Devianza giovanile: allarme giusto, rimedi
sbagliati
Francesco Roat
In Italia il fenomeno devianza minorile ha da alcuni anni raggiunto un livello di
guardia davvero preoccupante. E non solo in quanto sè via via riscontrato un
progressivo aumento dei reati. Ciò che più allarma, da un lato, è la frequenza
crescente di atti criminosi un tempo appannaggio esclusivo degli adulti, quali ad esempio
i delitti contro la persona, l'uso di armi o le estorsioni; dallaltro il calo
progressivo delletà in cui sinizia a delinquere: non sono rare, infatti, le
denunce nei confronti di bambini di soli otto o nove anni.
Appare dunque quanto mai urgente riflettere sulle svariate cause sociali, psicologiche,
culturali che, trasformando il disagio in delinquenza vera e propria, possono innescare
tali fenomeni devianti, e favorire invece a tutti i livelli (in famiglia, a scuola, nel
gruppo, nel quartiere) forme di prevenzione ed aiuto ai minori in difficoltà, onde
promuovere modalità relazionali non declinabili allinsegna dellaggressività
o, peggio, del crimine.
Riconsiderare i contesti a rischio di devianza e le possibili
motivazioni di essa non significa quindi mera teorizzazione sociologica, se è vero che,
come testimonia il magistrato Melita Cavallo in "Ragazzi di strada - Voci e
testimonianze dal carcere minorile", edito da Paravia, praticamente tutti i giovani
accusati di avere infranto la legge degli adulti hanno prima manifestato chiari segnali di
sofferenza e disagio senza peraltro avere ricevuto risposte adeguate. Non a caso
molteplici ricerche giuridiche condotte sulla popolazione carceraria minorile individuano
presso di essa tre ambiti puntualmente e tristemente ricorrenti, quali gravi disfunzioni
familiari, un marcato degrado abitativo-ambientale, labbandono scolastico precoce o
lassenza di scolarizzazione.

Ed è su questi fattori in potenza criminogeni che si focalizza
lanalisi dellautrice, la cui panoramica ci mostra quartieri ghetto abbandonati
a loro stessi da un tessuto urbano sempre più sfilacciato, che "non si sente più
comunità" e soprattutto non riesce più a provare solidarietà nei confronti del
diverso: sia esso ladolescente in crisi o limmigrato cui guardare con eguale
indifferenza genitori fallimentari che delegano leducazione dei propri figli
esclusivamente alla scuola, insegnanti legati ad un modello pedagogico tradizionale e
selettivo - condannato perciò a perdere (letteralmente per strada) stuoli di ragazzi
svantaggiati giovani extracomunitari allo sbando, la cui unica chance è la
manovalanza criminale.
Come suona amaro il dettato costituzionale quando recita invano: "E
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che,
limitando di fatto la libertà e leguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana" (art. 3). In ogni caso, stante la situazione
attuale, di fronte ai contesti a rischio di devianza, per tentare di ridurre il fenomeno
criminalità minorile ribatte con insistenza Melita Cavallo l'unica
strategia è la prevenzione, che in concreto si attua predisponendo sul territorio
"tutte le strutture ed i servizi idonei a sostenere ed aiutare il processo di
crescita del bambino e delladolescente sotto il profilo delleducazione,
dellistruzione, della salute psicofisica".
Daccordo, ma quando questutopia verrà attuata
compiutamente in "quartieri-senza" come Scampia a Napoli, Zen a Palermo, San
Paolo a Bari o Librino a Catania, dove si registra il triste primato dun tasso di
delinquenza giovanile elevatissimo?
Prevenzione, allora, dovrebbe comportare a monte un progetto di ben
più ampio respiro, che significa oculati interventi di politica della casa, del lavoro,
della scuola, dellassistenza sociale, qualora non si ritenga che lintervento
dello stato debba ridursi allambito punitivo. Invece oggi, sostiene lautrice,
da parte delluomo della strada assistiamo a una richiesta emotiva di inasprimento
delle pene anche nei confronti dei minori, come si evince dalla proposta di abbassare la
soglia di non imputabilità (14 anni), quasi non bastassero già per dei ragazzini
contenimenti coercitivi tipo riformatorio, libertà vigilata, soggiorno in comunità.
Incredibile ma vero: a un passo dal 2000 si invoca ancora la prigione come unico rimedio
per "rieducare" dei ragazzi che vera educazione non hanno mai avuto.
Dispiace solo una cosa a proposito di questo saggio così puntuale. Le
voci dal carcere minorile promesse dal sottotitolo in realtà si riducono a ben poco: una
ventina di pagine giusto in chiusa di volume. Mi limiterò così a riassumere una
testimonianza, quella di don Gino Rigoldi, da 26 anni cappellano nellIstituto Penale
Minorile Beccaria di Milano. Domanda: Il carcere può recuperare? Risposta:
No.
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