Arte e umanità
Nicola Lecca con Angelica Alemanno
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Lo scorso 9 ottobre, presso la libreria BIBLI, nel cuore di Trastevere,
la casa editrice Marsilio ha organizzato l’incontro di presentazione
dell’ultimo romanzo di Nicola Lecca: Ritratto Notturno.
Potrebbe sembrare un incontro qualsiasi, di quelli in cui spesso ci s’imbatte,
anche solo casualmente, nelle calde stanze moquettate dei numerosi
Centri Culturali della capitale. La particolarità, però, in questo
caso, è che l’autore, al suo secondo libro, è un giovanissimo
cagliaritano di 24 anni, amante della musica e della filosofia, fine
narratore di atmosfere notturne. E di notte ha scritto prevalentemente
il suo Ritratto Notturno, appunto, che è stato presentato da
Dacia Maraini.
Un incontro piacevole e poliedrico, condito dai commenti ironici e
autoironici dello stesso Lecca, che ha potuto godere di una messa
in atto delle proprie parole attraverso le calde voci di due
attori particolarmente coinvolti nell’iniziativa: Raffaella Azim e
Giuseppe Moretti. La prima presentazione di Ritratto notturno è
avvenuta a Cagliari, e come dice l’autore, i presenti erano quasi
tutti amici, conoscenti, persone vicine per ragioni “fisiche” a
Lecca. A Roma invece, la platea di lunedì era composta quasi
esclusivamente da intellettuali giunti a Bibli appositamente per
conoscere il giovane scrittore: tra gli altri Piera Mattei e il
regista Alessandro Colizzi con la moglie Silvia Cossu, anche lei da
poco edita da Marsilio con La vergogna.
La Maraini ha introdotto il dibattito definendo lo stile di Lecca come
anti-giovanilistico, e parlando del suo “tono delicato ricco di
preziosismi nostalgici, attento a descrivere accuratamente la
sensualità di un corpo che desidera qualcosa che accarezza col palato”.
La particolarità di questo autore, secondo Maraini, starebbe dunque
nel non narrare nulla attraverso uno sguardo “moderno”, un
linguaggio quotidiano e “giovanile”, bensì nel farsi portavoce di
una sensibilità antica, raffinata, “preziosa".
Nel corso di quest’incontro si è parlato anche della musica, musa
ispiratrice di Lecca, che, presente come tematica dominante (la
Maraini l’ha definita la “vera protagonista”) nel primo libro
del giovane autore, Concerti senza orchestra, diviene ora
evento catalizzatore in Ritratto Notturno, una sorta di
fautrice di incontri imprevisti. E l’autrice ci ha narrato come sia
difficile parlare di musica, ricordando come lo stesso Proust facesse
ricorso a continue metafore come unico mezzo per descrivere questa
ineffabile forma d’arte.
La musica di Ritratto Notturno è come un linguaggio cifrato,
ha continuato la Maraini, che unisce i personaggi e i lettori in un
segreto linguaggio sotterraneo, che finisce per diventare, per
Anne-Rose, la protagonista del romanzo, un modo per “rappresentarsi”;
la musica diviene uno strumento comunicativo che lascia tracce che
seguiamo e dalle quali ci facciamo condurre, anche solo per il gusto
del suono della parola.
Anche noi poniamo alcune domande al giovane autore.
La citazione, letteraria, musicale, o appartenente al mondo dell’arte
figurativa, sembra essere la cifra del suo stile. Che valore ha per
lei?
Anne-Rose ama in modo esagerato il Requiem di Britten (uno dei più
noti compositori contemporanei britannici, autore nel 1962 del Wan
Requiem per coro e orchestra, nda) e lo ascoltava in continuazione.
Questo pezzo, unico nel suo genere per la capacità di esprimere la
disperazione, doveva secondo me essere l’anello di congiunzione tra
i due personaggi. Così il valore di quella citazione è per me quello
di restituire emozioni che già espresse in un modo irripetibile,
unico. Inoltre per me questo è un modo di manifestare il profondo
rispetto che nutro per gli autori del passato e per le loro opere.
Il tema del genio, sembra anch’esso esserle molto caro. Genio
come “colui che riesce a far intravedere il sublime”, e che serpeggia
in entrambi i suoi romanzi, sia come condizione cui i personaggi
anelano, sia come luogo esistenziale nel quale si muovono. Cosa
significa per lei “essere genio”?
Zimmermann (filosofo di estetica austriaco, d’impostazione
formalistica, antihegeliano e antivischeriano, nda), si preoccupò di
demolire la concezione stantia di "genio" ereditata da Kant,
cui lei fa riferimento. Quello che Zimmermann rilevava è che la
qualità prima e semplice del genio è quella di notare cose che in
genere agli altri sfuggono, sensibilizzando l’attenzione comune su
ciò che spesso passa inosservato. Capita però che da bambini, i
cosiddetti “geni” siano schiacciati dal peso della propria
sensibilità, osteggiati e canzonati dagli altri.
Come ha accolto il suo improvviso successo, a soli 25 anni?
Scrivo prevalentemente per me stesso, ma poco tempo fa ho avuto l’occasione
di riflettere sull'impatto che la scrittura può avere sul pubblico. L’occasione
me l’ha data una lettera inviatami da una donna malata di tumore al
cervello. Mi ha scritto che la sera prima di entrare in sala
operatoria, per ingannare il tempo, si è letta il mio libro, e l’ultimo
pensiero prima dell’anestesia è stato questo: “Se non mi
sveglierò più sono contenta di aver speso bene l’ultima sera della
mia vita”. Credo che oggi, per me, scrivere, abbia acquistato un
valore diverso, anche grazie a doni come questo.
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