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Libri/I fuochi di Bourdieu contro il Tietmeyer-pensiero


Giancarlo Bosetti

 

Arrivano insieme in libreria due dei volumi che hanno fatto la fortuna editoriale di Pierre Bourdieu in Francia. Uno esce da Feltrinelli (La dominazione maschile), l’altro per i Libri di Reset (Controfuochi, prefazione di Rossana Rossanda). Si tratta di due dei titoli della collana "Raison d’agir" che il sociologo ha avviato da qualche anno e che si è affermata prima di tutto con il libretto "Sulla televisione". Del radicalismo delle tesi di Bourdieu molto si discute, da quando nel 1995, mentre era in corso un durissimo sciopero generale del pubblico impiego contro le riforme del governo Juppé, si schierò con gli scioperanti. Lo fece in netta contrapposizione anche con quegli intellettuali che, da posizioni progressiste e vicine ai socialisti, aderivano all’iniziativa del governo di centrodestra e contrastavano le posizioni "corporative" e "conservatrici" dei sindacati. Non proprio da solo dunque, ma molto isolato nel mondo della cultura, Bourdieu tenne una posizione decisamente controcorrente. Rifiutava di far propri gli argomenti liberali, denunciava lancia in resta il "pensiero unico", sfidava gli argomenti "ragionevoli" di coloro che, da sinistra, facevano a suo avviso troppe concessioni alla logica delle banche centrali, alla convergenza di Maastricht, ai dogmi del Tietmeyer-pensiero. L’attacco alle idee simbolizzate dal presidente della Bundesbank è uno dei pezzi più pesanti dell’artiglieria di "Controfuochi", la raccolta dei testi politici che hanno accompagnato la crescita della sua popolarità in Francia insieme agli attacchi di molti intellettuali (specie quelli dell’area "Esprit") che non gli perdonano la "slealtà" di aver cavalcato temi popolari mentre loro si stavano sforzando di far digerire ai sindacati il costo della modernizzazione economica della Francia. Non c’è dubbio che Bourdieu non risparmia colpi al senso comune degli economisti e degli imprenditori, come quando si scaglia contro gli elogi della precarizzazione del lavoro: mentre il mondo intero va esaltando il valore della flessibilità, mentre non c’è convegno dove non si recrimini contro la cultura del posto fisso, Bourdieu procede in senso contrario.

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È facile riconoscere che i governi europei di centrosinistra non avrebbero potuto far propria la piattaforma del sociologo francese, perché in quel caso non sarebbe nata la moneta unica, Maastricht sarebbe il puro ricordo di un sogno svanito, e forse staremmo tutti peggio. D’altra parte bisogna però riconoscere che la sua battaglia politica si mise in moto quando il Partito socialista era ancora in una crisi senza sbocchi e che la direzione in cui la sinistra francese avrebbe recuperato i voti per tornare al governo era più quella indicata da Bourdieu che quella indicata dalla riforma di Juppé. E infatti, una volta girata la boa dell’Euro, molti politici del tutto responsabili hanno cominciato a riconoscere che il prezzo pagato per allineare i paesi europei ai parametri della convergenza era stato molto, forse troppo alto. E voci in tal senso hanno cominciato a sentirsi non solo dall’estrema sinistra ma anche da parte di economisti liberali, anche se di diversa ispirazione, come Franco Modigliani e Amartya Sen. Ma, ancora più che nel radicalismo delle sue posizioni politiche, l’interesse per le pagine di Bourdieu sta nel nesso che le unisce alla sua riflessione sociologica, sulla cui importanza e originalità insiste Rossana Rossanda nella prefazione di "Controfuochi", e di cui l’Unità ha detto varie volte in passato. Queste pagine serviranno almeno a impedire che molti concetti correnti della retorica neoliberale vengano adottati senza una preliminare meditazione critica. E poi aiuteranno ad avvicinare un autore la cui importanza nello sviluppo del pensiero sociale di questi decenni non può più essere trascurata come è purtroppo accaduto in Italia. Sia La distinzione, che Ragioni pratiche, pubblicate negli anni passati dal Mulino hanno avuto una circolazione molto scarsa. Le Meditazioni pascaliane, uscite più di recente da Feltrinelli hanno riproposto la visione filosofica di Bourdieu ed i concetti fondamentali della sua riflessione, che tornano in La dominazione maschile. In quest’ultimo lavoro i rapporti di potere sono esaminati nelle relazioni di genere al loro formarsi originario. Bourdieu utilizza i materiali di suoi vecchi studi sui Kabila e vi applica il principio dell’"habitus", vale a dire quell’insieme di schemi di

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comportamento, forme di espressione, attitudini che entrano a far parte del corpo stesso e attraverso i quali i modelli culturali vengono interiorizzati e vissuti. Questa "incorporazione" si manifesta, secondo Bourdieu, nella subordinazione femminile. Lungi dal ritenere gli squilibri di potere nei rapporti tra uomini e donne l’effetto di una differenza biologica, secondo una visione darwinistica che sta riprendendo piede in area anglosassone, il sociologo del Collège de France procede in direzione opposta (anche qui) e sostiene che sono i rapporti di potere definiti su base culturale e storica ad introfularsi nel corpo e ad assumere le forme di una differenza naturale. In una fase di ripiegamento del femminismo (e dei sindacati) i controfuochi di Bourdieu non potrebbero essere più "contro".

 

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