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Disavventure patrimoniali di uno scrittore non qualsiasi

Paolo Marcesini

 

Lo scrittore, il romanzo che ha scritto, il suo editore, l’altro editore e la giustizia. Strane presentazioni di libri quelle che perdono tempo a disquisire di diritti d’autore, sequestri editoriali e processi in corso. Eppure Tahar Ben Jelloun, a Roma per presentare la sua ultima (ed editorialmente controversa) fatica letteraria, L’albergo dei Poveri (Einaudi), è stato costretto a esordire così: "Tullio Pironti ha pubblicato una versione pirata del mio romanzo. Si tratta di una vera e propria falsificazione, spero che la giustizia faccia il suo dovere. Pironti è un ladro e un falsario che squalifica il lavoro dell’editore e lo trasforma in parassita".

Poi Jelloun mostra ai presenti due fotocopie di contratti diversi. "Guardate la mia firma e confrontatela con il contratto di Pironti che non ho mai firmato. Quella firma è falsa. E falsificare una firma è un reato grave". I giornalisti ricordano allo scrittore che però lui con Pironti aveva in progetto di fare un libro fotografico, cinquanta cartelle per raccontare Napoli così come lo scrittore magrebino l’aveva vista, qualcuno gli ricorda anche che Pironti sostiene di aver suggerito lui il titolo Albergo dei Poveri e di aver pagato vitto e alloggio a Ben Jelloum durante il suo soggiorno a Napoli e Amalfi ("Assomiglia a chi ti invita a pranzo per rubarti il portafoglio", commenta lo scrittore). Qualcun altro chiede persino come mai le date che delimitano il periodo e i luoghi della scrittura del romanzo, presenti nell’edizione francese, sono misteriosamentre assenti in quella italiana, e così via.

Si parla di cifre, dei 160 milioni di anticipo offerti dalla Einaudi che avrebbero convinto lo scrittore e dei 25 milioni più il 15 per cento di percentuale sulle vendite promesso invece da Pironti. C’è chi la butta in "politica" e dice che la Einaudi è una casa editrice potente mentre Pironti il potere non sa nemmeno cosa sia. Ernesto Franco, che della Einaudi è direttore editoriale, tenta di spiegare che non sempre piccolo è bello, che il bello è una categoria che appartiene a qualsiasi misura di grandezza. "Nell’edizione Einaudi è vero, manca una data e cercherò di capirne il motivo, ma nell’edizione Pironti manca il copyright, e non è proprio la stessa cosa".

E’ un peccato, dicevamo, che la discussione attorno ad un romanzo importante si sia trasformata nella cronaca di una disputa a colpi di carte bollate, perché "L’Albergo dei Poveri" è uno di romanzi più belli scritti da Ben Jelloun. Una storia difficile da raccontare, piena di invenzioni e personaggi sospesi tra realtà e fantasia, fra paesaggi fantastici e paesaggi reali, corpi materiali e immateriali.

Il protagonista è un professore dell’università di Marrakesh che sogna di fare lo scrittore per scrivere un’opera simile all’Ulisse di Joyce. Intanto ha un matrimonio mediocre e un lavoro che non lo soddisfa, e avverte il peso di vivere in un paese "limitato" come il Marocco. Accetta di buon grado quindi l’invito a trascorrere un periodo di tempo a Napoli dove è stato invitato dalla giunta Bassolino; deve scrivere di quella città, raccontarne la rinascita, è la sua occasione e non vuole sprecarla.

Qui viene travolto dalla bellezza decadente e fantastica dell’Albergo dei Poveri dove incontra l’altra protagonista della storia, la Vecchia, una strana figura di donna (la metafora della città stessa?) capace di accogliere chiunque, di ascoltare qualsiasi cosa. I personaggi arrivano a lei dal regno dei morti, sono visioni oniriche, fantasmi, ma al tempo stesso sono plausibili, raccontano vicende terrene, le più terrene di tutte: le loro storie d’amore. "Ho scelto di ambientare il mio romanzo a Napoli perché la considero la città più geneticamente predisposta alla scrittura letteraria, con tutte le contraddizioni che predispongono chi scrive alla fiction, che è il modo più semplice e immediato che l’uomo si è inventato per raccontare la realtà".

La Napoli di Ben Jelloun non è quella delle guide turstiche, ma una città fatta di interni, volti, storie, suggestioni: "Uno scrittore quando ama una città, la trasforma in immagini, visioni e metafore. La sua missione è quella di mediare continuamente tra testimonianza diretta e ricerca del surreale.. La prima volta che ho visto l’Albergo dei Poveri era notte, ovunque c’erano oggetti ammassati, polvere, disordine. Poi ho visto una donna anziana seduta in mezzo alle rovine. E ho pensato che sarebbe stato bello se a quella vecchia fossero arrivati dei fantasmi per regalarle qualcuno dei loro ricordi".

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