Caffe' Europa
Attualita'



Capitolo1/La politica in rete

Sara Bentivegna

 

Il libro di Sara Bentivegna e' edito da Meltemi Editore che gentilmente ci ha concesso il permesso di ripubblicarne qui l'introduzione e il primo capitolo.

 

Introduzione

Le innovazioni introdotte nella produzione e nel consumo dei flussi comunicativi in conseguenza delle nuove tecnologie hanno sollevato dubbi, perplessità o sinceri entusiasmi circa le possibili ricadute sui meccanismi democratici delle attuali società moderne. L’opportunità di stabilire rapporti diretti, privi di qualsiasi forma di mediazione ad opera di altri soggetti, tra governanti e governati ha dato vita alla creazione di due opposte scuole di pensiero che hanno riprodotto la classica contrapposizione tra apocalittici e integrati: i primi, preoccupati di possibili derive plebiscitarie e di una irreversibile trasformazione della democrazia rappresentativa in democrazia diretta; i secondi, sostenitori della possibilità di rivitalizzare i rapporti tra società politica e cittadini, colmando la distanza che si è venuta a creare negli ultimi decenni. In entrambi i casi, tuttavia, l’attenzione è stata diretta su cosa "potrebbe avvenire" e non su cosa "sta avvenendo". Questa sorta di distorsione prospettica ha impedito, talvolta, di vedere la reale applicazione delle nuove tecnologie nonché il concreto contributo eventualmente offerto alla dimensione politica.

Per tentare di colmare tale vuoto, nelle pagine che seguono si analizza l’uso della rete che è stato effettivamente realizzato nell’ambito della vita politica: dalla presenza che hanno attivato i partiti politici al ruolo giocato in campagna elettorale, dalla possibilità di configurare la creazione di un nuovo spazio pubblico di discussione all’opportunità di condurre battaglie politiche o di costruire comunità virtuali. In conseguenza dell’adozione di tale focus d’attenzione, minore spazio è stato dato alla complessa articolazione di tutto ciò che viene comunemente ricompreso con la label "tecnologie della comunicazione", traducendosi in un uso intercambiabile di termini come Computer Mediated Communication, rete, Web, Internet, Cyberspace, realtà virtuale. Pur nella consapevolezza delle profonde diversità esistenti, esse sono state sacrificate a vantaggio della ricostruzione della dimensione politica nei suoi aspetti principali. Una ricostruzione che, nel suo complesso, fuga le paure degli apocalittici e mette in discussione le speranze degli integrati. La politica nel mondo virtuale, infatti, rispecchia molto da vicino la politica che si colloca nel mondo reale, disilludendo tutti coloro che ritenevano che il modello netcast potesse modificare fin nel profondo il modello verticistico, o broadcast, proprio delle istituzioni politiche. Perché possa modificarsi tale modello non è sufficiente disporre di nuove e ulteriori risorse comunicative ma è, invece, necessario intervenire sul tessuto sociale di un paese per annullare quella dimensione di separatezza che tuttora caratterizza il rapporto tra cittadini e soggetti politici.

La preparazione di questo volume è stata resa possibile da un semestre di studio e ricerca trascorso presso "The Joan Shorenstein Center on the Press, Politics and Public Policy", Kennedy School of Government, Harvard University. Durante tale periodo, il confronto con Marvin Kalb, Tom Patterson, Pippa Norris e Kathleen Kendall ha contribuito a chiarire molte delle questioni affrontate nelle pagine seguenti. A loro il mio ringraziamento.

 

Capitolo primo

Democrazia e cyberspace

La rete tra dominio e democrazia

L’avvento delle nuove tecnologie della comunicazione in tutte le moderne società occidentali ha sollecitato studiosi provenienti da diversi ambiti disciplinari – politologi, massmediologi e giuristi – ad interrogarsi sull’impatto che esse avranno, o stanno già avendo, sul processo democratico. Nel panorama complessivo delle posizioni assunte rispetto all’affermazione della cosiddetta Computer Mediated Communication, è possibile individuare due filoni contrapposti che hanno enfatizzato, da un lato, le innovazioni positive introdotte ritenute in grado di "sfidare il monopolio della gerarchia politica" (Rheingold, 1993, p. 14), dall’altro, i rischi connessi all’esercizio di un dominio e di una manipolazione dei cittadini. Il consolidamento e lo sviluppo del cyberspace negli ultimi anni hanno, nei fatti, smentito entrambe le posizioni pur lasciando aperte molte delle questioni sollevate.

Sul versante di una lettura positiva dell’affermazione della rete, si continua a sostenere che le nuove tecnologie consentono la promozione della partecipazione dei cittadini alla discussione e/o alla eventuale assunzione di prese di posizione in merito ad argomenti di rilevanza pubblica. Il contributo riconosciuto alle nuove tecnologie di ridurre la distanza tra soggetti politici e cittadini assume particolare importanza alla luce della progressiva disaffezione verso la politica registrata in tutti i sistemi democratici negli ultimi decenni, sottolineata con allarme dagli stessi soggetti politici preoccupati di perdere legittimità nell’esercizio del potere. L’inversione di rotta resa teoricamente possibile dall’affermazione di un modello comunicativo innovativo che vede il cittadino assumere il doppio ruolo di destinatario – della comunicazione prodotta dal soggetto politico – ed emittente – della comunicazione diretta al soggetto politico – ha contribuito non poco a far affermare una lettura declinata in termini positivi riguardo ad una possibile rivitalizzazione della politica. Nella piazza virtuale resa accessibile dalla rete, il soggetto politico e il cittadino hanno opportunità di incontro e confronto che mai prima d’ora erano state possibili.

Sempre sullo stesso versante, va collocato l’incredibile ampliamento dell’offerta informativa resa accessibile ai cittadini. Navigando in Internet, non solo è possibile leggere tutti i quotidiani, settimanali e periodici che si vuole (pubblicati nel paese dove si vive o altrove), è altresì possibile leggere il testo integrale di un intervento pronunciato da un determinato soggetto in una specifica occasione, è possibile vederne le immagini e, talvolta, ascoltare la voce in diretta, è possibile avere a casa propria l’edizione integrale del Rapporto Starr relativo allo scandalo sessuale che ha coinvolto il Presidente Clinton, è possibile consultare gli ultimi provvedimenti legislativi assunti, è possibile ottenere informazioni sulla quasi totalità delle istituzioni pubbliche, e così via. Tale ampliamento, non solo si configura di per sé come un valore altamente democratico allorché consente il controllo dell’esercizio del potere e dell’attività di governo da parte dei soggetti governati, ma esibisce un valore aggiunto relativamente alla moltiplicazione delle opportunità di presa di parola da parte di chi vuole comunicare con altri soggetti, così come sostiene de Sola Pool (1983) quando parla di tecnologie della libertà. Non solo incremento delle informazioni quindi ma, anche, incremento delle opportunità di presa di parola per soggetti che non sempre hanno la possibilità di trovare spazio nei media tradizionali.

Infine, viene ad essere sottolineata l’opportunità di dar vita a nuove forme di comunità, sia pure virtuali, all’interno delle quali ricreare una sfera pubblica dove i cittadini danno vita a discussioni e confronti su argomenti di rilevanza pubblica.

Sul versante della lettura negativa, si colloca la segnalazione del rischio della creazione di una forma di dominio tecnologico sugli individui capace di controllare e manipolare opinioni, decisioni e comportamenti come mai prima era stato possibile. Nella stessa direzione, viene segnalato il rischio di una trasformazione progressiva della democrazia rappresentativa prima in diretta e poi in continua. Di una democrazia, cioè, costruita sulla consultazione dei cittadini costante nel tempo e virtualmente aperta a qualsiasi argomento su cui si voglia conoscere l’opinione dei soggetti. In breve, si tratta di una democrazia che può chiamare anche quotidianamente i cittadini ad esprimersi su questioni poste al centro del dibattito pubblico, così come in forma approssimativa e poco elaborata avviene tramite il ricorso ai sondaggi di opinione in taluni contesti. Con grande lucidità e pessimismo, Rodotà (1997) si chiede: "innervata com’è di tecnologia, riuscirà la democrazia a sottrarsi ad uno dei possibili esiti dell’innovazione tecnologica, quel rafforzare le tendenze in atto che oggi corrisponde piuttosto ad una deriva verso suggestioni populiste e plebiscitarie? Si riuscirà, invece, a dirigerla verso i sentieri di una ‘strong democracy’, di una democrazia dove la ‘forza’ sia quella dei cittadini attivi, messi in grado di partecipare effettivamente ai processi di decisione?" (p. 5).

Le riflessioni sul potenziale democratico della rete e sui rischi connessi alla sua diffusione fin qui brevemente illustrate rimandano, come nota ancora Rodotà, ad una "immagine di una tecnologia bifronte, come l’antico dio Giano. Di fronte a noi stanno ‘tecnologie della libertà’ o ‘tecnologie del controllo’?" (ibidem, p. 27). Mediante l’applicazione delle nuove tecnologie, si sta lavorando ad un futuro costruito da tutti i cittadini e quindi alla costruzione di una politica avvertita come più ‘nostra’ o si stanno gettando le basi per una sorta di daydreaming di orwelliana memoria?

Come si è già detto, l’affermazione della rete ha, finora, smentito entrambe le letture e si è tradotta in un ulteriore spazio comunicativo dove si sono riproposte modalità e dinamiche proprie del contesto sociale all’interno del quale si è sviluppata, tanto da far sostenere che nella rete si ritrova "una struttura organizzata della vita politica presente nel mondo reale" (Resnick, 1998, p. 49). In altri termini, si sostiene che vi sia stato un processo di "normalizzazione" del cyberspace tale da riprodurre assetti precedenti rintracciabili nella realtà. La rete, quindi, si è dimostrata essere né uno strumento che agevola la democrazia, né uno strumento che la ostacola fino ad annullarla. Essa può contribuire allo sviluppo democratico di un paese così come può contribuire all’affermazione di forme di dominio interagendo con altri fattori di mutamento – siano essi di segno positivo o negativo – provenienti dall’ambito sociale, economico e culturale. L’abbandono di un approccio che attribuisce alla rete poteri che essa non ha comporta l’innegabile vantaggio di poterle riconoscere le importanti potenzialità intrinseche, senza mettere più in atto tentativi di giustificazione per una situazione di stallo o arretramento di un processo politico in un paese tramite il ricorso ad elementi esterni. La rete – con i relativi processi da essa attivati – può contribuire all’evoluzione dei processi democratici di una società ma, certamente, non può essere l’elemento propulsivo alla base di tali processi. Analogamente, essa può essere lo strumento attraverso il quale si affermano forme di controllo e di dominio sui cittadini ma non può essere accusata di essere all’origine dell’affermazione di tale disegno.

In realtà, è necessario contestualizzare l’uso della rete all’interno di uno specifico tipo di società in modo tale da poter individuare e analizzare applicazioni e sviluppi ragionevolmente possibili (Arterton, 1987). Ecco che, allora, abbandonando le illusioni circa il potere taumaturgico della rete nella rinascita della vita politica di un paese in assenza di altre profonde trasformazioni – così come propendono a fare alcuni studiosi (Dertouzos, 1991; Ess, 1996) –, è possibile cogliere le reali innovazioni e la loro ricaduta sui processi democratici. Ciò significa che le implicazioni sociali dell’uso della tecnologia non possono essere analizzate e valutate in assenza di un riferimento ai valori, ai comportamenti e alle aspettative proprie dei cittadini in un determinato contesto e in un determinato momento storico e politico.

Così, l’incremento dell’offerta di informazione e la possibilità di istituire canali diretti di comunicazione resi possibili da Internet non costituiscono di per sé potenti acceleratori del processo di ampliamento dei processi democratici, se non si collocano in un contesto sociale dove circola una reale richiesta di elementi informativi non interamente soddisfatta dai media tradizionali e dove il rapporto diretto tra governanti e governati già esiste nelle forme consuete. In altri termini, l’aumento dell’informazione reso possibile dall’insieme delle nuove tecnologie può essere del tutto irrilevante se i cittadini non sono interessati e preferiscono consumare prodotti di intrattenimento, così come sottolinea Neuman (1991) parlando del futuro dell’audience di massa. Ancora, la possibilità di attivare un rapporto diretto con un esponente politico o un partito può essere del tutto irrilevante se tale rapporto non è mai stato cercato o coltivato tramite le tradizionali forme esperite, ad esempio, nelle democrazie anglosassoni (lettere, incontri nel collegio, etc.). Infine, riguardo al rischio della consultazione continua dei cittadini su questioni di rilevanza pubblica – che dovrebbero costituire il terreno ideale per l’esercizio della rappresentanza –, va sottolineato come, anche in questo caso, è necessario che preesista nel paese una consuetudine in questo senso ed una disponibilità da parte dei cittadini a partecipare a tali forme di consultazione.

L’accezione della rete come strumento di democrazia si problematizza, quindi, allorché si introducono elementi analitici propri dei possibili contesti sociali chiamati ad ospitare il rinnovato rapporto tra politica e cittadini e si evidenzia la necessità di non introdurre automatismi nell’analisi dell’interazione tra i due ambiti. L’operazione di contestualizzazione della rete si collega, in realtà, a quell’esigenza di studiare la ‘reale’ applicazione delle nuove tecnologie segnalata da Sclove (1995) già qualche anno fa. Solo a partire da tale approccio è possibile individuare le reali potenzialità e gli altrettanto reali rischi che accompagnano l’affermazione della rete nelle attuali società occidentali. Ciò non significa, ovviamente, abbandonare un legittimo e utile desiderio di sistematizzazione ed analisi ad ampio raggio dell’impatto delle nuove tecnologie della comunicazione sui processi democratici; significa, più semplicemente, abbandonare l’idea che sia possibile definire la natura della rete in termini di democrazia o del suo contrario.

La rete, congiuntamente ad altri tradizionali mezzi di comunicazione, può contribuire a migliorare le due dimensioni fondamentali dei processi democratici: quella dell’informazione e quella della partecipazione. Può, addirittura, offrire un contributo ai cittadini che non ha uguali nell’ambito della tradizionale offerta mediale, coniugando il potere che deriva dall’essere informati a quello del poter intervenire per manifestare consenso o dissenso nella piazza virtuale. Tuttavia, essa può anche configurarsi come un’occasione di differenziazione tra individui, tra gli haves gli have nots (Graber, 1996) – quando cioè discrimina già a livello di accesso alla rete – e di creazione di gruppi di interesse che possono inquinare i processi di decisione democratica in forza della loro capacità di uso delle nuove tecnologie. La coesistenza di tali opportunità di segno contrapposto rende di fatto impossibile l’adozione di una lettura che definisca la rete come strumento di democrazia tout court ed impone, al contrario, una lettura costruita sull’analisi della reale applicazione delle nuove tecnologie nelle società contemporanee.

 

La sfera pubblica nel cyberspace

La piazza elettronica dove è possibile incontrarsi navigando in rete è stata da più parti considerata una possibile traduzione moderna del concetto di sfera pubblica elaborato da Habermas (1962; 1989), inteso come "la sfera dove i privati cittadini si incontrano pubblicamente... per impegnarsi in una discussione su questioni di carattere generale" (1989, p. 27). Fin da quando il concetto è stato elaborato, le riflessioni intorno all’evoluzione dei processi democratici lo hanno sempre assunto come riferimento centrale. Il persistere dell’interesse per la sfera pubblica è dovuto, da un lato, alla sua assunzione come indicatore del carattere democratico di una società: in breve, la sua presenza testimonierebbe l’esistenza di occasioni di scambio e confronto tra individui su questioni di rilevanza pubblica; dall’altro, alla sua assunzione come "categoria analitica, un congegno concettuale che, mentre mette in evidenza uno specifico fenomeno sociale, aiuta anche nella ricerca e nell’analisi dello stesso fenomeno" (Curran, 1991, p. 2). In virtù di questa sua doppia caratterizzazione – indicatore di democrazia ovvero categoria analitica – il concetto di sfera pubblica è stato e continua ad essere frequentemente usato per studiare fenomeni che vanno dalla creazione di uno "spazio-mercato televisivo" (Phelan, 1991) alla diffusione delle nuove tecnologie.

In termini figurati, la sfera pubblica può essere rappresentata come l’agorà greca, nella quale si incontravano i privati cittadini e nella quale avvenivano discussioni e confronti di carattere pubblico. Nel corso del tempo, essa ha assunto le sembianze della coffee house e del saloon, dove avvenivano incontri e discussioni tra soggetti e dove si manifestava il "pubblico sentire".

Analizzando l’evoluzione del concetto di sfera pubblica, Habermas individua nel processo di affermazione e autonomizzazione della stampa in Gran Bretagna la nascita di un forum per un dibattito razionale, estraneo a pressioni ideologiche e mosso da esigenze di ottenere profitti da business commerciali (ibidem, p. 184). La sfera pubblica viene quindi ad essere definita in relazione ai mass media: sono essi, infatti, che consentono la circolazione delle opinioni ed offrono le condizioni perché il forum possa funzionare.

Il progressivo intreccio tra stato e società affermatosi sul finire del secolo scorso ha comportato, secondo Habermas, la fine della sfera pubblica liberale e la trasformazione degli stessi media: "in confronto con la stampa dell’era liberale, i mass media hanno da un lato raggiunto una portata ed una efficacia incomparabilmente maggiore – la stessa sfera del pubblico regno si è ampliata in modo corrispondente. Dall’altro lato, essi sono stati addirittura cacciati da questa sfera e ricondotti nella sfera privata dello scambio dei prodotti. Più cresceva la loro efficacia in termini di pubblicità, più essi diventavano accessibili alla pressione di specifici interessi privati, individuali o collettivi" (ibidem, p. 188). Piuttosto che rappresentare un forum per un dibattito razionale, la sfera pubblica è diventata un ambito in cui interessi contrastanti entrano in competizione, escludendo completamente i cittadini. In breve, la sfera pubblica viene a perdere la sua caratterizzazione di spazio "aperto" ai membri di una società per acquisire, invece, i tratti di un luogo nel quale organizzazioni diverse rappresentano interessi e tentativi d’accordo tra loro stessi e i rappresentanti del governo. In tale ambito, non si dà più la possibilità ai cittadini di partecipare ad un dibattito razionale su questioni di rilevanza pubblica.

La crisi/trasformazione della sfera pubblica così come tratteggiata da Habermas e, più in generale, lo stesso concetto di sfera pubblica, sono stati oggetto di numerose critiche. Fraser, ad esempio, sostiene che l’uguaglianza tra soggetti che si sarebbe verificata nella ricostruzione offerta da Habermas è del tutto infondata e che "non possiamo più sostenere che la concezione borghese di sfera pubblica fosse semplicemente un ideale utopistico irrealizzato; essa era anche una nozione ideologica maschilista che aveva la funzione di legittimare una forma emergente regolativa di classe" (1993, p. 8). Dal versante degli studiosi del sistema mediale, sono pervenute critiche circa l’inadeguatezza di un approccio che ignora completamente il ruolo attivo dell’audience (Fiske, 1987; Golding, 1997; Curran, 1991) e i mutamenti introdotti da un’offerta sempre più ampia e diversificata (Dahlgren, 1995).

A partire da una nuova attenzione per la componente di "scelta" e di "elaborazione" del consumo da parte dei cittadini, nonché dalla consapevolezza delle trasformazioni avvenute nel sistema sociale, il concetto di sfera pubblica è sfumato nella questione "di come e in che misura i mass media, specialmente nella loro veste giornalistica, possono aiutare i cittadini ad acquisire elementi conoscitivi sul mondo, discutere le loro risposte ad esso, e raggiungere decisioni informate circa le azioni da adottare" (Dahlgren, 1991, p. 1). Secondo tale approccio, i mass media continuano ad assolvere un ruolo fondamentale mettendo a disposizione gli strumenti utili a leggere e ad interpretare il mondo che ci circonda.

Le nuove tecnologie della comunicazione offrono un’ulteriore opportunità allorché consentono di ampliare il ventaglio dell’offerta, da un lato, e di attivare occasioni di discussione tra i cittadini, dall’altro. L’ampliamento dell’offerta e delle opportunità di presa di parola da parte dei cittadini è alla base dell’entusiasmo con cui è stata salutata la nuova versione moderna di sfera pubblica messa in campo dalla rete. Dertouzos (1991), ad esempio, sostiene che i cittadini "sono in grado di esprimere le loro idee, di comunicare le loro preoccupazioni e richieste di fronte a tutti", mentre Rheingold vede nelle opportunità offerte dalla rete "una via per rivitalizzare una discussione aperta e approfondita tra cittadini intenzionati ad alimentare le radici di una società democratica" (1993, p. 279).

È certamente vero che, per molti versi, la piazza virtuale che si viene a creare nella rete può essere considerata come l’ateniese agorà di cui parlava Habermas allorché sosteneva che "nella discussione i temi venivano focalizzati ed assumevano una forma definita" e che "i cittadini interagivano come uguali tra uguali" (1989, p. 4). Nei news groups, nei bulletin boards e negli altri computer networks creati su Internet, i cittadini interagiscono "come uguali tra uguali" e danno vita a discussioni di rilevanza pubblica a partire dalla loro personale esperienza (Knapp, 1997) e dai frames di riferimento offerti dai media nel loro insieme. Ovviamente, ciò non avviene più mediante una forma di comunicazione face-to-face ma, come fa notare Poster, "l’era della sfera pubblica intesa come face-to-face è chiaramente finita: la democrazia deve al più presto prendere atto della diffusione di nuove forme di discorso mediato elettronicamente" (1997, p. 209).

Nella nuova versione di sfera pubblica rintracciabile in Internet, gli elementi di maggiore interesse sono individuabili nell’introduzione dell’elemento di uguaglianza tra i membri impegnati in una discussione; nel riferimento all’esperienza personale nell’interpretazione degli argomenti oggetto di dibattito; nell’uso, infine, delle informazioni offerte dall’intero sistema mediale per costruire i frames di riferimento entro i quali introdurre i temi. Riguardo all’elemento di uguaglianza che caratterizza le discussioni tra soggetti, esso trova un primo evidente indicatore nell’assenza di posizioni precostituite di "potere" nella gestione dello scambio comunicativo. Ad eccezione dei gruppi di discussione che prevedono la presenza regolativa di un host, in tutti gli altri non si rintracciano figure che istituzionalmente guidano il dibattito né è possibile rintracciare la figura dell’"esperto", portatore di una conoscenza estranea agli altri membri. Così come nei talks show televisivi e radiofonici, si assiste all’affermazione di una conoscenza che proviene da pratiche di senso comune e che esclude il riferimento a dati e ad informazioni non condivise da tutti i soggetti: "è nella natura dello show scoraggiare l’uso di dati e teorie che non sono immediatamente spiegabili e plausibili... Il talk show rifiuta l’arroganza del discorso che definisce se stesso sulla base della sua differenziazione dal senso comune" (Carpignano et al., 1993, p. 117).

Nell’assunzione del senso comune come chiave di volta per la costruzione del discorso, vi è l’implicito rimando alle esperienze personali dei soggetti coinvolti. Ed è, questo, il secondo elemento che caratterizza la conversazione all’interno dei gruppi di discussione creati in rete. I soggetti che prendono la parola assumono come costante universo di riferimento l’esperienza quotidiana, sia in relazione all’individuazione degli elementi di discussione, sia in relazione all’uso di elementi informativi che essa offre. L’esperienza quotidiana informa il carattere della discussione quando le difficoltà di accesso al mondo del lavoro, ad esempio, vengono illustrate in relazione alla propria esperienza ma, anche, quando consente l’individuazione di problematiche degne di essere discusse. In breve, l’esperienza quotidiana può caratterizzarsi in termini di chiave di lettura ovvero in termini di chiave di selezione. In entrambi i casi, comunque, essa si caratterizza come elemento privilegiato di mediazione rispetto alla dimensione politica.

Il rapporto con il sistema mediale, infine, assume un peso rilevante nella costruzione dei frames di riferimento adottati per dar vita alle discussioni ovvero per parteciparvi. Il sistema dei media determina l’agenda del pubblico (Bentivegna, 1994) allorché offre gli argomenti intorno ai quali discutere secondo il classico schema elaborato da McCombs e Shaw (1972) e, nello stesso tempo, mette a disposizione il materiale utile per sviluppare il confronto tra soggetti. Esso si configura, quindi, come una "fonte" e come uno "strumento" che consente l’interazione comunicativa.

L’uguaglianza tra membri, il riferimento all’esperienza personale e il rapporto con i media sono, quindi, gli elementi che caratterizzano la sfera pubblica nella sua versione tecnologica offerta dalla rete. Il successo dei gruppi di discussione in Internet1 testimonia l’effettiva capacità da parte di tali gruppi di rappresentare un’occasione di scambio tra i cittadini, sulla base della sola condivisione dell’interesse per gli argomenti proposti. La nascita di un gruppo di discussione2, infatti, altro non è se non il risultato dell’interesse di un certo numero di soggetti per un argomento, affrontato e sviluppato tra individui che interagiscono come "uguali tra uguali" nella piazza virtuale da loro stessi creata.

Questo tratto di partecipazione libera e tra uguali deve, tuttavia, essere parzialmente corretto in considerazione: a) della diffusione dei collegamenti ad Internet; b) delle caratteristiche del bacino di utenza. La veloce ma ancora contenuta diffusione dei collegamenti ad Internet è una prima fondamentale discriminazione tra paesi dove sarebbe possibile la creazione di una sfera pubblica elettronica e quelli dove ciò non è possibile nel presente e nel medio futuro. Le periodiche rilevazioni a livello internazionale, condotte da enti di ricerca, registrano scarti significativi tuttora presenti non solo tra gli Stati Uniti e gli altri paesi ma, anche, tra gli stessi paesi europei3. Riguardo alle caratteristiche del bacino di utenza, va segnalato come, in tutti i paesi dove sono state condotte le rilevazioni (Times Mirror Center for The People & The Press, 1995; Graber, 1996; Pew Research Center 1996; Eurisko, 1997; Osservatorio Alchera, 1998), il profilo del navigante si caratterizza per essere un soggetto di sesso maschile, con un alto livello di istruzione ed un altrettanto alto livello di reddito. Senza proseguire nella disamina di altre variabili pur rilevanti nella definizione del profilo degli utenti della rete, si può sostenere che la sfera pubblica elettronica costruita mediante l’uso delle nuove tecnologie è solo "apparentemente" aperta a tutti i cittadini interessati a discutere della cosa pubblica. In virtù di tale limitazione strutturale – oltre che per l’accusa rivolta al cyberspace di essere dominato dalla logica del business – McChesney (1996) l’ha definita una "parziale sfera pubblica".

Vista la velocità della diffusione dei collegamenti nei diversi paesi nonché la consapevolezza dell’opportunità di diffondere tra i cittadini la cosiddetta "cultura" di Internet, è probabile che, in futuro, si ridurranno le distanze e le differenze sociali, economiche e culturali che connotano oggi i naviganti. Fin quando ciò non si sarà realizzato, la sfera pubblica creata dalla rete continuerà a rappresentare un’ottima opportunità di discussione per quei cittadini già in grado di sfruttare le risorse offerte dalle nuove tecnologie della comunicazione ma, nel contempo, essa continuerà ad essere una "parziale sfera pubblica", con tutti i limiti propri connessi all’attivazione di meccanismi di esclusione.

 

Le potenzialità democratiche della rete

Pur in presenza di applicazioni diverse delle nuove tecnologie della comunicazione, alla rete vanno riconosciute alcune potenzialità, che possono essere definite latamente come democratiche, impossibili da ritrovare nell’ambito dei media tradizionali e per questa ragione tali da costituire una sorta di spartiacque tra vecchi e nuovi media. In realtà, si tratta di uno spartiacque molto particolare se, come sostiene McLuhan, "l’avvento di un nuovo medium spesso rivela tratti ed ipotesi, se ve ne erano, di un vecchio medium" (1960, p. 567). Anche in questo caso, molte potenzialità attribuibili alla rete possono essere riferite ad altri mezzi (in particolare al mezzo televisivo). Tuttavia, l’insieme delle potenzialità registrate rende la rete non assimilabile a nessun altro mezzo di comunicazione che lo ha preceduto. In termini estremamente sintetici, le potenzialità attribuibili alla rete sono:

– l’interattività;
– la compresenza della comunicazione verticale e
orizzontale;
– la disintermediazione nel processo di comunicazione;
– l’economicità dei costi;
– la velocità della comunicazione;
– l’assenza di confini.

Prendendo le mosse dall’analisi dell’elemento dell’interattività, va subito segnalato come esso differisca profondamente da quello che è possibile attribuire al mezzo televisivo nei suoi sviluppi futuri di video on demand e così via. L’interattività alla quale si fa riferimento in questa sede rimanda al rapporto dell’utente con l’offerta comunicativa, da un lato, e al rapporto tra gli stessi utenti, dall’altro. L’utente sfrutta l’interattività della rete quando, partendo da un sito, si costruisce, ad esempio, un percorso individuale di raccolta di informazioni su uno specifico argomento. Continua ad essere interattivo quando partecipa ad un forum attivato in un sito, comunicando opinioni e prese di posizione, ovvero quando partecipa ad un gruppo di discussione su un tema di suo interesse. In breve, il soggetto assume il doppio ruolo di destinatario ed emittente del flusso comunicativo come mai prima di ora era accaduto. Riguardo al contributo offerto dalla rete alle dimensioni dell’informazione e della partecipazione politica, l’interattività si configura come un elemento fondamentale.Essa pone l’utente nelle condizioni di esercitare una forma di controllo sulla vita pubblica e sulle decisioni di Governo – quando ottiene dati informativi dalle varie fonti consultate – e di pressione – quando ha l’opportunità di comunicare il proprio dissenso in merito a decisioni e a provvedimenti ovvero di attivare forme di protesta organizzate in rete o secondo le modalità tradizionali. Questa dell’interattività è una potenzialità di grande rilievo per la vita democratica di un paese perché pone i cittadini nella condizione di poter assumere una posizione "attiva": controllando l’operato delle istituzioni e dei soggetti politici tramite la raccolta e l’elaborazione di elementi informativi, organizzando forme di pressione o di protesta contro decisioni ritenute ingiuste e penalizzanti la collettività, dando vita a comunità virtuali costruite sulla condivisione di particolari visioni del mondo e/o di specifici progetti politici. In tutti i casi citati, i processi democratici di formazione ed espressione del consenso politico vengono collocati nel cyberspace, dando vita ad una sorta di sovrapposizione tra mondo reale e mondo virtuale. Ciò non comporta automaticamente un miglioramento del rapporto tra cittadini e mondo politico, così come testimoniato da numerose ricerche empiriche condotte su questo aspetto (Markle Foundation, 1997); tuttavia, l’opportunità di esercitare tali forme di controllo e di intervento è di grande rilevanza per il funzionamento dei processi democratici di un paese.

Nella stessa direzione del nuovo rapporto che lega i destinatari e gli emittenti della comunicazione, si colloca la doppia valenza orizzontale e verticale della comunicazione. Si è di fronte ad una comunicazione verticale, per molti versi simile a quella rintracciabile nei media tradizionali, quando l’emittente (esponente politico, partito, istituzione, e così via) costruisce un flusso comunicativo diretto al destinatario (cittadino, elettore) nell’intento di comunicare iniziative, interventi, prese di posizione o, anche, di sollecitare forme di sostegno e di mobilitazione. È ancora di tipo verticale – ma assente nei media tradizionali, se non sotto le sembianze degli interventi del pubblico nei talks show – quella comunicazione che vede il cittadino, prima nei panni del destinatario, assumere ora i panni dell’emittente, costruendo un flusso comunicativo diretto all’esponente politico, calato adesso nel ruolo di destinatario. La comunicazione diventa orizzontale, invece, quando coinvolge in un rapporto di parità tutti i soggetti: essa si rintraccia all’interno dei gruppi di discussione e nelle varie occasioni di organizzazione di iniziative e/o di mobilitazione. L’elemento dell’interattività si coniuga, in questo caso, con quello dell’orizzontalità dando vita ad un rapporto comunicativo esperibile esclusivamente in rete.

La disintermediazione del flusso comunicativo attivato dalla rete rimanda, dal canto suo, all’affermazione di un nuovo modello di comunicazione basato sulla scomparsa, o quantomeno su una significativa marginalizzazione, della figura dello storyteller: di colui, cioè, che ci indica il percorso narrativo da seguire nella fruizione di un testo. Il superamento della funzione di storytelling è una sorta di effetto insito nello stesso modello della rete allorché pone il soggetto in una condizione di ricerca e di elaborazione di un filo conduttore e interpretativo indispensabile per consentire la navigazione. Questa navigazione in "mare aperto", che alcuni studiosi considerano uno dei tratti caratterizzanti la cultura di Internet (Porter, 1997), si traduce, nel caso del rapporto tra dimensione politica e cittadini, nella marginalizzazione della figura del giornalista, divenuta per molti versi "superflua" in conseguenza della disponibilità di accesso a documenti, dichiarazioni, rapporti, leggi, etc., un tempo inaccessibili all’ampia platea di telespettatori e lettori. La disponibilità on line di tale materiale diventa ancora più preziosa e "gradita" da parte dei cittadini alla luce della tendenza, consolidatasi negli ultimi anni, di un’affermazione della copertura giornalistica della politica basata sempre meno sulla parola dell’esponente politico e sempre più sul commento del giornalista (Patterson, 1996). Infatti, l’universo politico di cui ci giunge eco attraverso i media tradizionali è sempre più caratterizzato da mediazioni stratificate che circoscrivono la presenza del soggetto politico al rapido frammento di qualche secondo del sound bite televisivo. Il processo di disintermediazione attivato dalla rete contribuisce in modo significativo a ridisegnare il complesso delle relazioni tra sistema dei media, sistema politico e cittadini a sicuro vantaggio di questi ultimi, posti nella condizione di accesso ad informazioni un tempo appannaggio esclusivo del gruppo ristretto dei giornalisti.

L’economicità dei costi della presenza in rete contribuisce in modo significativo ad ampliare il ventaglio dell’offerta posto di fronte ai cittadini. I costi contenuti, infatti, consentono anche a piccoli gruppi e movimenti di poter acquisire spazi di visibilità altrimenti di difficile acquisizione, spezzando così l’egemonia dei partiti maggiori (Bonchek, 1995; Mann, 1995; McGookin, 1995; Phillips, 1995; Rheingold, 1993). Nonostante il venire meno di un assetto egemonico da parte dei partiti maggiori, permane però una condizione di ineguaglianza tra soggetti frutto di una diversa disponibilità economica (Mann, 1995; Margolis, 1996): infatti, una maggiore disponibilità economica si traduce, inevitabilmente, nella costruzione e gestione di un sito di maggiore interesse per gli utenti. Inoltre, gli stessi costi delle inserzioni pubblicitarie penalizzano i soggetti più deboli dal punto di vista economico. Tuttavia, il contenuto investimento richiesto dall’apertura e dalla gestione di un sito consente una presenza che sarebbe altrimenti impossibile nell’ambito dei media tradizionali.

Accanto all’economicità della rete va collocata la grande velocità dei processi comunicativi: sia la comunicazione sincrona che quella asincrona permettono la diffusione di testi e messaggi come mai si era registrato nei media tradizionali. Rispetto alla possibilità di consultazione di testi, raccolta di adesioni ad iniziative ovvero mobilitazione di soggetti portatori di identici bisogni, la rete si configura come l’opportunità migliore disponibile. Si è di fronte non solo ad una velocità che non ha pari in alcuni media tradizionali (la carta stampata, ad esempio) ma, anche, ad una diversificazione dei messaggi che vengono indirizzati a segmenti diversi di utenza.

 

Infine, l’assenza di confini resa possibile dalla rete supera di gran lunga quanto già previsto da Meyrowitz a proposito della televisione che "facendo convergere gruppi di opinioni distinti, ha fatto sì che quasi tutti gli argomenti divenissero oggetto di interesse praticamente per tutti" (1985, p. 524). Il superamento del senso del luogo reso possibile dal computer non solo contribuisce alla diffusione di argomenti potenzialmente interessanti per tutti ma, contemporaneamente, fa in modo che vi sia una circolazione di esperienze, opinioni e proposte da parte di tutti i soggetti interessati.

Nel complesso, le potenzialità attribuibili alla rete possono essere certamente considerate come fondamentali per lo sviluppo democratico di un paese. Infatti, è innegabile che la possibilità di stabilire rapporti diretti tra soggetti politici e cittadini, di attivare flussi comunicativi tra individui, di accedere direttamente alle informazioni, di far circolare opinioni e idee con costi contenuti, di veicolare in tempo reale "pacchetti" di informazione o di conversazione in ogni luogo del pianeta agevoli il funzionamento dei meccanismi di partecipazione e di controllo di una democrazia. Tuttavia, è bene sottolineare che l’attribuzione di tali potenzialità alla rete non comporta automaticamente un complessivo miglioramento della vita politica. Ciò è da imputarsi, da un lato, al tratto distintivo intrinseco ad ogni elemento di potenzialità che rimanda a qualcosa che potrebbe essere ma non è detto che sia, dall’altro, alla circolazione di elementi che alterano il risultato complessivo, contribuendo ad annullare la spinta positiva esercitata dalla rete nella direzione di una maggiore democrazia. La presenza contemporanea di spinte di segno opposto produce un significativo ridimensionamento del contributo offerto dalla rete allo sviluppo democratico ed allontana dal presente l’affermazione di una democrazia elettronica.

 

I limiti della rete

Pur in presenza delle potenzialità e delle opportunità finora descritte, l’ingresso della politica nella rete non ha dato vita a quelle trasformazioni così profonde che erano state ipotizzate. La distanza tra dimensione politica e cittadini non sembra essersi ridotta, la partecipazione alla vita politica è rimasta sostanzialmente stabile ed i rapporti di scambio e di confronto tra i cittadini continuano ad essere di identica intensità rispetto al passato. In breve, "il cyberspace non è diventato il luogo di una nuova politica che nasce dallo schermo di un computer e rivitalizza il senso di cittadinanza e la democrazia" (Resnick, 1998, p. 49).

Come spiegare questa "mancata" trasformazione e questo disatteso miglioramento dei processi democratici? Oltre ad un obbligato rimando ai contesti entro i quali la politica elettronica si è collocata, è necessario fare riferimento all’operato di quegli stessi elementi che vengono considerati rilevanti potenzialità della rete ma che, nel contempo, possono trasformarsi nel loro contrario. Pur se apparentemente paradossale, il riferimento agli elementi potenzialmente positivi insiti nella Computer Mediated Communication che si trasformano in negativi rende spiegabile il mancato miglioramento della dimensione politica in senso lato.

L’incremento dell’offerta informativa reso possibile dalla rete, ad esempio, salutato da tutti come un risultato tale da "segnare" positivamente il contributo delle nuove tecnologie della comunicazione alla vita democratica di un paese può trasformarsi nel suo contrario, cioè in un eccesso di informazione che radicalizza distanza e disinteresse da parte dei cittadini. D’altro canto, il problema dell’eccesso di informazione è stato segnalato da più parti (Neuman, 1991; Graber, 1996) come il problema delle società del futuro, caratterizzate da applicazioni tecnologiche sempre più sofisticate. Nel dettaglio, l’eccesso di informazione rimanda a due ordini di problemi strettamente connessi: la disponibilità di un filo conduttore e interpretativo che consenta la navigazione e la disponibilità di strumenti di controllo sulla veridicità delle informazioni acquisite.

La disponibilità di un filo conduttore che organizzi il materiale raccolto è indispensabile per poter dare un senso alle numerose informazioni acquisite tramite la consultazione dei siti dei partiti politici, istituzioni, movimenti, gruppi e media tradizionali (televisione e stampa) che offrono in continuazione materiale informativo. Partendo dal sito di un quotidiano, ad esempio, è possibile iniziare un viaggio teso all’acquisizione di altre informazioni su un argomento ritenuto di particolare interesse: la lettura di una notizia relativa all’introduzione di una nuova tassa, ad esempio, può trasformarsi nel punto di partenza di un viaggio che si dirige verso il sito dell’organismo istituzionale che l’ha introdotta e che ne controllerà l’applicazione, del soggetto che l’ha richiesta, dei partiti che l’hanno avversata, delle associazioni dei consumatori che la valutano in relazione alle conseguenze esercitate sulla vita quotidiana dei cittadini. Questo viaggio, di durata variabile, viene intrapreso dal cittadino senza l’ausilio di una guida esterna (quale può essere il giornalista) allorché, nel suo ruolo di storyteller, ricostruisce le dinamiche alla base del provvedimento e le sue conseguenze. Se pure si riconosce alla stessa struttura del sito Internet un implicito assolvimento della funzione di storytelling nell’organizzazione delle pagine e nell’attivazione dei links (Jacques, Ratzan, 1997), permane una profonda differenza tra le modalità e i costi dell’acquisizione di informazioni attraverso i media tradizionali e attraverso Internet: semplici e contenuti nel primo caso, complesse ed elevati nel secondo. Ottenere informazioni tramite la rete è un’operazione elaborata e costosa in termini di tempo e impegno per il soggetto, che deve essere particolarmente motivato e capace di costruirsi un percorso di viaggio e di ricerca. Inoltre, bisogna tenere conto che "la capacità di rielaborazione delle informazioni di cui dispone il cervello umano è limitata, così come il tempo che è possibile dedicare a questa operazione e l’inclinazione individuale ad effettuarla. Gli individui medi non riescono ad assorbire tutte le informazioni che hanno a disposizione, anche se esse riguardano aree del sapere che li interessano particolarmente" (Graber, 1996a, p. 38).

Infine, il soggetto è frequentemente posto nella condizione di dover individuare la cosiddetta "fake information" di cui è disseminata la rete. L’eventualità di entrare in possesso di informazioni false è estremamente elevata in un contesto dove la possibilità di celarsi dietro nomi e sigle fittizie è a tutti nota e da alcuni usata. Alla luce della complessità del lavoro di raccolta di informazioni cui è chiamato il cittadino utente di Internet, gli estensori del rapporto della Markle Foundation sostengono che "al peggio, la rete produce un intrico di informazioni ingannevoli, al meglio offre un flusso di dati decontestualizzati di difficile decifrazione e uso" (1997).

L’utilizzo dell’incredibile offerta informativa resa possibile da Internet può diventare, quindi, un’attività impegnativa che non tutti i soggetti sono in grado di affrontare o disponibili a fare. Nell’attuale società, il costo dell’acquisizione dell’informazione politica è stato circoscritto, da una parte significativa dei cittadini, ad un livello molto basso che non mostra variazioni verso l’alto a seguito dell’ampliamento dell’offerta. Una maggiore disponibilità di informazione non si traduce automaticamente in un miglioramento dei meccanismi di controllo e partecipazione. In realtà, l’utente nelle condizioni migliori per poter sfruttare le potenzialità informative offerte dalla rete è quello già caratterizzato da un forte interesse per la vita politica e per il suo funzionamento. Così come accade per altri new media, la rete non attiva nuovi interessi in soggetti disinteressati, ma li rafforza in soggetti già interessati (Graber, 1996a).

Un’altra potenzialità della rete che può tradursi in un limite è relativa alla creazione di comunità virtuali che, talvolta, possono sostituirsi a quelle reali. L’indiscutibile potenzialità della rete di consentire l’attivazione di rapporti di scambio tra individui rischia di trasformarsi in una sorta di surrogato della vita reale. A fronte della difficoltà di ripristinare comunità reali fondate sulla condivisione di esperienze e esigenze, le comunità virtuali si pongono come un’occasione che rende più semplice entrare in rapporto con gli altri per la protezione offerta dall’anonimato ed il superamento della distanza fisica. Il difetto principale di tale tipo di comunità viene individuato da alcuni studiosi nella caratterizzazione nei termini di "lifestyle enclaves che fioriscono dove i bisogni individuali dipendono dagli altri solo nella ricerca di compagnia nello spazio del tempo libero" (Doheney-Farina, 1996, p. 50). Si tratterebbe di comunità, quindi, che non vanno a sostituire la "civic community" di cui parla Putnam ( 1993) ma che, al contrario, depotenziano ancor di più il bisogno di aggregazione degli individui fornendo solo un pallido surrogato. Paradossalmente, il bisogno di aggregazione soddisfatto dalla rete annullerebbe ogni tentativo di soddisfarlo anche nella vita reale. Numerose esperienze di comunità virtuale4 smentiscono in parte quanto affermato in tono pessimistico da alcuni studiosi (Doheney-Farina, 1996; McLaughlin, Osborne, Smith, 1995; Cozic, 1996). Tuttavia, la scarsa incidenza delle comunità virtuali nel rafforzamento e nello sviluppo della vita politica fa sorgere il legittimo dubbio circa la progressiva trasformazione del "virtuale" in "vicario".

Infine, l’opportunità di prendere la parola offerta a tutti i soggetti che ritengono di avere qualcosa da dire, pur rappresentando il punto più alto dell’applicazione delle "tecnologie della libertà" rischia di trasformarsi in un forte ostacolo allo sviluppo della democrazia allorché viene a crearsi una ridda di voci di difficile comprensione e aiuto per il cittadino. Il meccanismo di inclusività attivato e garantito dalla rete può produrre una situazione di confusione tale da azzerare qualsiasi progresso in direzione di una maggiore coralità nella vita politica. Il risultato di una continua presa di parola può tradursi "in una cacofonia di voci che impedisce qualsiasi discussione seria. I dibattiti online su temi rilevanti sono spesso polarizzati da messaggi che assumono posizioni estreme. [La rete] è un grande medium per gli hobbies ma non è il luogo per ragionati e ponderati giudizi" (Stoll, 1995, p. 32).

In conclusione, non si è assistito finora ad un significativo miglioramento di alcuni aspetti della vita politica a seguito dei contributi offerti dalla rete per una molteplicità di ragioni sia esterne – legate al contesto socio-politico più generale – sia interne ad essa. In questa sede, sono state analizzate queste ultime ed è stato sottolineato come ciò che può essere considerato un impedimento alla trasformazione del rapporto tra politica e cittadini non è altro che il versante negativo di ciò che è stato salutato come un’importante innovazione positiva. L’oscillazione tra i due poli fa sì che continuino a convivere letture contrastanti e divergenti circa il carattere della rete, allontanando nel tempo l’affermazione di una democrazia elettronica.

 

Rete e democrazia: un rapporto in divenire

La presenza di indiscutibili potenzialità democratiche della rete, che possono trasformarsi in ostacoli ad un complessivo miglioramento della democrazia, rappresenta la cifra distintiva di questo nuovo mezzo di comunicazione. È, infatti, proprio nella sua molteplicità di usi che risiede l’innovazione più importante sulla quale è necessario riflettere. L’assenza di un centro e di percorsi prefissati – seppure tali da richiedere competenze culturali ancora poco diffuse – consentono, nel contempo, l’elaborazione di strategie di navigazione personalizzate e calibrate su specifiche esigenze. Questa diversità di uso comporta, inevitabilmente, profonde differenziazioni tra gli utenti, portatori di competenze talvolta neppure paragonabili. Si tratta di differenziazioni che, tuttavia, non possono essere assunte come un "effetto" di carattere negativo da imputare alla diffusione della Computer Mediated Communication: così come sono stati ampiamente accettati, se non addirittura coltivati, usi diversificati del mezzo televisivo da parte di segmenti di pubblico, devono essere altrettanto accettati usi diversificati delle nuove tecnologie della comunicazione.

Le accuse di progressiva commercializzazione e di enfatizzazione della sfera dell’intrattenimento, quindi, non possono essere usate per spiegare il presunto insuccesso della rete nel miglioramento dei processi democratici. Infatti, il peso crescente del fenomeno della commercializzazione in rete, nonché una sua accentuata caratterizzazione in termini di intrattenimento, testimoniano soltanto, da un lato, il consolidamento della presenza di soggetti organizzati che trasferiscono nel mondo virtuale attività e prodotti di quello reale, dall’altro, la propensione ad un consumo congegnato in questi termini. Da questo punto di vista, ha certamente ragione sia Resnick (1998) quando sostiene che si è verificata una normalizzazione della rete, che McChesney (1996) quando vede nel cyberspace l’affermazione progressiva del mondo del business. Tuttavia, va tenuto presente che, a fronte di un cyberspace che si struttura in questi termini, esiste una risposta positiva dei soggetti che "consumano" tale offerta: la commercializzazione della rete è un riflesso di profonde trasformazioni del mercato e delle esigenze dei soggetti che vi operano, la diffusione di forme di intrattenimento è una risposta ad una domanda evidentemente non soddisfatta altrove. La presenza "forte" di queste dimensioni nello spazio virtuale non può essere usata per accusare la rete di non aver contribuito a migliorare la democrazia nelle attuali società. Infatti, il modello privo di centro e di gerarchizzazioni della rete consente la compresenza di dimensioni diverse – da quella dell’intrattenimento a quella politica – impedendo l’affermazione di monopoli.

La riflessione in merito al rapporto tra rete e democrazia deve, quindi, essere affrontata facendo riferimento ad altre questioni. Prima tra tutte, vi è la questione dell’accesso. Dai dati diffusi dal Nua Internet Surveys relativi al 1998 emerge che gli utenti Internet erano 150 milioni, 87 dei quali concentrati in Canada e negli Stati Uniti e circa 33 in Europa. Riguardo al numero degli hosts, Nework Wizards li stima nel luglio 1998, a livello mondiale, in 36.739.000, con un incremento di 7.069.000 rispetto al gennaio dello stesso anno. Gli utenti Internet in Italia, secondo i dati forniti dall’Osservatorio Alchera, sono passati dai 584.000 del 1996 ai 5.225.000 nel marzo del 1998. Pur in presenza di incrementi vertiginosi, permane un forte squilibrio tra alcuni paesi "forti" ed altri paesi "deboli", così come permane una caratterizzazione netta del profilo degli utenti: in tutti i paesi, l’utente è di sesso maschile, tra i 30 e i 45 anni, con istruzione universitaria e status socioeconomico elevato. La diffusione di Internet tra i giovani sta contribuendo ad abbassare l’età media del navigante ma, in ogni caso, esso continua ad esibire un profilo connotato da un alto livello di istruzione e una buona capacità economica. Le differenze tra gli haves e gli have nots continuano ad essere presenti e a determinare disuguaglianze nelle possibilità di uso della rete. La necessità di garantire pari opportunità a tutti i soggetti nell’accesso alle nuove tecnologie della comunicazione sembra entrata tra i problemi in agenda dei paesi dove è maggiormente sviluppata la presenza della rete (Stati Uniti e Gran Bretagna), a testimonianza della necessità di un intervento "politico" a correzione dell’attuale situazione. Sia che si voglia navigare in Internet per consultare l’ultimo sito della Walt Disney o per consultare il resoconto di un dibattito politico, è indispensabile che vi siano le condizioni perché ciò possa essere fatto.

Un’altra questione che deve essere affrontata rimanda alle difficoltà di uso della rete da parte dei soggetti politici. L’improvvisa disponibilità di uno spazio aggiuntivo e per qualche verso alternativo a quello tradizionale ha trovato i soggetti politici – in primis i partiti – non del tutto attrezzati a sfruttare le nuove potenzialità. L’ingresso dei partiti politici in Internet può essere paragonato, per qualche verso, all’ingresso di quegli stessi soggetti all’interno della comunicazione televisiva qualche decennio fa, quando in Italia, ad esempio, si ostinavano a considerare la platea televisiva l’equivalente dell’auditorio di un comizio di piazza. Attratti o costretti ad essere presenti nel cyberspace, i soggetti politici tradizionali hanno dato vita, talvolta, a forme di presenza meramente di "vetrina", del tutto marginali nelle strategie comunicative complessive. Essere in rete è diventato, in alcuni casi, una sorta di status symbol, un indicatore di modernità ma di difficile uso. Per questa ragione, negli anni passati, molti siti sono stati costruiti sull’esclusiva offerta di informazioni sulle strutture del partito, sugli organi dirigenti, sulle iniziative in corso, sui candidati nell’ambito delle campagne elettorali ma quasi mai sulla vera grande potenzialità della rete rappresentata dal contatto diretto con i cittadini. Negli stessi Stati Uniti, dove pure la politica è entrata in rete da molti anni, si verifica una situazione tale per cui le potenzialità della rete non vengono sfruttate. Da una rilevazione condotta dalla Markle Foundation (1997) su alcuni siti dedicati ai maggiori partiti politici e ad organizzazioni volte a migliorare la cultura politica e partecipativa dei cittadini, emerge come vengano offerte pressoché esclusivamente informazioni e si tenda a non sfruttare l’interattività. Pur riconoscendo il valore fortemente democratico dell’informazione, appare evidente come si sia di fronte ad un uso "ridotto" della rete, ad uno sfruttamento solo parziale delle potenzialità disponibili. Gli stessi ricercatori sottolineano, poi, come il modello di democrazia rintracciabile sia prevalentemente rappresentativo piuttosto che diretto.

La difficoltà a sfruttare le potenzialità della rete da parte degli stessi soggetti che pure avrebbero il maggiore interesse a farlo consente di spiegare la relativa marginalità assunta finora dalla Computer Mediated Communication nella trasformazione dei rapporti tra cittadini e soggetti politici.

Infine, riguardo all’uso della rete fatto dai cittadini per riattivare i rapporti con la dimensione politica, va segnalato come, pur non avendo prodotto la rinascita dell’agorà ateniese, esso ha certamente contribuito a creare le coordinate per uno spazio dove incontrarsi in assenza di controlli e vincoli esterni. La numerosità dei gruppi di discussione esistenti e la velocità con la quale ne nascono quotidianamente testimonia l’esigenza di poter disporre di momenti di incontro autonomamente gestiti. La nascita della netiquette ed i dispositivi attuati per farla rispettare rappresentano, poi, una forma di maturità e civiltà meritevoli di rispetto. La vera questione rispetto a queste iniziative risiede nelle caratteristiche dei soggetti che le attivano o che vi prendono parte: si tratta di soggetti, cioè, che esibiscono un elevato grado di informazione ed interesse per il funzionamento della vita pubblica e dei meccanismi di controllo democratico. Piuttosto che configurarsi come un’occasione di ampliamento delle opportunità di contatto con la dimensione politica da parte di soggetti da essa distanti, i gruppi di discussione attivati in rete riproducono dinamiche rintracciabili all’esterno tese al rafforzamento di rapporti pregressi. Per questa ragione, il contributo da essi fornito ad un miglioramento del rapporto tra cittadini e politica è a tutt’oggi contenuto, se non per alcuni soggetti che sfruttano in questo modo l’opportunità di attivare occasioni di scambio e confronto. D’altro canto, se viene preferita la partecipazione ad un gruppo di discussione su Startrek (alt.startrek.creative) o sulle vicende dei Simpsons (alt.tv.simpsons) piuttosto che sulla questione della pena di morte (alt.activism.death-penalty) o sulla battaglia dei diritti civili (alt.society.civil-liberty), non si può ritenere la rete responsabile di tale scelta e metterla sotto accusa perché offre un ampio ventaglio di alternative ai soggetti.

In definitiva, le accuse rivolte alla rete di aver mancato nel favorire la riattivazione di rapporti nuovi e diretti tra mondo politico e cittadini poggiano su un equivoco di fondo, frutto di una trasposizione di elementi a partire dalla possibile condivisione di un modello che si caratterizza per l’assenza di un centro: "... la rete non è uno strumento di democrazia (può anche esserlo, ma del tutto marginalmente). La rete è piuttosto il paradigma di un modello di democrazia nuova, una democrazia senza riferimenti al centro, non più riducibile alla forma dello Stato nazione, e non più riducibile alla forma globale della decisione. Il ripensamento della nozione di democrazia può derivare da un’invenzione paradigmatica che a sua volta deriva dal modello della rete, ma non sarà la meccanica conseguenza di una diffusione quantitativa delle reti" (Berardi, 1996, p. 116). Rete e democrazia possono, quindi, convivere ed alimentarsi l’un l’altra ma senza che vi sia nulla di automatico nell’affermazione e nello sviluppo reciproco. La condivisione di un modello – affermato nel caso della rete, e in competizione con altri nel caso della democrazia – non comporta, in breve, l’attribuzione di altri connotati né nella situazione presente né in quella futura.

Posta in questi termini, l’attribuzione del carattere democratico alla rete torna ad essere oggetto di analisi sulle concrete applicazioni rintracciabili a tutt’oggi. Non più, quindi, strumento di democrazia tout court ma strumento flessibile e aperto a molteplici usi e finalità, non ultima quella di costruire un nuovo "luogo" di incontro tra soggetti politici e cittadini. Un luogo privo di centro e di controllo verticale, dove possa essere ospitato anche "uno spazio pubblico libero e influente, una sfera dell’agire sociale non separata (come invece sono il Cyberspazio o la Frontiera dei cyberyuppies californiani), ma pienamente intessuta e protagonista dei conflitti e degli antagonismi" (Carlini, 1996, p. 21). La realizzazione di tale luogo, tuttavia, è il frutto non soltanto dell’applicazione delle nuove tecnologie ma, anche, del contributo di tutti coloro che devono garantire una presenza attiva che vada in quella direzione. La rete sarà uno strumento di democrazia solo quando tutti i soggetti che vi navigano faranno in modo che lo diventi. Fino ad allora, la rete continuerà ad essere ciò che si vuole: uno strumento affascinante dai molteplici usi che vanno dal business all’evasione, dall’acquisizione di informazioni alla discussione sui più svariati argomenti.


Note

1 Per i dati quantitativi relativi alla presenza dei gruppi di discussione, si rimanda al Capitolo quarto. In questa sede, è sufficiente ricordare come i gruppi di discussione si siano sviluppati con modalità molto simili in tutti i paesi dove i collegamenti alla rete continuano ad essere in crescita. Questa tendenza comune a dar vita a gruppi di discussione in paesi con tradizioni politiche e culturali profondamente diverse (come, ad esempio, gli Stati Uniti e l’Italia) può essere considerata come un indicatore del gradimento da parte dei cittadini per lo "spazio" pubblico reso accessibile dalla rete nonché per le caratteristiche che assume la stessa organizzazione della discussione.

2 Sulle modalità di costruzione di un gruppo di discussione si rimanda al Capitolo quarto.

3 Per le rilevazioni a livello internazionale, si è fatto riferimento ai dati prodotti da GVU’s WWW User Surveys e da Nua Internet Surveys.

4 Sulle comunità virtuali come esperienze di aggregazione tra cittadini, cfr. il Capitolo quarto.

 

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