E' da pochi giorni in libreria il nuovo libro di Giuseppe Mazzotta, La
nuova mappa del mondo (pubblicato in Italia da Einaudi e in America da Princeton
University Press), dedicato a Giovambattista Vico il cui pensiero austero ha sempre avuto
un aspetto enigmatico ed oscuro. Nel libro di Mazzotta, l'enigma vichiano si apre e con
esso si chiarisce e prende nuova luce l'energia visionaria e prodigiosa delle fabulazioni
del pensatore partenopeo. La scienza nuova, in questa originale lettura che inserisce Vico
nella tradizione classica e barocca, si configura come un itinerario intellettuale tra i
rottami dell'antichità, diventa un singolare viaggio di scoperta lungo i confini della
memoria e attraverso uno spazio immaginario dove si profilano i contorni del futuro.
Il Vico di Mazzotta è un romanziere e un filosofo che ricompone i
frantumi del sapere e lancia una sfida all'Europa intera. I suoi predecessori europei e
immediati -- Bacone, Hobbes, Spinoza, e Descartes, sulle orme dei nostri Machiavelli,
Galileo, Bruno e Campanella -- pianificano una idea di modernità razionale e scientifica;
Vico, invece, nell'identificare i limiti di questi scenari della ragione, con La scienza
nuova, arriva alla teorizzazione di una sorta di contromodernità, propone un percorso
intellettuale che della modernità imperante riscrive nuovi confini.

Poiché il problema di fondo della modernità è il soggetto, Mazzotta
presenta l'Autobiografia di Vico come una interpretazione polemica del cogito cartesiano e
dello scetticismo di Montaigne. L'io di Vico risulta dislocato nel tempo e nello spazio;
è prima di tutto corpo e non solo coscienza trasparente.
Dalla paideia dell'io il libro passa a dare la teoria della pedagogia
universitaria. Vico, che è educatore e retore, traccia una vera teoria dell'università e
ne riscrive l'ideale curriculum, che si fonda sulla poesia e sulle arti umanistiche. Dopo
una affascinanate lettura della modernità, attraverso le metafore della congiura
napoletana, delle guerre religiose in Europa, e della violenza politica, Mazzotta dà una
lettura della Scienza nuova, come epica filosofica. Vico, nella sua grande originalità
non esita a polemizzare con i suoi autori, con Platone, che bandisce i poeti dalla sua
Repubblica; con Machiavelli e le pratiche politiche della dissimulazione; con le teorie
dei neoaristotelici sulla poesia; con le letture della Bibbia che di essa danno gli
spinozisti, e con le idee dei giuristi. Pensatore lucido capace di cogliere il fondo
tragico della esistenza, Vico vede il nesso inevitabile tra le finzioni della legge e le
finzioni letterarie.
Mazzotta, che parla del pensiero vichiano come di una filosofia poetica
(una rivendicazione dell'originalità e della creatività del fare umano), esorta a
leggere i grandi autori con l'attenzione filologica che riporta ai testi e si apre alle
avventure del pensiero. Il Vico di Mazzotta è il progettatore del futuro: ci indica come
pensare la storia per rifarla. Lontano dalle tentazioni progressiste ed illuministe, che
violano grottescamente la verità dell'uomo, Vico ripropone un'idea sapienziale della
cultura, ed immagina un futuro di riconciliazione delle faziose tendenze europee. Un libro
di un pensatore europeo per la nuova Europa, dunque, diversa da quella fumosa intravista
da Mazzini. Anche diversa dai miti che vantano il primato dell'Italia. Se di primati si
tratta, non bisogna vantarli. Bisogna, direbbe Vico (e con lui Mazzotta), farli. E' di
qualche interesse che a cogliere queste problematiche sia stato un italiano che vive in
America (dove insegna a Yale University) e che non ha, evidentemente, mai smesso di
pensare all'Italia e all'Europa.

Di solito i pensatori meridionali --Telesio, Campanella, Della Porta,
Bruno, Gravina, Pagano, De Sanctis, Croce, Gentile, per non parlare di Don Giuseppe de
Luca-- sembrano segnati dal destino di voler costruire grandi macchine astratte.
L'impianto intellettuale di Mazzotta, che appartiene alla grande tradizione intellettuale
meridionale, è segnato dalla fusione di passione ed intelletto. Mazzotta, che ha scritto
libri su Dante e l'enciclopedismo, su Boccaccio e il gioco, su Petrarca e l'etica della
soggettività, è uno studioso che ripercorre le problematiche più profonde della cultura
contemporanea. Ma lo fa recuperando i testi letterari e investendo la letteratura di un
valore epistemologico. I grandi testi della tradizione, come li legge Mazzotta, rivelano
aspetti dell'esistenza e di discipline quali la politica, l'etica, il diritto, la
teologia, che la filosofia e nemmeno le scienze riescono a formulare.