Libri/L'uomo triste che comprò una donna
bellissima
Un'intervista a Andrea Carraro
Lui ha quasi quarantanni ma non se ne rende conto. Vive a
Roma e abita ancora con la madre (che pensa di odiare), ha un buon lavoro, ogni sabato
mattina va a correre in un parco. Non ha una donna, una compagna, una fidanzata perché
quelle che gli sono capitate non lo hanno soddisfatto. La madre lo sogna sposato con una
ragazza di Comunione e Liberazione. Lui sta male, si rende conto di essere
"incompiuto", sogna una realizzazione e sa di doverla cercare lontano dal suo
vivere quotidiano. Sa di dover crescere. Ma i suoi amici, quelli sposati non sono più
felici di lui; alienati, frustrati, inutilmente noiosi o violenti. Disillusi, non hanno
più nulla da chiedere, con gli occhi spenti lo guardano e gli dicono: capisci? Lui
capisce e pensa: non può accontentarsi, vuole di più.
Lo conosciamo in una strana agenzia simile a un elegante studio
dentistico mentre sfoglia un catalogo. Punta il dito sullimmagine di una ragazza,
bionda, giovane, sorridente, bellissima. Ha deciso di comprarsi una donna, la comprerà in
un paese dell'est, lei arriverà a Roma, la farà vedere agli amici (e per questo deve
essere stupenda, una delle più belle ragazze che si siano mai viste in giro) poi,
finalmente, potrà farne ciò che vuole. In fondo i soldi non gli mancano, lha
pagata, lei è venuta, e la felicità forse si può comprare.
Inizia così lultimo romanzo di Andrea Carraro, lennesimo
ritratto a tinte fosche di un paese, il nostro, dove il cinismo e lindifferenza
sembrano dominare lagire degli uomini. Sono tutti dei "mostri" i
personaggi di Carraro, ma, al contrario del film con Tognazzi e Gassman, qui non fanno
ridere, mettono angoscia. "Mi rendo conto che limmagine dellItalia che
viene fuori dai libri che scrivo non è una di quelle belle da guardare; dà fastidio, non
è tranquillizzante, non fa piacere", ci dice Carraro. La sua non è una critica a
priori, viene dal vissuto, dal troppo visto, dal troppo sentito."Purtroppo
serpeggiano ovunque sentimenti che non vorremmo mai vedere (e che fatichiamo persino ad
ammettere) come il razzismo, il cinismo di massa, una concezione primitiva del femminile
che continua ad esistere malgrado lazione del femminismo, una concezione arcaica che
definisce ancora la donna come un oggetto di seduzione, un terreno di conquista dove tutto
è lecito. Il nostro è un paese in cui i valori etici e morali sono stati stravolti, dove
i sentimenti, anche quelli più semplici e genuini, tendono a sparire". Non è che
tutti gli italiani siano così, naturalmente, ma nella scrittura di Carraro alcuni aspetti
della realtà vengono radicalizzati, diventano simboli.
"Nel mio ultimo libro, un uomo qualunque, molto simile a me, pensa
di riscattare tutte le sue frustrazioni comprando una donna e pensando di poterne disporre
a suo piacimento. Non sono in molti quelli che lo fanno ma sono moltissimi quelli che in
fondo, desidererebbero farlo. Ed è già mostruoso". Nel "Branco", storia
di uno stupro collettivo, il suo penultimo romanzo da cui Marco Risi ha tratto
lomonimo film, il conformismo spinge il protagonista ad omologarsi agli altri, e
questo desiderio di omologazione viene spinto sino alle estreme conseguenze. Diventerà
più cattivo degli altri e dovrà farlo per essere come gli altri.
E lomologazione, per Carraro, è il tratto distintivo delle nuove
generazioni: "E vero che i giovani ereditano un passato poco glorioso, ma per
peggiorare ulteriormente la situazione, ci mettono del loro. Molti ragazzi di oggi sono
portatori di disvalori, omologati verso il basso, conformisti nel gusto, derivati poco
originali della società di massa. E una generazione che ha sulle spalle molti più
rischi che in passato, colpita dalla flessibilità, dalla precarietà, dalla perdita di
sicurezze sociali. Eppure, è una generazione immobile, molto protetta, ovattata, abituata
a vivere nella bambagia, a trascorrere quasi tutta lesistenza al riparo della
famiglia e delle pensioni dei genitori. Sono inutili per sé, non servono alla società,
alimentano a dismisura il cinismo, la cattiveria, la frustrazione". Massimalista
Carraro, forse esagerato. Gli chiediamo perché: "Ritengo fondamentale la questione
morale. Non a caso, come scrittore, sono attratto dal bene e dal male più che dal brutto
e dal bello. Credo di essere uno dei pochi che lo fa, la considero una forma di rottura,
anche estetica. E la definizione della mia poetica". Dovendo scegliere tra il
male e il bene Carraro sceglie il male : "E nel male che si manifestano le
ambiguità dellagire umano, ambiguità che sono il nutrimento della rappresentazione
artistica. Poi, più visceralmente, ho limpressione che la nostra società,
parallelamente alla sua massificazione, si stia sempre più imbarbarendo e sento la
necessistà morale di mettere inevidenza questo cambiamento". Un uomo contro una
donna, un gruppo di ragazzi violenta una ragazza, un vecchio viene picchiato. Di chi è la
colpa di questa involuzione? "La televisione svolge un ruolo determinante. I suoi
miti ci spingono verso il basso, i soldi, il sesso, il successo sociale. Si vuole tutto e
subito, chi non ce la fa diventa feroce".
Carraro quando scrive si mette sempre dalla parte del torto. Si
identifica nei suoi personaggi peggiori, nel mostro, nel carnefice : "E il mio
sacrificio, il dovere della mia letteratura e, credetemi, non è facile immedesimarsi in
personaggi come questi. Scrivo, e lo faccio raccontando un altro me stesso, un alter ego
diverso da me, ma molto simile a chi mi circonda".
Scrivere, lo si capisce, per lui è una cosa seria, serissima:
"Devo illuedermi che quello che scrivo sia utile, devo illudermi di servire a
qualcosa. Se perdessi lillusione, smetterei di scrivere. Non ho nulla contro la
letteratura edonistica, ma non è nei miei cromosomi". Nei suoi cromosomi cè
invece tanta letteratura americana, Hemingway prima di tutto, e poca letteratura italiana
: "Anche dal punto di vista letterario il nostro è un paese arretrato, dove non si
è mai sviluppata una vera tradizione del romanzo. Abbiamo preferito il teatro e la
commedia dellarte e se scriviamo romanzi, lo facciamo in modo formalistico, facciamo
fatica a raccontare delle vere storie, la realtà che ci circonda". Tutti i suoi
libri sono ambientati a Roma , non lascia mai i suoi quartieri, le periferie della
capitale : "Di questa città mi affascinano soprattutto quelli che lantropologo
Marc Augé nei suoi libri definisce non-luoghi". E i non-luoghi, dove tutto è uguale
a qualsiasi altro posto del mondo, si possono trovare ovunque. Viaggiare non serve, basta
guardare dalla finestra.
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