Da Viroli un antidoto ai malanni della
democrazia
Giancarlo Bosetti
Maurizio Viroli, con il saggio "Repubblicanesimo" (Laterza,
pp.120, L. 20.000), avanza una proposta per la cura dei raffreddori della democrazia in
generale, e di quella italiana in particolare. Diciamo "raffreddori" per non
essere troppo pessimisti e per non scoraggiare chi si avventura in tentativi di questo
genere.
Dopo tutto il raffreddore, è vero, non è una malattia gravissima, ma
non è stato mai definitivamente sconfitto con un farmaco risolutivo. Bisogna tenerselo. E
la costipazione che affligge la democrazia contemporanea è fatta di una vasta
insoddisfazione, di astensionismo, di un certo fastidio, ora piu ora meno grave, per
le prestazioni dei gruppi dirigenti in carica.
Naturalmente lessenza della democrazia, come la scuola liberale
insegna, per esempio in alcune bellissime e semplicissime pagine di Karl Popper, non è la
gioia di essere bene governati (vecchia pretesa speranzosa di tante utopie), ma la
possibilita con le elezioni di liberarsi dei governanti che la maggioranza non
gradisce senza spargimento di sangue.
La ricetta per verificare se cè o non cè democrazia è
tutta li, non chiede di piu. Ma dal momento che in una buona parte del mondo
(e noi in quella) la democrazia non è piu fortunatamente in questione, cè
chi, come Viroli, si chiede se non sia possibile ottenere dalla politica una prestazione
piu ricca.
Esiste la possibilita di dare ai progetti politici una direzione
di marcia piu chiara? Di mostrare un cammino piu attraente? Di persuadere i
cittadini che si puo perseguire un disegno comune? E di persuaderli che la politica
merita il loro impegno civile? Cè un modo di alimentare la vita pubblica con un
linguaggio piu ricco di valori comuni, di passioni, di moralita e di
virtu?
Viroli affronta dunque un problema ideologico, quello della
"freddezza" del modello liberale della democrazia, candidando la cultura
"repubblicana" a funzionare da nuovo alimento della nostra vita politica.

Di che si tratta? Di una tradizione che ha i suoi pilastri disseminati
nella storia del pensiero politico dai classici, come Cicerone, a Machiavelli
(lamato Machiavelli al quale Viroli ha dedicato anche una bella biografia, "Il
sorriso di Niccolo"), Rousseau, per arrivare fino a Mazzini e poi al Partito
dAzione, senza dimenticare quella parte della eredita repubblicana che ha
avuto una presenza significativa nella politica italiana del dopoguerra con Ugo La Malfa e
il Partito che si chiamava, appunto, Repubblicano.
La cultura che Viroli candida a una egemonia terapeutica, soprattutto
sulla scena italiana, si ispira a un'idea della liberta ricca di contenuti civili. E
si tratta in estrema sintesi del concetto di "liberta" precedente al
liberalismo di questo secolo. In particolare Viroli non accetta di porre alla base
delledificio della democrazia una idea cosi "povera" come quella
descritta dalla formula coniata da Isaiah Berlin di "liberta negativa",
ovvero liberta degli individui da ogni genere di interferenze, e gli preferisce la
"liberta repubblicana", intesa come assenza di dominazione, di
asservimento.
Questa seconda idea si carica del valore, innanzi tutto, della
dignita, della virtu civile, del rifiuto di abbassarsi, di umiliarsi, di
inchinarsi al potere; una virtu che è degli individui nei confronti di ogni forma
di oppressione tirannica in atto e anche soltanto minacciata, ma è anche dei popoli nei
confronti della tirannia di altri popoli e di altri tiranni. La moralita della
liberta repubblicana si applica a unarea di estensione che va ben al di
la dei singoli individui (che sono invece i protagonisti assoluti della
"liberta liberale") e coinvolge necessariamente la dimensione della
comunita, della cittadinanza, dello Stato, ed ha la sua piena espressione ideologica
nel "patriottismo costituzionale", formula tratta dalla discussione tedesca e di
ispirazione habermasiana.
Lofferta repubblicana si presenta, nella visione di Viroli, come
capace di far fronte al deficit della democrazia liberale: la "societa
aperta" di matrice popperiana contiene tutte le garanzie necessarie a tenere lontana
la tirannia, ma difetta di una teoria della coesione sociale.
La "societa aperta" è quel genere di regime, quello
democratico liberale, che alla prova dei fatti si è dimostrato il piu praticamente
efficace, ma è vero anche che i suoi stessi sostenitori ne conoscono i punti deboli: essa
aborre ogni intervento che vada al di la del puro e semplice dispositivo
antitirannico, non vuole saperne di problematiche morali, funziona proprio perche
tiene a bada individui viziosi e non aspira a governare cittadini virtuosi.
Riuscira la proposta "repubblicana" di Viroli a
mostrarsi piu "virtuosa" delle sue cugine, la "liberale" e la
"democratica"? Sapra essere capace di assumerne sopra di se tutte le
qualita e di rinvigorire lorganismo "raffreddato" dei sistemi
democratici? Sara capita e accolta dai popoli cui Viroli la destina? E, se non ha
finora trionfato, venendo anzi accantonata, perche questo è accaduto?
Lonere di queste domande è sulle spalle dellautore. Se mai
vedremo fiorire, o rifiorire, una cultura repubblicana, nel senso auspicato da Viroli,
quello che ci viene proposto in questo libro è per ora solo la traccia di un progetto, un
auspicio, una intenzione. Un edificio solo pensato, la costruzione è tutta da fare.
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