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Libri/Capire la Terza Via, al di la' degli slogan

Giancarlo Bosetti su Anthony Giddens

 

Che cosa significa "terza via" nella versione di Tony Blair-Anthony Giddens ormai dovrebbe essere chiaro a tutti: una via di mezzo, un incrocio tra socialdemocrazia e neoliberalismo che valorizzi quel che di meglio hanno da darci queste due ispirazioni di politica economica, che sono anche due culture e due visioni dell’individuo e del mondo. Ne’ con Keynes ne’ con la Thatcher, prima di tutto. Ma anche un po’ con l’uno e un po’ con l’altra. E poi c’e’ anche un’altra serie di "ne’… ne’…" e di "sia… sia…" che riguarda il modo di concepire il cittadino, i suoi diritti, i suoi doveri, le sue risorse e responsabilita’, la globalizzazione come opportunita’ piu’ che come pericolo. E ancora due concetti chiave, che sono nel cuore delle politiche di "terza via" anche perche’ con la loro ambivalenza ne indicano anche la difficolta’: flessibilita’ e rischio. Parole che parlano di quanto cambia nel mercato del lavoro, nella nostra vita personale, nell’orizzonte di incertezza che ci e’ ormai imposto come condizione permanente di abitanti di questa epoca. Ora che il libro di Giddens – "La Terza Via" – esce anche in italiano dal Saggiatore, con una prefazione di Romano Prodi, e’ possibile per i lettori di casa nostra andare al di la’ dello slogan e valutare tutti gli ingredienti politici e teorici della ricetta, che non sono poi pura retorica, come qualche avversario vorrebbe. E’ vero che il libro non aggiunge molto alla robusta fama di sociologo del suo autore, ma certo aggiunge qualcosa ai suoi titoli di organizzatore culturale e di tessitore di una impresa intellettuale e politica che ha cambiato faccia alla scena britannica con forti proiezioni sull’Europa e sugli Stati Uniti.

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Non si insistera’ mai abbastanza sul fatto che il New Labour e’ parente stretto dei New Democrats americani di Clinton in un fitto intreccio tra i due leader, ma anche tra i cosiddetti think tanks delle due sponde dell’Atlantico. Giddens e’ il direttore della London School of Economics e tiene rapporti con un nugolo di centri studi cosi’ come intorno a Clinton e Sidney Blumenthal troviamo varie istituzioni harvardiane a cominciare dalla John Kennedy School of Government. La terza via di Giddens e’ insomma il contenuto teorico di questa alleanza ma aspira anche a far da battistrada ad un "centro-sinistra" europeo e mondiale.

Se la socialdemocrazia classica era lo stato pervasivo, il primato dei beni collettivi su quelli individuali, la gestione keynesiana della domanda, l’obiettivo della piena occupazione, un forte egualitarismo, e se il thatcherismo era invece lo stato minimo, il fondamentalismo del mercato, il laissez faire nel campo del lavoro e l’accettazione della disuguaglianza, la terza via cerca un’uscita da ognuno di questi dilemmi. Ma non si tratta di una perfetta equidistanza tra i due poli. Se Giddens aveva dato l’impressione nel suo precedente libro "Al di la’ di destra e sinistra" di perorare il superamento di questo vecchio contrasto a benefcio di quello che chiama "centro radicale", ora invece sembra tenersi piu’ vicino alla "rive gauche". Coloro che ritenevano la politica del Nuovo Labour piu’ thatcheriana che socialdemocratica, un neoliberalismo sociale piu’ che un socialismo liberale sono stati smentiti da Giddens fin dal sottotitolo, "Manifesto per la rifondazione della socialdemocrazia", una formula che piacerebbe anche a Lafontaine.

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La correzione di tiro e’ resa ancora piu’ esplicita dall’ampio richiamo al libro di Bobbio su "Destra e sinistra", i cui criteri di demarcazione ta le parti ora Giddens accetta, sia pure con molte rilevanti integrazioni. E’ la sinistra che si riforma, insomma, con la terza via giddensiana, non una dissoluzione delle due parti. E si trasforma, questo si’, in una forza capace di presidiare stabilmente il centro, il luogo dello schieramento dove si decide chi vince le elezioni, ed anche quello dove si producono le maggiori novita’, i fattori spiazzanti rispetto ai vecchi schemi. E infatti nella ricerca di Giddens proprio questi hanno una rilevanza cruciale: il dinamismo della societa’ civile, il mutamento della famiglia, la destabilizzazione rappresentata dall’assenza del nemico su scala internazionale, gli autonomismi locali, la cultura cosmopolitica. E la democrazia internazionale. Con quel che segue: i diritti umani, il diritto di intervento militare, la guerra. Un nuovo tipo di guerra che si aggiunge a quei fattori che sfuggono, ahinoi, alla presa del confronto tra vecchia destra e vecchia sinistra.

 

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