Caffe' Europa
Attualita'




Usa, quando il museo è a misura di visitatore

Consolato Paolo Latella

 

"Bisogna toccare il cuore dei visitatori" è il motto di Jill Finstein curatore del Getty Museum di Malibu, e forse così si può riassumere il senso del libro "Il museo d'arte americano. Dietro le quinte di un mito", edito da Electa. L'autrice, Cristina Acidini Luchinat, storica dell'arte e funzionario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, grazie ad uno stage durato quasi tre mesi e finanziato dalla Fondazione Eisenhower Exchange Fellowship, ha avuto l'opportunità di vedere dentro la grande macchina dei musei americani con un tour de force durante il quale ha visitato 32 musei e 28 istituzioni culturali.

Una discriminante fondamentale tra i musei italiani e quelli americani sta nei motivi della loro nascita. I nostri sono sorti per volontà di re, papi e signorotti vari, le cui collezioni private durante l'illuminismo nel '700 si sono trasformate spesso in gallerie annesse alle accademie d'arte con lo scopo di funzionare da palestra per i giovani artisti, quindi per un pubblico ristretto ed estremamente specializzato, divenendo solo in seguito, nella stragrande maggioranza dei casi, di proprietà pubblica. I musei americani nascono invece tra la fine del secolo scorso e l'inizio del XX per il volere di grandi magnati (Getty, Frick, Rockefeller, Stewart Gardner, tanto per ricordare qualche nome) e con il preciso intento filantropico - oltre alla possibilità di ottenere vantaggi fiscali - di creare delle istituzioni "aperte al pubblico", in una nazione nuova e senza tradizioni artistiche autoctone, salvo quelle degli indiani, e di farle gestire da fondazioni non-profit.

muse01.jpg (14924 byte)

Quindi i maggiori musei d'arte degli Stati Uniti hanno la tendenza ad essere organizzati in modo enciclopedico, cioè ad esporre opere provenienti da paesi e civiltà del mondo intero. In alcuni casi hanno dovuto soggiacere a particolari disposizioni dei donatori, come il veto posto da Isabella Stewart Gardner di non spostare nessun oggetto, pena la vendita immediata di tutta la collezione, tanto che a seguito di un furto avvenuto alcuni anni fa le cornici sono rimaste tristemente vuote al loro posto.

I musei italiani troppo di recente sono divenuti oggetto di un interesse più diffuso da parte del pubblico, principalmente turisti e più marginalmente cittadini, e questo notevole aumento del numero dei visitatori - negli ultimi cinque anni si è avuto un incremento totale di oltre il 25% e solo nel 1998, secondo le statistiche del Ministero per i Beni Culturali e le Attività Culturali, i visitatori sono stati 27.334.681 - non ha ancora portato ad un cambiamento dell'organizzazione interna delle istituzioni museali, facendo così emergere le stridenti differenze tra quello che si offre e quello che il pubblico desidererebbe, o meglio, quello che servirebbe per coinvolgere un pubblico più vasto.

Un'indagine effettuata in America assicura che il visitatore medio dispone degli strumenti culturali di uno studente delle medie inferiori e a tale riguardo un curatore di Detroit, Nancy Jones, ha chiesto ad Acidini Luchinat: "What do we want the visitors to learn? Art history?" (Che cosa vogliamo che imparino i visitatori? La storia dell'arte?). Qui s'inserisce il concetto di "missione" che è alla base dell'attività dei musei statunitensi e può essere spiegato così, secondo il programma annuale del Toledo Museum of Art 1994-95: "Noi crediamo nel potere che ha l'arte di accendere l'immaginazione, stimolare il pensiero, procurare godimento. Attraverso la nostra collezione e i nostri programmi, ci sforziamo di integrare l'arte con la vita della gente".

muse02.jpg (15088 byte)

L'attenzione alle esigenze del visitatore rasenta la mania. Ad esempio sulla tecnica di scrittura dei cartellini di descrizione delle opere, che in Europa sono spesso criptici e collocati in penombra, all'Institute of Art di Detroit circola un documento di tredici pagine, scritto da una apposita commissione interna composta da dodici persone. Allo stesso argomento è stata addiritura assegnata una tesi di laurea dal Metropolitan Museum di New York (MET). Il potenziale visitatore e soprattutto quello abituale, attraverso una curata e continuamente aggiornata mailing list viene costantemente informato di tutte le iniziative e le novità che il museo americano propone, con la "vecchia" e, visti i risultati, sempre valida lettera nella quale trova colorati e accattivanti inviti a partecipare alle attività che incessantemente vengono realizzate all'interno dei musei made in U.S.A.: basti ricordare che il MET di New York investe cinque milioni di dollari ogni anno per le attività di promozione.

I programmi vengono pensati non solo per i bambini o solo per gli adulti, ma anche per l'intera famiglia, o per i giovani manager, a cui viene offerto il venerdì sera champagne e visita al museo, o per i tassisti, periodicamente invitati a prendere un caffè. Anche le differenze razziali o religiose vengono attentamente vagliate: il Brooklyn Museum of Art di New York ha spostato alcune sue iniziative programmate di sabato per fare in modo che anche la forte comunità ebraico-ortodossa possa parteciparvi, e il Museum of Fine Arts di Boston, in occasione di una mostra sulla civiltà cinese, ha convocato i rappresentanti della comunità cinese per risolvere le problematiche relative alla lingua.

Anche i problemi di accesso per i disabili sono affrontati e risolti con la puntuale e completa applicazione del Disability Act, che comporta l'abbattimento delle barriere architettoniche, ed è posta particolare attenzione a chi ha difficoltà di percezione, come i non-vedenti o i non-udenti, ai quali sono dedicati appositi programmi di visita, col risultato che, ad esempio, il Los Angeles Country Museum of Art (MOCA) raggiunge 80.000 visitatori disabili ogni anno. Ma non finisce qui: associazioni di assistenti sociali mandano gruppi di "non-integrati", barboni, prostitute, tossicodipendenti, in visita all'Institute of Art di Detroit, dove viene applicato un metodo basato sul pensiero critico - critical thinking - che consente a questi visitatori di sviluppare le proprie facoltà critiche e migliorare l'articolazione dei propri processi mentali.

muse03.jpg (22300 byte)

Bisogna però sfatare una volta per tutte il mito dell'autosufficienza dei musei. Il Metropolitan Museum di New York, preso sempre come prototipo, nel bilancio 1996-97 ha avuto entrate per 117.000.000 di dollari di cui solo il 19.4% provenienti da biglietti e servizi (bookshop, ristorante, ecc.), mentre il resto proviene dalla città di New York e da donazioni, sotto varie forme, di facoltosi privati cittadini e società, che da noi invece latitano, preferendo sponsorizzare effimere attività culturali che hanno però un immediato ritorno d'immagine. Per questo la bravura di un direttore americano non sta solo nel conoscere e gestire bene il proprio museo, ma anche nel saper creare una rete di rapporti "mondani" che gli permettano di raccogliere il maggior numero di fondi privati, appunto la principale risorsa economica.

Il dinamismo è un'altra caratteristica americana, anche se non sempre positiva: se nella maggior parte dei casi riguarda l'ampliamento delle collezioni con il conseguente allargamento dell'area espositiva o l'ammodernamento delle esposizioni, in altri casi può portare a restrizioni del numero del personale se non addirittura alla vendita di parte delle collezioni. Inoltre non sempre le novità risultano positive, poiché spesso sono dettate dal desiderio di adeguarsi ad esigenze commerciali ed economiche più che a reali necessità di migliorie.

Come si può capire il sistema dei musei americani è una realtà con molte luci ma anche alcune ombre, e profonde sono le diversità strutturali e storiche con le nostre istituzioni. Tuttavia il diverso approccio statunitense, e soprattutto la sua costante attenzione al visitatore, potrebbe rappresentare una nuova frontiera per il nostro inestimabile patrimonio culturale.

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio libri
 


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999
Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo