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Il tanto discreto lancio telematico dell'ultimo libro di Baricco


Paolo Marcesini

 

Una premessa è d’obbligo: Alessandro Baricco è un ottimo scrittore e, dato che questo articolo esce su una rivista online, chi scrive non può che essere onorato dal fatto che il suo ultimo libro viene anticipato in rete. E qui le premesse terminano. Perché scrive in rete, Baricco, ma non parla, soprattutto con i giornalisti che, Massimo D’Alema docet, per definizione sono ignoranti, non capiscono nulla, culturalmente sono analfabeti e, talvolta (ma solo talvolta, per carità) puzzano. Ma tant’è. Apprendiamo attraverso un articolo di Giovanna Zucconi sul Corriere della Sera (operazione giornalistica per eccellenza) che la Rizzoli sta per mandare il libreria (il 5 maggio, l’anniversario della morte di Napoleone, e non è poco) il suo nuovo romanzo. Aggiungiamo, per dovere di cronaca, che la citata Zucconi ha condiviso con Baricco una lodatissima (soprattutto dai giornalisti) trasmissione televisiva. E che, chi scrive, e molti altri, hanno appreso la notizia leggendo un articolo di giornale...

La novità sta nel fatto che per la prima volta, per lanciare un libro, è stato creato un sito apposito e che non ci saranno interviste, né conferenze stampa del suo autore. Se voi, lettori, volete saperne di più, cercate di collegarvi (www.abcity.it) oppure comprate il libro a scatola chiusa. Se non siete tecnologicamente avanzati, portate pazienza, sarà per un’altra volta. Diligentemente, apriamo il sito. E ci chiediamo: è una specie di presentazione berlusconiana di un prodotto commerciale (i libri si vendono, male come i partiti politici), il lancio di un nuovo modus (più o meno) democratico di comunicare attraverso la rete oppure, più semplicemente un’ideina tanto carina e di sicuro effetto mediatico (speriamo che i giornali ne parlino)?

Maggiormente propensi a credere alla terza ipotesi leggiamo quello che nel sito c’è scritto. Baricco sceglie di confezionare un messaggio esaustivo a tutti i suoi lettori e addetti ai lavori: leggetevi queste parole e non mi chiedete più nulla, non saprei cosa dirvi. Ci dice (digitalmente parlando) che City, il suo ultimo libro lo ha pensato subito dopo non aver trovato il finale giusto per Seta (e Seta era il suo ultimo romanzo), il libro a cui stava lavorando. Questo il riassunto: in una città dove sparivano improvvisamente tutte le cose da bere e rimanevano solo gli alcolici, cosa mai poteva accadere? Sicuramente gli astemi avrebbero sofferto una sete pazzesca, suggeriamo noi.

Seta, Sete e City in un Sito...

In attesa di apocalissi ancora più spaventose di queste ci accontentiamo quindi di scoprire l’esistenza letteraria di una città (City) dove si muovono personaggi che sono strade. Strade che: "Alle volte iniziavano e morivano in un quartiere, altre attraversavano la città intera, infilzando quartieri e mondi che non c’entravano niente l’uno con l’altro e che pure erano la stessa città". I personaggi di City che non sono strade sono, nell’ordine, un barbiere che il giovedì taglia i capelli gratis, un gigante, un muto, un ragazzino di nome Gould, una ragazza di nome Shell ("e non c’entra nulla con la benzina", avverte Baricco. "Battuta" risponderebbe Fabio Fazio da Quelli che il calcio...), un generale dell’esercito, un professore che scrive un saggio sull’onestà intellettuale ("E’ quello che mi piace di più", naturalmente) e così via. Meriterebbe qualche domanda una presentazione di questo tipo, oppure ritenete, voi che leggete i libri di Baricco, di aver già capito di cosa stiamo parlando? In attesa di una risposta, andiamo avanti: "Volevo scrivere un libro che si muovesse come uno che si perde in una città".Come a dire: se leggendolo lo trovate un po’ confuso, vi aveva avvertito. Poi, per essere più chiaro: "E’ una storia complicata. Non sono mai riuscito a capirci molto".

Esilarante l’accenno all’incipit del romanzo che è una telefonata, "un mezzo moderno". Come se un sito Internet fosse la preistoria del telefono e non il contrario: "Volevo anche mettere uno che mandava un fax, ma non mi è riuscito. La prossima volta". Poi, in piena sindrome Salinger, chiosa: "Non ho ancora capito bene in che modo, ma essere capaci di silenzio è una cosa che c’entra molto con l’essere onesti, se fai un mestiere come il mio (...) Quanto a sparire del tutto, non sono abbastanza onesto – o forte – per farlo. Mi spiace". In attesa di beatificazione...a mezzo stampa.

 

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