Come eroe è davvero insolito: la sua fortuna è sempre seguita da
perdite disastrose, e la lista dei suoi amori annovera persino la matrigna e la figlia
adottiva. Ma il principe Genji, il principe "luminoso" per intelligenza, cultura
e bellezza fisica, è una figura centrale della cultura giapponese. Un personaggio
divenuto la più grande fonte d'ispirazione della letteratura e del teatro del Sol
Levante. E il protagonista di una storia che i più patriottici indicano come la prima
novella del mondo: "Storia di Genji", appunto. Un'opera in oltre cinquanta
volumi, scritta nell'anno 1001, e nata dalla fantasia di Shikibu Murasaki, una giovane
dama di compagnia alla corte dell'imperatore Ichijo. Non una donna qualunque, certo.
Appartenente alla famiglia dei principi reggenti Fujiwara. E animatrice di uno di quei
circoli letterari femminili, presso le corti imperiali, che produssero i grandi classici
in prosa della letteratura nipponica.

La storia di Genji torna oggi ad essere un bestseller. Grazie a
un'altra donna, improvvisamente balzata agli onori delle cronache giornalistiche, e per
gli spettatori giapponesi divenuta, in brevissimo tempo, una star televisiva: Jakucho
Setouchi. Una monaca buddista, con un'età di tutto rispetto: settantasette anni. Ma la
longevità, unita a una percezione dell'esistenza che si fa tanto più lucida quanto più
si va avanti negli anni, in Oriente, si sa, non stupisce nessuno. Il merito di questa
arzilla vecchietta, che ha vissuto gran parte della sua vita all'interno del tempio di
Kyoto, è quello di aver reso moderno un testo vecchio mille anni: un'opera ormai
assolutamente incomprensibile per i lettori moderni, scritta agli albori dell'ortografia
cosiddetta "kana", ideata per la rappresentazione fonetica della lingua
giapponese. "Mentre gli Inglesi possono ancora divertirti con i "Racconti di
Canterbury", e i lettori di molti Paesi apprezzare i propri testi letterari di
qualche secolo prima, la maggior parte dei Giapponesi non comprende un testo scritto cento
anni fa", spiega la monaca-traduttrice. "I giovani, addirittura, hanno
difficoltà a comprendere persino qualcosa che è stato scritto appena cinquant'anni
fa".

Il problema è reale. La lingua giapponese si evolve a velocità
vorticosa. E i testi letterari diventano oscuri in breve tempo, specie se scritti in
linguaggio troppo aulico. Fortissime sono, infatti, le differenze tra lingua parlata e
lingua scritta. Tali da rendere presto superati tutti gli sforzi interpretativi di critici
e filologi.
La "Storia di Genji" è stata un banco di prova per
moltissimi scrittori giapponesi. Tra le versioni moderne più note, sulle quali si sono
basate le trasposizioni teatrali più conosciute, quelle della poetessa Akiko Yosano e
dello scrittore Junuchiro Tanizaki. Virtuosi di stile. E dunque già illeggibili.
"Volevo scrivere un'opera comprensibile da più generazioni, che piacesse ai bambini
e che avesse molte cose da dire anche ai vecchi", dichiara Jakucho Setouchi. Un
obiettivo chiaro che l'ha guidata nell'accurato lavoro di selezione e traduzione
dell'antico testo.

Risultato? Il libro è andato esaurito nel giro di poche settimane.
L'anziana monaca è divenuta una star televisiva. E il monastero di Kyoto è
quotidianamente preso d'assalto da gruppi di fan. Positivo anche il riscontro della
critica letteraria ufficiale. Che non ha avuto nulla da ridire neppure sui tagli impietosi
operati dalla monaca: dieci i volumi di traduzione, a fronte dei 54 originali.
Il successo l'ha colta di sorpresa. Ma le premesse, perché il libro
piacesse, c'erano tutte: "Se un uomo e una donna oggi sono innamorati, non c'è
alcuna differenza con mille anni fa. Si soffre e si è felici allo stesso modo. E si
meditano vendette d'amore proprio come è sempre accaduto". Eccolo il segreto di Ms.
Setouchi, la chiave, volutamente dissacrante , per far incontrare radici e sensibilità
moderna: capovolgere la prospettiva. Evidenziare, nel corso della narrazione, la voce
delle donne, piuttosto che quella del protagonista: spose, figlie, madri, sedotte e
abbandonate da Genji, mentre tessono la trama che porterà il principe spavaldo alla fine.
Altro che eroe.