad avvertire le passioni, l’amore, la paura, l’angoscia, il desiderio, l’orrore per la morte, ci è impossibile, nella nostra esperienza, separare le due cose. Non esiste una scissione tra il pensiero e la sensazione che si avverte quando, ad esempio, si abbraccia una persona. C’è uno sbocciare del pensiero e della sensazione insieme e la linea di confine diventa praticamente invisibile.

 

 

Allora qual è l’origine di questo contatto?

L’eros è la modalità dell’amore che si sostiene sul desiderio, è il desiderio che si proietta verso un oggetto, verso qualcosa di raggiungibile. La natura ambigua di eros si manifesta nel momento in cui ci spingiamo verso l'"altro". Il desiderio si alimenta nel riconoscimento di questa alterità, che è insuperabile. Quindi l’amore vive un suo fallimento, che è quello di non potersi mai impossessare del proprio oggetto di desiderio. Come dice Lèvinas, " il successo dell’amore è la sconfitta di eros". In questa alterità, noi scopriamo l’impossibilità di avere tutto: una ferita narcisistica che ci porta alla percezione della nostra impotenza.

 

Vita e morte si intrecciano nel suo libro; ma il corpo, che necessita della vita, come sostiene il pensiero della morte?

Diceva Freud che noi non conosciamo la nostra morte, cioè siamo intimamente convinti di essere immortali. Il sentimento della morte che percepiamo in alcuni momenti della nostra vita è la sensazione dell’angoscia del vuoto, della caducità della nostra esistenza. In realtà un pensiero della morte vero e proprio non esiste. Difatti Lèvinas disse che la morte è ciò che mette in scacco il pensiero occidentale, perché esso non è riuscito a definirla, a darle un senso, in quanto il nostro linguaggio è legato all’essere e non a ciò che non è, e la morte è percepita come assenza d’essere.

 

Lei ribalta l’affermazione di Descartes "Cogito ergo sum", nel senso che il pensiero non può prescindere dal corpo. Qual è allora il valore del logos?

Sono dell’idea che il logos sia una ragione ibridata e che contenga comunque elementi legati alle passioni. Un logos senza mescolanze erotiche è una ragione falsa.

 

L’atto del guardare un corpo altro conduce, secondo lei, a una riflessione ontologica. Che cosa vuol dire esattamente?

Guardare un altro corpo o percepire il nostro stesso corpo come altro determina una tensione che ci spinge al di là di noi stessi. Una ricerca ontologica, certo, che si sviluppa quando facciamo esperienze erotiche, esperienze di malattia e di sofferenza. In questi momenti il corpo risulta sempre come qualcosa che è nostro ma che contemporaneamente è altro da noi.

 

Lei afferma che la nudità è disvelamento delle intime sensazioni. Dunque è questo il significato del pudore e della vergogna?

Nella Bibbia si dice che quando Adamo ed Eva si accorsero di essere nudi, arrossirono, perchè scoprirono, in quell’istante, la differenza sessuale. E’ questa a costituire il fondamento della vergogna, di una vergogna che Kierkegaard afferma portare sino all’angoscia e alla morte. Perché la vergogna nasce da un’intima disobbedienza del corpo ai nostri ordini. Sono gli organi sessuali, specie quello maschile, che nell’erezione disobbedisce rivelando la differenza visibile nella condizione edemica.

 

Nella vecchiaia sussiste il cedimento della vitalità. Eppure lei afferma che esiste una forma di passione nella senescenza, quella del contatto totale con il corpo nelle sue escrezioni…

Questa è uno dei concetti più tormentosi del mio libro. Nella vecchiaia si è schiacciati dal proprio corpo che non obbedisce più ai suoi ordini, che non controlla più le sue funzioni. E’ un corpo opaco ormai, non è più il luogo della scoperta dell’eros. Il passato diviene evanescente e la brevità del tempo che abbiamo dinanzi ci fa vivere in una sorta di eterno presente, in cui emerge il dolore, l’escrezione. La corporeità diviene così assoluta da ridiventare quel negativo di cui parlavano i filosofi come Platone quando paragonavano il corpo a una prigione.

 

Nel mondo moderno, l’uomo come vive il proprio corpo?

Oggi c’è una sorta di esaltazione del corpo attraverso il salutismo. Ma ciò lo priva della sua voce, esso non comunica più il dolore, la passione. Le pratiche moderne annullano il corpo nella sua carnalità e lo esaltano come spazio virtuale, un grande web di emozioni.

 

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