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Mantova, dove il libro fa il tutto esaurito

Paolo Marcesini

 

Quando lo scrittore parla di sé e del libro che ha scritto di fronte ai suoi (presunti) lettori, lo fa con due speranze: che ci siano molte persone ad ascoltarlo e che, soprattutto, siano disposte ad acquistare la sua ultima fatica letteraria. Di solito invece accade che di persone ce ne siano poche e che i tavoli con i libri pronti per essere autografati rimangano desolatamente pieni (se invece sul tavolo c'è un buffet, le cose cambiano...). Chi organizza gli incontri letterari, pur di non dispiacere lo scrittore invitato, costringe così parenti e amici ad essere presenti, e se nessuno compra un libro, ne prende lui almeno una decina (cosa non si fa per evitare brutte figure!).

Accade così dappertutto. Tranne che a Mantova dove, nei giorni del Festival Internazionale della Letteratura, giri per la città e incontri code interminabili di uomini e donne di ogni età che si affannano a conquistare gli ultimi posti disponibili nei teatri, nei cortili, nelle piazze. Sul palco (anche se si tratta di una scrivania o di uno sgabello) ci sono proprio loro, gli scrittori, italiani e stranieri, che parlano dei libri che hanno scritto, di quelli che scriveranno, della loro storia personale, della vita, del mondo.

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E tutti, in silenzio, ad ascoltare, a fare domande. In molti intervengono, chiedendo spiegazioni su alcuni passaggi del romanzo che non hanno capito (ma che hanno letto). E per giunta, cosa oltremodo insolita e per certi versi pazzesca, pagano un biglietto di ingresso, come al cinema. Andrebbe tutto bene se sul palco ci fosse Roberto Benigni o un'altra star che occasionalmente scrive libri. Oppure autori di sicuro effetto mediatico (che anche a Mantova non mancano) come Paulo Coelho, Vikram Chandra, Dacia Maraini, Ian McInereney, Alberto Arbasino e Umberto Galimberti.

Alzi la mano chi conosce Alain de Botton e il suo Come Proust può cambiarvi la vita, o le opere di Jeanette Winterson o Bjorn Larsson e le avventure del pirata Long John Silver: se vince la sincerità, le mani alzate saranno ben poche. A Mantova invece questi autori registrano il tutto esaurito. Ovunque, ad ogni ora, in ogni luogo. Le file si mescolano, manifestano identità diverse, denunciano scarti generazionali. Qui le file parlano della loro vita e di quella che hanno letto sui libri.

Decine di ragazzine assalgono Robert McLiam Wilson come una star (in fondo è un bel ragazzo), mentre una compassata borghesia è pronta ad applaudire Vincenzo Cerami, lo sceneggiatore de La vita è bella. Da Toni Morrison, Anne Fine e Nadine Gordimer trovi invece una moltitudine (erano veramente in tanti) in cerca di suggerimenti, conferme, verità da leggere ed ascoltare. C'è chi nei libri e nei loro autori cerca un senso, chi vuole solo divertirsi. Per tutti il festival di Mantova è un happening. Anche per chi vende torte sbrisolone e maglie della Benetton.

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Perché tanto successo? Forse che a Mantova ci sono i lettori più informati d'Italia, i più acculturati, le librerie più belle con incredibili sconti all'insegna del quattro per due? No, non è così. In questa città gli organizzatori (il Comune in prima fila) hanno semplicemente capito che la cultura è un bene prezioso, tanto prezioso che chi vuole usufruirne deve essere disposto persino a pagare.

 

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