Recensione/Voli 
             
             
             
            Paola Casella 
             
             
             
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            Recensione/Voli
             
            Ogni volta che un essere umano racconta il proprio rapporto con gli
            animali, inevitabilmente dice più di sé che delle creature che
            descrive. Succede anche a Elena Gianini Belotti, che in Voli (Feltrinelli)
            ricrea per noi il suo piccolo zoo quotidiano e allo stesso tempo
            traccia il ritratto di una donna cocciuta, indomita, curiosa del
            mondo. 
             
            La bella testa libera e coraggiosa, quella che negli anni Settanta
            firmava una pietra miliare della letteratura femminista come Dalla
            parte delle bambine (e la ex bambina che scrive ben ricorda
            quale orgoglio di sé ispirava quel titolo), è oggi una signora non
            più giovanissima, che, gagliarda, è andata a vivere da sola in una
            casa della campagna senese, lontana dalle comodità, a stretto
            contatto con un mondo regolato da leggi che non sono quelle degli
            uomini, e quando le chiedono se non ha paura a restare in cima a una
            collina da sola risponde:"Paura di che?". 
              
             
            Scopriremo poi che Elena, abituata a cautele metropolitane, si
            spaventa a morte quando trova sulle scale una biscia sgozzata e una
            testa mozza di topo, pensando al malvivente e magari al maniaco
            sessuale prima di rendersi conto che la mente criminale è una
            volpe, e dice a se stessa: "Forse farei meglio ad arrendermi e
            a tornarmene in città". E che davanti alle cornacchie che
            prendono di mira la sua finestra si domanda: "Chi mi dice che
            non assaliranno anche me, un giorno o l'altro, come gli uccelli di
            Hitchcock?". 
             
            L'autrice attribuisce spesso alla fauna che la circonda pensieri,
            emozioni, motivazioni comportamentali che appartengono a lei più
            che all'osservazione scientifica, ben sapendo che "quando
            attribuiamo al comportamento degli animali i nostri sentimenti e
            intenzioni di esseri umani, sforiamo spesso nel ridicolo". E
            l'ironia, leggera e irresistibile, colora tutti i suoi racconti, che
            dipingono in primo luogo lei, poi tutto il bestiario - umano e
            animale - che la circonda con uguale affetto e divertimento. 
             
            Così facciamo la conoscenza non solo di rondini e topolini, istrici
            e civette, la ghiandaia Chichibio e il pollastrino Piripicchio, ma
            anche del padre di Elena, che le ha trasmesso l'amore per la
            campagna e per gli animali da cortile, della madre e il suo
            odiatissimo gatto, del marito tanto amato da Chichibio (e da Elena,
            si sente), l'amica barricadera che, come l'autrice, ha scelto la
            vita solitaria in campagna, il vicino cacciatore, ma simpatico. 
              
             
            Ciò che più diverte è la descrizione della convivenza fra
            l'autrice e gli animali, una convivenza negoziata giorno dopo
            giorno, una "contesa territoriale" che funziona per
            cedimenti progressivi - da parte dell'essere umano, prevalentemente.
            Così assistiamo alla graduale rassegnazione dell'autrice
            all'invasione della sua casa da parte di una famigliola di rondini,
            con tanto di accumuli fecali che trasformano la "linda cucina
            in un puzzolente pollaio" (perché l'etologa Gianini Belotti
            non ci risparmia alcun dettaglio sgradevole, soprattutto quando
            parla di "polpette maleodoranti"). "Che cos'era mai
            un po' di sporco e un po' di disordine in confronto a un'esperienza
            tanto rara?". 
             
            Ma la parte del leone la fanno le domande che la curiosissima Elena
            si pone continuamente di fronte ai suoi vicini, soprattutto gli
            uccelli, i suoi preferiti. Ce la immaginiamo, mentre parte in
            esplorazione col suo manuale sotto il braccio, "per confrontare
            con i disegni le filze girovaghe delle orme dei cani stampate sul
            terreno, nella speranza e nel terrore che appartengano ai
            lupi". 
             
            Su tutto domina l'incanto che l'autrice non smette di provare per
            "le intrusioni di animalini" che le fanno compagnia mentre
            prende il caffè, e per gli animali stessi: l'upupino troppo
            intraprendente, la volpe astuta, le gazze, i pipistrelli, e il
            barbagianni che per primo ridesta un'atavica curiosità nei
            confronti del regno animale. 
             
             
             
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