Libri/DeLillo: Che brutto risvegliarsi dal
sogno americano
Paolo Marcesini
"La violenza di oggi? E figlia della fucilata di Oswald che
a Dallas, un giorno di molti anni fa, uccise il Presidente degli Stati Uniti. Morì
Kennedy e con lui morirono anche molte delle nostre speranze".
Finalmente un libro che non diventerà mai un film. Viene in mente
questo leggendo le novecento pagine di "Underworld" (Einaudi, in uscita in
questi giorni), il racconto impietoso degli ultimi cinquantanni di storia americana
vista attraverso gli occhi altrettanto impietosi di Don DeLillo, scrittore cult americano
di origini italiane, autore tra gli altri di "Americana" e "Rumore
bianco" (entrambi editi da Einaudi). Si inizia dal 3 ottobre del 1951 quando al Polo
Grounds di New York si gioca la leggendaria partita di baseball tra i Giants e i Dodgers.
La palla "storica" con cui viene battuto il fuoricampo che da la vittoria ai
Giants arriva nelle mani di un ragazzino, mentre Bobby Thomson, il capo dellFbi,
riceve la notizia che lUnione Sovietica ha lanciato una bomba atomica. E saranno
proprio quella palla da baseball e la paura-speranza per una guerra mai combattuta a
tenere unite decine di destini diversi, uomini e donne, serial killer e predicatori
televisivi, umoristi ebrei e mafiosi italiani. Storie, insomma, che vanno a costruire
laffresco di un paese che, con la fine della guerra fredda, ci dice DeLillo, sembra
aver perso la propria identità.

Don DeLillo, cosa ha significato per la sua generazione e per lei in
particolare il sogno americano?
"Sono figlio di immigrati italiani, per me realizzare il sogno
americano significava fare meglio dei miei genitori. La loro è stata una generazione che
ha lavorato molto per migliorare le condizioni di vita dei loro figli. In quegli anni
tutti volevano migliorare il loro futuro. E già allora mi chiedevo, la cultura e la
società saranno capaci di recepire questo movimento di massa in avanti, il progresso
esponenziale allinfinito? Negli ultimi dieci anni, per la prima volta, i giovani
hanno iniziato a pensare che forse non sarebbe stato possibile fare quanto i loro genitori
o addirittura meglio. La consapevolezza che il processo di evoluzione era finito, che il
patto sociale si era interrotto, ha disorientato unintera generazione, una
generazione che alla fine ha cercato altrove ragione del proprio essere.
Dallincanto, siamo passati al disincanto. Eppure quel sogno, che
è stato tradito dallevoluzione, negli Stati Uniti viene ancora alimentato e
propagandato.
Gli Stati Uniti hanno bisogno di un motore a cui credere, con cui
alimentare la propria consapevolezza, la propria grandezza. Oggi il sogno americano si è
trasformato in un modo come un altro per far soldi. Dopo la fine della guerra fredda, il
denaro è diventato un valore sostanziale, dogmatico, abbiamo assistito allavvento
del postmoderno, del materialismo, viviamo in una società dove la grandezza è
determinato dal valore delle cose. Si da molta importanza alla personalità, alla
celebrità, allo scandalo. E questo, anche se è molto americano, non è più un sogno, ma
uno spettacolo senza senso. E come aprire il sipario sul vuoto. E come
definire la civiltà attraverso linciviltà.
E per questo suo rifiuto dello stato delle cose che è molto
amato dalla giovane generazione di narratori americani?
Ho scritto e scrivo in un periodo storico molto particolare per la
storia del mio paese. Dubito che il mio lavoro sarebbe stato lo stesso o addirittura
possibile prima dellassassinio di Kennedy. Gli scrittori più giovani forse mi
invidiano perché vorrebbero vivere in unepoca più interessante, e hanno ragione.
Oggi la realtà è frammentata, difficile da cogliere e da raccontare. Stiamo andando alla
deriva, non esistono più certezze misurabili, non esistono più scontri dai contorni
netti. Viviamo come in paranoia, contemporanei di un periodo di transizione, dominato
dalla religione delle nuove tecnologie e in attesa di quello che verrà.
Come è cambiato il suo paese dopo la morte di Kennedy?
Dopo lattentato, abbiamo scoperto un mondo pieno di ambiguità e
falsità. Qualcuno ci aveva tradito. Lo stesso disorientamento lo abbiamo provato con la
guerra nel Vietnam. Negli anni sessanta tutta la nostra cultura è profondamente cambiata.
In Underworld racconto questo processo di mutazione attraverso il personaggio di Larry
Bruce, una delle fonti principali della mia ispirazione, assieme al jazz, James Joyce e
alcuni film italiani. E stato lui a ridefinire il linguaggio, a sublimare la
volgarità, a parlare liberamente di sesso, a dire cose importanti sulla multirazzialità.
Non dobbiamo dimenticare che quelli erano anni pieni di conformismo.

A un certo punto della narrazione appare anche una foto di Marilyn
Monroe...
Quella fotografia di Marilyn che la ritraeva quando ancora era una
modella sconosciuta, evocava una immagine molto potente. Ogni uomo, guardandola, pensava
di poterla salvare. E la metafora di un paese, di una generazione. Non poteva non
esserci nel mio libro.
"Underworld" è prima di tutto un romanzo complesso, di
difficile lettura. Perché ha scelto una forma stilistica così complicata.
Perché la natura umana è complessa e la società in cui viviamo è
difficile da rappresentare. Il romanzo segue e riproduce il flusso della memoria. Sapevo
che scrivendolo sarei tornato a rivivere la mia adolescenza nel Bronx. E ho pensato: è un
po come se questa storia lavessi scritta per tutta la vita. Volevo prestare
fede al romanzo stesso, a quella forma narrativa straordinariamente generosa che permette
allo scrittore di inserire la storia dellumanità allinterno della vita di
ciascuno di noi. Volevo insomma rappresentare la forza e il vigore della letteratura. Non
ho scritto un romanzo, è il romanzo che aspettava di essere scritto da me. Ci siamo
incontrati, ed è stato lincontro più emozionante e piacevole della mia vita.
Perché ha deciso di dedicare la sua vita alla scrittura?
Si da ragazzo mi consideravo uno scrittore, ma non scrivevo quasi
nulla. Lo ero in teoria. Solo a trentanni ho iniziato a considerarlo seriamente un
mestiere. Ho pubblicato il mio primo romanzo e da allora non mi sono voltato più
indietro. Volevo catturare il mondo che viveva attorno a me, dare un senso a ciò che
vedevo, definire una nuova dimensione alla realtà, cercare la bellezza nel linguaggio
perché il linguaggio, per me, è più importante della storia e della politica. Poi ho
capito che scrivendo capisci chi sei veramente ed è stata questa la scoperta più
importante.
Qual è oggi la funzione della letteratura?
Quella di rispondere di nuovo alle grandi domande delluomo. Per
molto tempo gli scrittori si sono sentiti dire che il loro lavoro sarebbe stato
sopraffatto dalle immagini, che il romanzo stava morendo. In realtà il romanzo è
lunico strumento in grado di cogliere lessenza vera della contemporaneità. Il
cinema e la televisione dipendono infatti da un profondo desiderio di narrativa insito da
sempre nelluomo. E il desiderio di narrativa arriva solo dalla parola scritta. Se
morirà il romanzo, allora morirà anche il cinema.
Qual è la sua personale definizione di letteratura?
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