Caffe' Europa
Attualita'



Libri/Storia del giallo, del noir, del thriller


Francesco Roat

 

Yves Reuter, Il romanzo poliziesco

Armando Editore, pp.121, L.15.000

 

 

E’ la storia di Edipo il primo racconto poliziesco, se è vero che il thriller nasce all’insegna dell’enigma e del delitto?

Solo in parte, risponderebbe Reuter – specialista del genere, nonché autore di due saggi sull’argomento –, in quanto la tragica vicenda dell’uomo che ha ucciso il proprio padre, infranto il divieto d’incesto e risolto il rebus mortifero della Sfinge manca di una figura essenziale: l’investigatore (privato o meno, poco importa), il poliziotto appunto, da cui deriva il nome di questa specifica tipologia letteraria. E che i romanzi polizieschi siano da tempo usciti dal ghetto della scrittura di serie B e promossi a testi letterari è ormai fuori discussione; si pensi solo ad autori che si sono cimentati splendidamente in tale ambito: da Borges a Simenon, al nostro Camilleri.

Comunque dal punto di vista storico il giallo nasce fra otto e novecento in USA, Inghilterra e Francia, con Poe, Sir A.Conan Doyle (il padre di Sherlock Holmes), M.Leblanc, ideatore del ladro gentiluomo Arsenio Lupin, e la coppia P.Souvreste-M.Alain, responsabili d’aver creato il diabolico Fantomas. All’inizio la struttura del romanzo-enigma è duale, bipartendosi in due ramificazioni testuali: la storia del delitto e quella dell’investigazione; con un’ipertrofia della seconda a tutto scapito della prima. Ciò che conta non è infatti quanto avviene anteriormente all’indagine o dopo la sua soluzione, bensì il gioco intellettuale della caccia agli indizi. Il delitto è perciò un pretesto – sottolinea Reuter – e il castigo un post-testo.

Diverso l’aspetto del genere noir, più moderno, dove elemento essenziale è l’adrenalina messa in circolo ed in cui azione, rischio, morte e violenza sono onnipresenti. Qui il detective, vero e proprio geometra del labirinto cittadino (per dirla con A.Lacombe), è un lupo solitario che si avvale più del proprio fiuto e dei propri muscoli che di deduzione e ragionamento. Il mondo del noir – scrive Reuter – è sempre urbano e la metropoli, simbolo di "mobilità fisica e sociale, di apertura di possibilità lecite e illecite, raffigura e concentra questo universo".

Il_romanzo_poliziesco06.JPG (32277 byte)

Variante del noir o sua evoluzione: il romanzo di suspense, in cui il delitto principale è virtualmente sospeso in quanto minaccia come una spada di Damocle il o i protagonisti. L’intreccio ruota quindi attorno a un pericolo incombente, un’esecuzione annunciata o un atto terroristico da sventare. E se il noir classico è tutto giocato sull’azione e sul corpo (da uccidere o da sedurre), il suspense quantunque non difetti di scenari thrilling risulta maggiormente attento alla psicologia dei personaggi; in primis del colpevole, ormai non più "cattivo" ma psicopatico: vittima pure lui, in un certo qual senso.

Ma l’aspetto più accattivante di questo saggio non è tanto la disamina sul genere o la pur valida analisi stilistico-strutturale di quegli scrittori che si situano fra intrattenimento e letteratura, quanto piuttosto il tentativo di rispondere al perché del fascino del thriller, che sta forse nel suo ambito inquietante, legato com'è ad assassini e illegalità; insomma al lato notturno, trasgressivo e ferino delle passioni più inconfessabili o più folli. Non va sottovalutata poi l'identificazione che può scattare nei confronti dei personaggi dei perdenti: i cosiddetti losers del noir. Questi antieroi così postmoderni, che lottano sì, ma senza l'illusione di far trionfare il bene sul male. Inoltre da sempre il thriller, nel suo instaurare un sospetto generalizzato dove "non esiste più certezza né chiarezza", mostra un orizzonte comune a quello odierno: tanto incerto e segnato da una ricerca d'identità e di senso sempre sfuggenti.

Ma è la continua elaborazione di thanatos, della pulsione di morte, a costituire secondo Reuter la segreta attrattiva del racconto poliziesco grazie al quale il fruitore di gialli o noir può concedersi brividi a iosa, pur essendo perfettamente consapevole di assistere a finzioni che suggeriscono scenari inquietanti di realtà possibili, ma che rimangono entro confini cartacei ed appunto per ciò rassicuranti. In effetti il thriller schiude un osservatorio protetto attraverso il quale sbirciare, senza tema di restarne impietriti, il sembiante terrifico della medusa. Così il racconto poliziesco rendendo esplicita l’angoscia, paradossalmente finisce per esorcizzare la fobia della morte proprio attraverso l’ossessiva proposta di sue macabre figurazioni, che giusto in quanto tali risultano tollerabili perché riferite non già al qui ed ora dell’attualità vissuta in prima persona, bensì all’altrove dell’immaginario.

Infatti se è vero che, come scrive Dostoevskij, "l’uomo oltre a volere la felicità, ha un uguale, identico bisogno anche della sventura", allora il thriller diviene occasione d’insegnamento morale: per dare uno sguardo all’aspetto misconosciuto ed autodistruttivo della nostra anima; per misurarci con la sofferenza e con l’idea intollerabile dell’esser destinati un giorno, e non per fiction, a venir meno.

 

 


Archivio libri

 


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo