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Libri/Il "nuovo" Ammaniti e il suo diciottenne pronto ad azzannare il mondo

Antonella Fiori su Niccolo' Ammaniti

Niccolo’ Ammaniti
"Ti prendo e ti porto via"
Mondadori, pp. 405
29.000 lire

Ci sono storie che sai già come va a finire. Sai già come ti prendono alla gola. E’ scritto dall’inizio che il protagonista, proprio quello a cui senti di affezionarti man mano che la storia va avanti, non ce la farà. Almeno come vorresti tu. Te lo fanno capire da subito, in mille modi. E’scritto dall’inizio che a lui, più di tutti gli altri, succederà qualche cosa che ti lascerà con una specie di rimpianto. Il rimpianto di chi vorrebbe entrare dentro la storia e fermare tutto e dire stop, si ricomincia daccapo. Dategli un’altra possibilità, come al dottor Zivago, che nel film muore senza riuscire a rivedere Lara, un attimo prima di scendere dal pullman e ritrovarla dopo anni. Una scena talmente impressionante che in Palombella Rossa Nanni Moretti l’aveva fatta diventare massimo dramma, allo stesso modo della perdita d’identità causata dal tramonto del comunismo. Pietro Moroni, il ragazzino dodicenne protagonista dell’ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti, "Ti prendo e ti porto via", quattrocento pagine in uscita da Mondadori la prossima settimana, Pietro Moroni, è uno di questi personaggi che lo sai dall’inizio che sono dentro un destino che in qualche modo si deve compiere. Solo che non sai come. Sai solo che per una sua particolare innocenza e per uno sguardo che ha sul mondo, per come parla e per come si muove, è votato a qualche cosa che gli taglierà la vita in due per sempre.

Pietro Moroni è un ragazzino di dodici anni che frequenta le medie in un posto dell’Italia chiamato Ischiano Scalo e il romanzo si apre con lui che viene bocciato a scuola, "non ammesso" e i sogni di noia, di pace, di "vacanze, vacanze, vacanze", si interrompono davanti ai fogli appesi, allo scrutinio finale, con tutte le crudeltà degli amici che sussurrano e non ti guardano e anche la ragazza che conosci da sempre, a cui vuoi bene da sempre, anche Gloria, non capisce e non ti sta vicino. Nessuno può starti vicino. In questa atmosfera già afosa di fine giugno 199... termina l’infanzia di Pietro Moroni, che a casa di Gloria e dei suoi genitori "normali", aveva trovato il primo rifugio da una famiglia un po’ patologica, con un padre "alcolizzato violento", una madre "malata di nervi imbottita di medicine" e un fratello "povero idiota bocciato tre volte". Parole, queste, pronunciate dalla professoressa Palmieri, responsabile in primis della bocciatura di Pietro, della quale Pietro provocherà la morte, dopo essere entrato in casa sua, per spaventarla con una biscia.

Peccato che anche la prof sia a sua volta una vittima, vittima della cartapesta e del mondo spaventoso degli anni 90, con vallette tv in carriera e forzuti macho che si sciolgono grottescamente come neve al sole. Questo mondo, con tutte le sue orrende contaminazioni sentimentali da soap opera e da mostruoso talk show, con citazioni struggenti come "Sei bellissima" di Loredana Bertè, non poteva essere rimosso dal "pulp", le virgolette sono d’obbligo, Niccolò Ammaniti, che in questo romanzo ci regala personaggi come Graziano Biglia, mito di Ischiano Scalo anche perché apparso su Novella 2000 che si innamora di Erica Trottel, cubista che aspira a fare la valletta tv e che invece lui vuol sposare e trasformare in una commessa aprendo con lei una jeanseria con maglioni canadesi (e tutto il mondo naturale e orsacchiottesco che questo comporta). Questo mondo esiste, è il mondo deformato e iperreale in cui continuiamo a vivere e che si intreccia ormai, sfiora paurosamente quello dei ragazzini delle medie come Pietro visto che la professoressa responsabile della bocciatura, la Palmieri, è l’ex fidanzata di Graziano, che, con perfetto tempismo Ammaniti fa ritornare dai tropici all’ovile giusto il tempo per vedere il cadavere della donna uscire da casa.

Rispetto a Branchie, dove il protagonista doveva diventare un pesce per respirare e vivere, o dai racconti di Fango, dove, nella migliore delle ipotesi potevamo sperare, per avere un mondo nuovo, sentimenti nuovi, nell’apocalisse, nell’ultimo capodanno dell’umanità, stavolta Niccolò Ammaniti ci fa sentire ancora di più il rischio del contatto con il mondo da cui da sempre si sente attratto e da cui cerca una via di fuga. Un mondo che non ha ancora contaminato personaggi come Gloria e Pietro che si salva, stando lontano dai suoi genitori e da Ischiano Scalo, restando chiuso per sei anni in un istituto per rieducazione di minori. Pietro che uccide la prof, Pietro che potrebbe tacere e si autodenuncia, prende nelle mani il suo destino. Per cambiarlo, per crescere e per non lasciarci col rimpianto di aver capito troppo tardi, come Zivago. Per poter scrivere a Gloria, sei anni dopo con l’animo leggero di "un uomo di diciotto anni pronto a affrontare il mondo": "Preparati perché quando passo da Bologna ti prendo e ti porto via".

 

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