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Una storia di ordinaria infamia



Francesco Moroni



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Antonio Franchini, L’abusivo, Edizioni Marsilio, 249 pp, lire 28 mila

Leggendo L'abusivo di Antonio Franchini si ha l'impressione di ritrovare quel felice equilibrio tra narrazione letteraria e inchiesta giornalistica che pochi scrittori hanno saputo realizzare. Il pensiero va a Il giudice ragazzino di Dalla Chiesa o ad Un eroe borghese di Stajano, libri di grande impatto civile e letterario, capaci di restituire la temperie politica e culturale di una fase drammatica della vita del nostro paese, partendo da un tragico fatto di cronaca.

L'"abusivo" descritto da Franchini è Giancarlo Siani, giovane cronista napoletano che lavorava senza contratto per Il Mattino. Siani fu ucciso il 23 settembre del 1985 da due killer della camorra, perché in un suo articolo aveva ipotizzato che il clan dei Nuvoletta avesse "venduto" il boss Gionta.

Una storia di ordinaria infamia, per eliminare un giornalista scomodo, che amava ragionare, dedurre, approfondire. Ma il delitto Siani non è solo questo. E' anche il contesto sul quale non si farà mai piena luce, è lo specchio di una città, Napoli, che l'autore ha abbandonato da tempo e ha cercato di ricostruire con il suo romanzo - non romanzo, singolare impasto di riflessione autobiografica, indagine sociologica e reportage giornalistico.

C'è una verità processuale (la condanna definitiva dei mandanti e degli esecutori dell'omicidio), che non esaurisce il desiderio di conoscenza di Franchini, napoletano emigrato a Milano, che fa i conti con il suo passato, con la scelta della letteratura vissuta con un senso di colpa e di rimorso nei confronti dell'amico Siani, con cui aveva intrapreso inizialmente la strada più rischiosa del giornalismo.

Nelle pagine di questo libro Franchini intreccia una fitta ragnatela che avvolge il lettore, tra testimonianze, atti processuali, verbali di interrogatori, inserti biografici che convivono in un caleidoscopio di registri stilistici e linguistici. E mentre si dipana la storia tragica di Siani, con il suo carico di spietatezza, emerge tra le righe un dolente autobiografismo che domina la storia parallela di Franchini.

Il familismo matriarcale vissuto e narrato dall'autore, fatto di violenti battibecchi tra la madre e la nonna ultranovantenne, tratteggia l'immagine di un microcosmo degradato, che con i suoi drammi sceneggiati riflette - credo - la vigliaccheria e la quotidiana umiliazione di un luogo che neppure Franchini sente più suo.

Dopo le prime cento pagine, l'opera può apparire disarmonica e poco equilibrata nel passaggio quasi repentino alla ricostruzione del caso Siani. Tuttavia, anche le liti familiari, al pari delle testimonianze e delle interviste raccolte da Franchini, sono funzionali all'indagine di un contesto che l'io narrante tenta di inquadrare con sguardo ormai disincantato.

E così - sottolinea Raffaele La Capria - "quel che più ci commuove non è solo la storia di Siani, ma la storia di un ragazzo che come Siani voleva fare anche lui il giornalista e che ha lasciato la sua città, ed ora indagando sulla morte dell'amico capisce perché l'ha lasciata e perché non può più ritornarvi".

Un libro bellissimo e amaro, una riflessione sincera sull'etica, sulla giustizia, sul rapporto tra giornalismo e letteratura. Il bilancio di due vite e, forse, di una città e di una generazione.



Link:

La scheda del libro "L'abusivo"

Da "clarence.com", intervista a Antonio Franchini



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