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Papa Wojtyla, testimone della speranza

George Weigel con Paolo Marcesini

 

"Testimone della speranza" (appena uscito da Mondadori) è il titolo di una monumentale biografia dedicata a uno dei personaggi più stupefacenti di questo secolo, Giovanni Paolo II. Il suo autore, George Weigel, uno dei più autorevoli teologi cattolici americani, tra i responsabili dell’Etchis and Public Policy Center di Washington, è noto in Italia per aver pubblicato nel 1994 un fortunato saggio dal titolo: L’ultima rivoluzione. La Chiesa e il crollo del comunismo.

L’idea di una biografia "dal di dentro", non ufficializzata ma aiutata e incoraggiata dal Papa, nasce una sera di dicembre del 1995, complice una cena "davanti a un pollo arrosto e a una buona bottiglia di vino durante la quale il Santo Padre mi fece sapere che sarebbe stato contento se mi fossi assunto il compito di scrivere la storia della sua vita". Un lavoro lungo e meticoloso durante il quale Weigel ha incontrato per dieci volte Giovanni Paolo II che gli ha concesso il privilegio assoluto e sinora esclusivo di consultare (e in alcuni casi di pubblicare) gran parte del suo archivio personale e segreto.

Non mancano così molti particolari riservati e inediti che vanno dalla preparazione al viaggio a Cuba ("Un desiderio di antica data"), alle lettere autografe del Papa a Deng Xiaoping e quella a Leonid Breznev scritta quando l’Armata rossa era sul punto di invadere la Polonia, lettera in cui chiedeva di "fare il possibile" per il suo paese appellandosi al principio del non intervento negli affari interni di ciascuno degli stati firmatari dell’Atto finale di Helsinki.

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Weigel ci tolga subito una curiosità. Come si diventa amici si Karol Wojtila?

"Avevo scritto un saggio dedicato al ruolo fondamentale svolto dal Santo Padre nel contribuire al crollo del comunismo. Ci siamo visti per la prima volta quando venni in Italia per la presentazione del libro, lo incontrai dopo la Messa e gli offrii una copia del volume. Nei tre anni che sono seguiti ci siamo rivisti spesso con altri amici polacchi e americani. Parlare con lui è un’esperienza incredibile. Comunicai a Joaquin Navarro la mia volontà di scrivere una biografia del Papa e nel dicembre successivo, durante la famosa cena del pollo arrosto, il Santo Padre incoraggiò la mia proposta. Siamo amici, è vero, e questo a volte non aiuta il lavoro di un biografo, ma si mise subito in chiaro tra noi che questo sarebbe stato il mio racconto della sua storia. Non ci sarebbe stata nessuna approvazione ufficiale. E così è stato".

 

Questa biografia "dal di dentro" testimonia una particolare attenzione del Papa al mondo della comunicazione.

"E’ senz’altro vero. Lui ha sempre apprezzato e valorizzato il ruolo dei media, la loro capacità di modellare la cultura moderna. Li ha usati come strumento di evangelizzazione, il modo più veloce e autentico di portare la sua proposta al mondo. Non li teme ma li affronta, li capisce, ne interpreta i linguaggi. Sa bene che il Ventunesimo secolo sarà definito da forze nuove e diverse. Se prima la politica aveva formato le nazioni-stato, in futuro saranno sempre più importanti la conoscenza, la cultura, la globalizzazione, la transnazionalità, nuovi luoghi della convivenza all’interno dei quali i media e, più in generale, la comunicazione svolgeranno un ruolo fondamentale. E poi si diverte, soprattutto durante le conferenze stampa 'improvvisate' durante i viaggi in aereo. Ciò detto non bisogna sottovalutare il ruolo di Navarro che ha saputo trasformare il compito di 'portavoce del Papa' in un ruolo strategico, da diplomatico di grande spessore".

 

Il suo è anche un grande atto d’amore, un libro scritto da un cattolico. Quanto ha influito nella serenità di giudizio la sua fortissima appartenenza religiosa?

"Questo libro è stato scritto per tutti. Non è indirizzato esclusivamente ai cattolici. Detto questo sono fermamente convinto che chiunque scriva una biografia su Einstein, ad esempio, debba sapere che cos’è la fisica; così parlando del Papa non si può non entrare nel suo mondo, nella teologia, nella filosofia. La conoscenza non è mai un ostacolo. Il mio, come lei dice, è anche un atto d’amore a patto che si comprenda all’interno della virtù dell’amore anche quella della giustizia e della libertà. Se si stima molto una persona allora si deve dire tutta la verità sulla sua vita e giudicare seriamente l’impatto che quest’uomo, quello che pensa e quello che ha fatto, ha avuto sull’umanità".

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Qual è la verità di questo Papa?

"Di solito si pensa a lui come a una sorta di progressista nei confronti della società e un reazionario nei confronti della dottrina. In realtà è un radicale cristiano che ama andare sempre in profondità convinto che il rispetto dei 'fondamenti che non crollano' non faccia arretrare ma avanzare la causa della libertà. La sua vita è straordinaria, facendo forza sulla sua fermezza ha avuto un ruolo decisivo nella storia, ha voluto avere amici tra i laici, è stato prima di tutto un grande prete che ha saputo parlare con tutti, un uomo di fede la cui unica preoccupazione è quella di annunciare al mondo che la risposta alla domanda rappresentata da ogni vita umana è Gesù Cristo"

 

Dell’anticomunismo del Papa si è già detto tutto. Si parla poco invece della sua critica nei confronti delle forme più avanzate di capitalismo.

"La sua posizione è molto chiara. Ci sono delle forme della libera economia che servono allo sviluppo dell’uomo, altre che invece lo fanno arretrare aumentando le diseguaglianze. Ma non sta alla Chiesa elaborare teorie economiche, non è questo il suo compito. La Chiesa deve proporre valori morali che in teoria dovrebbero guidare trasversalmente lo sviluppo di sistemi sociali, politici ed economici. Il Papa ha detto più volte che il problema non sta nell’avere di più e nel voler migliorare le condizioni materiale della propria vita, il vero traguardo dell’uomo è quello di avere di più a patto di essere di più".

 

 

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