Libri/Ogni società ha le droghe che si
merita
Francesco Roat
Qual è stata linfluenza del consumo dei cosiddetti generi
voluttuari sulle società occidentali in epoca moderna? Prodotti come caffè e cioccolato
furono scoperte coloniali allinsegna della casualità o piuttosto soddisfarono
precisi bisogni, furono espressioni delle classi sociali dominanti nei secoli XVII e
XVIII? Ancora: perché certi stupefacenti come oppio e hashish, che un tempo circolavano
liberamente in Europa, solo nellOttocento vennero bollati come droghe perniciose, da
proibire?
A queste e a molte altre domande su tali generi di consumo (non a caso
la loro funzione specifica storicamente sincentra sul binomio voluttà-lavoro, come
meglio precisa il termine inglese stimulants che li denota alludendo alla loro
ambivalente proprietà dessere sostanze stimolanti non solo nellambito del
piacere ma pure dellattività lavorativa) cerca di rispondere lo storico tedesco
Wolfgang Schivelbusch in un saggio, Storia dei generi voluttuari, la cui tesi si potrebbe
riassumere nel convincimento che ogni società ha "le sostanze inebrianti che si
merita, di cui ha bisogno e che è in grado di sopportare".
Ma veniamo allo specifico, partendo dalla droga più popolare:
il caffè, che insieme alla cioccolata in tazza, al tè ed al tabacco si impone nel
vecchio continente verso la metà del Seicento, anche se non certo a livello di massa,
essendo i suoi degustatori appartenenti allaristocrazia o alla borghesia. Con una
precisa differenza: ciò che importa a nobili e cortigiani non sta nel caffè come
bevanda, ma nel cerimoniale fatto di servizi in porcellana e bon ton ,
nella forma più che nel contenuto, insomma, a differenza di quanto accade fra i borghesi,
i quali del caffè apprezzano le proprietà stimolanti, soprattutto quella di mantenere
artificialmente svegli, con tutto quel che ciò può comportare in termini di
produttività ed ampliamento del tempo disponibile per il lavoro.

Ma non solo. Il caffè (questa volta inteso come locale in cui esso
viene servito) fra il Sei ed il Settecento diviene luogo delezione per incontri
daffari, ambito in cui si dibatte di politica, arte e letteratura. Il caffè (inteso
come bevanda) è dunque pubblico per eccellenza, e solo in seguito penetra nel privato,
divenendo bevanda domestica. La sua maggior diffusione resta però a lungo circoscritta
allEuropa nordoccidentale, cioè a quei Paesi dove la borghesia capitalistica è in
rapida ascesa; più a Sud (soprattutto in Italia e Spagna) si preferisce invece la dolce
cioccolata, bevanda "cattolica", simbolo dellAncien Régime, la cui
degustazione al mattino prelude allozio, non già ad una giornata di attività, come
lamaro e "protestante" caffè.
Stupirà qualcuno scoprire che nei secoli XVII e XVIII il tabacco era
apprezzato anche dai medici causa le sue proprietà calmanti e la capacità di favorire la
concentrazione. Anche per il tabacco resta nondimeno una difformità dassunzione: se
la borghesia preferisce fumarlo, ritenendo che il consumo di nicotina favorisca il lavoro
intellettuale, i nobili prediligono fiutarlo, con tutto il contorno ritualistico di
preziose tabacchiere e galanterie rococò.
Ma forse stupirà maggiormente apprendere come lacquavite, pur
nota fin dal Medioevo, divenga bevanda quotidiana solo a partire dal Seicento e si
diffonda a livello di massa solo dopo la rivoluzione industriale, costituendo
nellambito del bere "quello che il telaio rappresenta per la tessitura".
Lacquavite consentiva infatti in tempi molto più brevi rispetto a birra o vino di
far giungere allebbrezza gli operai, sui quali aveva un effetto davvero deleterio,
sebbene losteria divenendo punto dincontro dei lavoratori e favorendone
la solidarietà costituisse per essi ciò che per i borghesi era il Caffè.
Veniamo infine alle droghe, la cui messa al bando, si diceva, è
fenomeno abbastanza recente. Si pensi che allinizio del XIX secolo loppio
veniva considerato un analgesico e un calmante, diffuso ovunque in Europa come oggi
lAspirina. Ma saranno proprio le lodi delloppio e dellhashish, esaltati
da quei letterati anticonformisti che come Baudelaire ne facevano uso, a spingere la
società borghese allinterdetto nei confronti di tali e altre analoghe droghe. Sarà
infatti grazie alla valenza asociale ed oziosa attribuita dai poeti a tali sostanze che
esse "incominciano a perdere il loro carattere di farmaci domestici di uso quotidiano
per apparire improvvisamente come stupefacenti pericolosi, minaccianti, cioè,
lindividuo borghese".
E forse, sostiene ancora Schivelbusch, come nel Seicento la
riprovazione da parte conservatrice nei confronti di fumo e caffè rappresentava il colpo
di coda di una mentalità premoderna, così oggi la messa al bando nei confronti di
hashish e marijuana può essere letta quale tentativo da parte della "razionalità e
dellautodisciplina borghesi di arginare, attraverso il divieto, le urgenze
perturbanti di nuove voluttà.
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