La morte di Marisa Rusconi
Antonella Fiori sull'ultimo libro
Giornalista e scrittrice, Marisa Rusconi è morta a Milano nella notte
fra lunedì 5 e martedì 6 luglio. Aveva sessantacinque anni. Aveva iniziato a lavorare al
Giorno e nel 1975 è approdata all'Espresso, dove si è occupata di giornalismo culturale,
firmando una rubrica dal titolo "I segreti degli editori". Rusconi ha scritto
diversi libri, fra i quali Professione donna, Amore plurale maschile e Amati, amanti.
Antonella Fiori la ricorda parlando del suo ultimo romanzo.

Lamore diviso di Marisa Rusconi
Rizzoli, p.280, lire 29.000
In ogni romanzo dove si racconti la storia di una conquista interiore,
arriva, a un certo punto il momento in cui i fili spezzati, i discorsi interrotti, non
compiuti, si ricongiungono. La narrazione prende una forza maggiore, si avverte una
pienezza che dà compattezza a ogni singola parola. Non è più possibile, in quegli
istanti, non avvertire la presenza quasi fisica dello scrittore, sentire il salto che è
avvenuto nella sua coscienza. Assai raramente ci troviamo di fronte a un autore che riesce
in una simile impresa: che abbia un tale coraggio e una tale bravura da metterci a parte
di sé senza forzature, facendo diventare la sua esperienza un percorso nel quale possiamo
proiettare noi stessi e riconoscerci.
Leggendo lultimo libro di Marisa Rusconi, Lamore diviso,
accade proprio questo. La scrittura trova, come nel libro di Marie Cardinal, le parole
per dirlo, la persona divisa si ricongiunge, dopo aver compiuto tutti i passaggi
necessari a questa conquista, faticosa, tortuosa, con mille cadute e mille tranelli tesi
dalla mente e dal ragionamento. Il romanzo è la storia di Martina, che vive le prime
esperienze infantili in un collegio di suore e più tardi si affaccia alla vita portandosi
dietro quel bagaglio di rigidità, di astrazioni e di frustrazioni che fanno sì che la
sua esistenza si sussegua come una serie di azioni mancate e di atti incompiuti,
"stelle cadenti di stupefacente luminescenza che attraversano il suo cielo, brillano
pochi istanti e si spengono prima che lei abbia il tempo di afferrarle".
Riappropriarsi della vita negata significa passare attraverso una serie
di esperienze, dallentrata nei movimenti giovanili degli anni Sessanta e Settanta,
alla gioia e al terrore della scoperta del corpo e della sessualità con molte ricadute
nel freddo della "prigione" data dalleducazione subita da Martina-Marisa
negli anni Cinquanta. Non è un caso che questo romanzo mistico, di discesa e di risalita
dalle tenebre, si apra con la straordinaria poesia di una poetessa come Emily Dickinson.
"Quando le luci si spengono poco per volta ci si abitua al buio come quando il
vicino, sollevando alto il lume, sigilla il suo addio -...ed è così nelle oscurità più
fonde- in quelle notti lunghe della mente quando non cè luna che disveli un suo
segno - quando non cè stella che dentro - si accenda- i più coraggiosi -
per un poco brancolano e battono - a volte - dritti di fronte - contro il tronco di
un albero - ma poi imparano a vedere E' allora che la Notte si trasforma
oppure un qualcosa nella vista che alla Mezzanotte si conforma e la vita procede
quasi senza incertezza".
Il romanzo è costruito in terza persona e alternato a molte
riflessioni dellautrice che mai si sovrappongono alla gioia di scoprire con la
narrazione sempre nuovi modelli interiori. Solo alla fine Martina riunirà Lamore
diviso ritrovando, assieme allaffetto per se stessa, "il fluido caldo"
della vita. Cè qualche cosa di perfettamente compiuto in questopera di Marisa
Rusconi, giornalista dellEspresso, saggista, scrittrice, fondatrice di una rivista
come "Tuttestorie", amica generosa e dolce, scomparsa il 5 luglio scorso dopo
una brevissima malattia. Un anno fa raccontava la storia che avrebbe voluto concludere,
aggiungendo "forse non è ancora tempo, che ne dici?". Quindici giorni fa
diceva: "Sono contenta di averlo finito, è la cosa più importante che ho
fatto". In poco tempo aveva intuito i pericoli, la trappola del rimandare, capito
che bisogna andare incontro alle cose come Martina, che alla fine cammina a bocca
aperta, le narici dilatate in modo esagerato. Sentiva che la vita le veniva incontro
piena. E stato facile, parlarle allora, come tante altre volte, e ritrovare il
contatto fra universi diversi, uniti da uno stesso "sentire": cercare la vita
prima brancolanti e poi acchiappando il fluido buono, "senza incertezza".
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