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Segnalazione/Sebastião Salgado "In cammino"

 


Alessandro Lanni



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Mercoledì 28 giugno è stata inaugurata alle Scuderie papali a Roma la mostra "In Cammino" di Sebastião Salgado. L'esposizione, curata da Lélia Wanick Salgado, è stata presentata dall'Agenzia per il Giubileo in collaborazione con l'agenzia fotografica Contrasto.



Così Salgado: "Probabilmente ciò che mi ha spinto a iniziare questo progetto è il fatto che io stesso ho passato la vita in cammino. Sono nato in una tenuta agricola di Minas Gerais, uno Stato rurale del Brasile. Quando avevo 5 anni la mia famiglia si trasferì nella cittadina di Aimorés. A neanche vent’anni andai a Vitoria, la capitale dello Stato di Espirito Santo, per completare il liceo e frequentare l’università. Dopo aver conosciuto la mia futura moglie Lélia, ci siamo stabiliti in una metropoli, Sao Paulo, dove ho proseguito gli studi per diventare economista. Poi nel 1969, quando il Brasile era governato dai militari, siamo partiti per l’Europa e abbiamo scoperto di essere ormai un po’ rifugiati, un po’ immigrati, un po’ studenti. Trent’anni dopo, abitiamo ancora in un paese straniero. Non sorprende quindi il senso di identificazione e persino di complicità che provo per gli esuli, gli emigranti, la gente che si rifà una vita lontano dal luogo dov’è nata."


Dal 1993, in trentacinque Paesi sparsi per il mondo, il fotoreporter, con l'agenzia Amazonas, ha lavorato a una idea: raccontare per immagini l'umanità in cammino, il fenomeno ormai planetario delle migrazioni e degli spostamenti dei popoli. I cinque capitoli in cui si articola la mostra raccontano molte storie. Ci sono le recenti tragedie africane, l'Asia e l'esplosione delle sue megalopoli, i movimenti di popolo dell'America Centrale e Meridionale. Ci sono gli emigranti messicani e russi verso gli Stati Uniti e i rifugiati afgani e dell'ex Jugoslavia. C'è poi la straordinaria galleria di ritratti di bambini che ha ispirato la poesia "Migranti" al Nobel Derek Walcott (vedi articoli collegati).

Inseguendone gli itinerari nel mondo, l'obiettivo di Salgado scorge anche i percorsi interiori dei popoli in cammino. Ogni foto lascia da parte sentimentalismi e compassione per affondare lo sguardo nel diverso stato d'animo degli uomini. Attesa e sfinimento: questa è la lingua che parlano i volti dei curdi in fuga. Fierezza: è scritta negli occhi delle donne del Mozambico che tornano al lavoro dopo anni di esilio dalle loro terre a causa della guerra civile. Rabbia: per gli zapatisti in Messico e il movimento dei "senza terra" in Brasile, che lottano per il lavoro e la terra.


Milioni di uomini e di donne in movimento. Alcuni lasciano il passato con la speranza di costruirsi altrove una vita migliore. Per un certo verso scelgono di spostarsi. Altri fuggono costretti dalle guerre, dal terrore a trovarsi nuove terre dove abitare, magari rimpiangendo un passato di tranquillità.

Le ragioni di questa esposizione vanno così ben oltre la storia personale. "Si tratta di una mostra a carattere eminentemente politico", ha tenuto a precisare Salgado nel suo discorso di presentazione della mostra a Roma. Esistono foto storiche, come quelle della bambina vietnamita sfigurata dal napalm o quella dello studente cinese solo di fronte ai carri armati in piazza Tien An Men, che hanno funzionato da denunce, si sono rese metafore di un senso politico inequivocabile. E in questa chiave andrebbero guardate e pensate, secondo l'autore, le immagini che fino al 3 settembre rimarranno esposte nello spazio espositivo che affaccia sulla piazza del Quirinale. Per non dimenticare che l'85 per cento dell'umanità vive nelle condizioni testimoniate dai reportage di Salgado.


Alla mostra è collegato anche il convegno "Migrazioni. Scenari per il XXI secolo'', che si svolgerà a Roma dal 12 al 14 luglio. E' previsto l'intervento, tra gli altri, del premio Nobel Amartya Sen.




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