Libri/L'avventura di Sir Shackleton, salpato
invano alla conquista del Polo Sud
Antonella Fiori
Tre libri in uscita (due in Italia e uno in America) e una mostra
fotografica a New York per raccontare una delle più spettacolari avventure di questo
secolo
NEW YORK. Negli stessi anni in cui il Titanic affondava, senza lasciare
nessuna testimonianza visiva della sua tragedia, un altro obiettivo riprendeva, da varie
angolazioni, nitida, lagonia drammatica di unaltra nave, una nave partita con
unutopia ancora più folle: la conquista dellAntartide a piedi. Le foto della
fine dellEndurance, salpata nellagosto del 1914 alla conquista del Polo Sud
con un equipaggio di 27 persone comandate da sir Ernest Shackleton, sono forse la cronaca,
il reportage più straordinario di unavventura che ci sia giunto in questo secolo.
Immagini che il fotografo Hurley, continuò a scattare fino alla fine, fino
allarrivo, a due anni dalla partenza da Londra, nella Georgia Australe, dove
lEndurance aveva già fatto tappa il 5 dicembre 1914. Immagini che ritroviamo in un
libro americano curato da Caroline Alexander per leditore Knopf, mentre in
contemporanea si tiene a New York una mostra allAmerican Museum of Natural History.
Ultimo idealista-utopista che trascina con sé scegliendole una a una 27 persone che hanno
in lui cieca fiducia Shackleton, morto giovane, a 47 anni, poco dopo la fine della guerra
per infarto, portò a termine questa avventura con una tenacia degna dei grandi
esploratori del passato, da Colombo a Magellano. Irlandese di nascita, era già stato in
Antartide due volte senza riuscire a raggiungere il Polo Sud, conquistato nel 1912 da
Roald Amundsen.

LEndurance, che ottenne il finanziamento di 14.000 sterline,
partì da Londra il giorno in cui lEuropa si incendiava per la prima guerra
mondiale. Costruita con legni di pino e di quercia in un quartiere norvegese, progettata
per resistere nelle acque polari, la nave che aveva a bordo varie mute di cani, 60 in
tutto, due maiali e un gatto, avanzò in mezzo ai ghiacci fino al gennaio del 1915.
"Ogni cosa racconta Shackleton nel suo diario in uscita in Italia da Rizzoli
con il titolo "Ghiaccio" - è avvolta in un aspetto irreale: gli iceberg stanno
appesi in cielo a testa in giù". Le foto di Hurley, che costellano anche
laltro racconto dellavventura appena pubblicato da Corbaccio
"Endurance" di Alfred Lansin, narrano lo stesso paesaggio brillante e irreale,
in cui la nave si staglia con la sua sagoma nera e sinistra
I presagi che la
spedizione possa fallire cominciano a essere molto forti a partire da dicembre. E infatti
il 20 gennaio la nave, che si è addentrata per 1500 chilometri nella banchisa che
circonda la terraferma, è completamente circondata dai ghiacci e bloccata. "Come
tutte le cose buone anche la nostra libertà di movimento doveva finire"
scrive lesploratore che sa che la sua missione è fallita anche perché la nave sta
andando alla deriva verso nord, nella direzione contraria a quella che avrebbe previsto
lattraversamento dellAntartide.
Paradossalmente, mentre fallisce la missione "scientifica",
ha successo limpresa più difficile, quella di tenere uniti i ventisette uomini che
per un anno sopravviveranno in accampamenti di fortuna, arriveranno a mangiare la carne
dei cani, riusciranno a orientarsi solo grazie a una piccolissima bussola tascabile del
comandante Franck Worsley che guiderà la spedizione fino alla fine.
Nel novembre del 1915 la nave sprofonda nel ghiaccio con "un
fracasso enorme", "urlando" prima di inabissarsi. Le foto di Hurley
narrano, come controcanto, il silenzio di questo sprofondare: linquadratura del
vascello che scende lentamente con i cani spettatori allo stesso modo degli uomini sembra
una ricostruzione in studio di un perfetto set cinematografico

Dopo la scomparsa dellEndurance anche il paesaggio intorno
cambia. Non cè più la nave come luogo che contiene le storie. Lunico luogo
è il ghiaccio
Vediamo i campi allestiti sulla banchisa, lunghe file di tende,
uomini non più ripresi in primo o primissimo piano nello svolgimento delle loro faccende
quotidiane. La forza della missione non è più data dalle identità: ora la possibilità
di sopravvivenza, è tutta nel gruppo ripreso da varie angolazioni e prospettive proprio
come prima accadeva per la nave
Shackleton che per molti era solo unidealista pronto a imbarcarsi
in imprese impossibili ma che aveva ottenuto la massima fiducia dai suoi uomini, a questo
punto darà il meglio di sé. Non si perde danimo: pensa sempre a una soluzione
diversa a seconda della situazione, pronto a cambiare idea se le circostanze lo chiedono.
Intanto, nonostante le condizioni disperate non si smette di osservare una routine: la
colazione, il pranzo e finchè si può, la cena. Il piano di Shackleton è quello di
raggiungere unisola a 650 chilometri caricando le scialuppe sulle slitte. Una marcia
che dura solo qualche chilometro. Il piano, infatti, viene ancora cambiato e si decide di
restare accampati fino al disgelo
Quando le scialuppe vengono messe in mare, in aprile, le prime bracciate sono
faticosissime per la mancanza desercizio. Per orientarsi, in mezzo alla banchisa, e
raggiungere Elephant Island, lunico strumento è la piccola bussola del
comandante
Una navigazione a vista nella quale Shackleton dà prova di tutta la sua
duttilità mutando continuamente i programmi: il viaggio è anche una discesa tra le
rapide, con i ghiacci che fondendosi aumentano la pressione, creando un pericoloso slalom
tra i branchi di orche marine che passano vicinissime alle scialuppe in balia delle
correnti, mentre i vestiti la notte gelano addosso
Il racconto della vita nelle tre
piccole barche è impressionante: uomini che non avevano nulla da bere, con le bocche che
si spaccavano dal freddo e le gole arse. E nel costante pericolo di una deriva finale. Due
scialuppe, la Wills e la Caird erano unite tra loro da una corda. Quando le due
imbarcazioni col moto delle onde si avvicinavano, la corda si immergeva nellacqua e
diventava un tubo di ghiaccio. La salvezza degli otto a bordo della Wills dipendeva da
quella corda: se si fosse spezzata la barca sarebbe andata alla deriva

Il viaggio durato sette giorni finì con larrivo a Elephant
Island, dove soffiavano venti a 130 lora e che non poteva certo essere la
destinazione finale
Il viaggio di Shackleton che partì con una sola scialuppa la
James Caird, al timone Worsley, cercando di attraversare lo stretto di Drake per arrivare,
percorrendo 1300 chilometri, la Georgia Australe, è ricordato oggi come una sfida contro
ogni legge di sopravvivenza umana. Una traversata di 17 giorni salendo e discendendo
attraverso i marosi di Capo Horn da cui lirlandese uscì vincitore assieme al
comandante che azzeccò perfettamente la traiettoria dellisola, tornando a
recuperare quattro mesi più tardi, gli altri uomini della spedizione a Elephant Island.
Sono due le pagine bellissime in questo finale, da leggere una accanto allaltra. La
prima è nel diario di Shackleton che arriva davanti al comandante norvegese, suo vecchio
amico e il comandante non lo riconosce, come la nutrice non riconosce Ulisse, quando torna
dopo ventanni dalla guerra di Troia. Finchè il comandante scoppia a piangere quando
lesploratore dice il suo nome. E poi una foto
Siamo sullisola di Elephant
e limmagine non ha nulla di quelle nitide scattate in precedenza. In lontananza si
vede una barca che arriva: sulla spiaggia un gruppo di uomini saluta di spalle. E il
30 agosto 1916, il giorno della salvezza, dopo quattro mesi passati sullisola. Ed è
anche lultima foto di Hurley. Lultimo scatto, custodito tra i ghiacci, in
mezzo alle rapide, alle orche... Non sapeva se sarebbe stato un lieto fine. Ma gli mancava
uninquadratura: doveva finirlo, Hurley, il suo film.
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