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Derek Walcott



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Questa poesia inedita
ispirata alle immagini di Sebastićo Salgado č stata letta in occasione dell'inaugurazione della mostra fotografica "In Cammino"

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Questa poesia inedita ispirata alle immagini di Sebastićo Salgado č stata letta in occasione dell'inaugurazione della mostra fotografica "In Cammino"

L'onda della marea dei rifugiati, non un semplice passo di oche/
selvatiche, gli occhi di vagoni merci, le facce/
smunte, e in particolare lo sguardo fisso dei bambini/
emaciati, gli enormi fardelli che traversano i ponti, gli assali/
che cricchiano con un suono di giunture e di ossa, la macchia scura/
che passa le frontiere sulle carte geografiche e ne dissolve le forme,/
come succede ai corpi morti dentro le fosse di calce, o come/
fa il pacciame luccicante che si disfa sotto i piedi in autunno/
nel fango, mentre il fumo di un cipresso segnala Sachenhausen,/
e quelli che hanno messo la sedia a dondolo e la macchina per cucire/
sul carretto a mano perché da tempo le bestie hanno lasciato/
i loro campi al galoppo per tornare alla mitologia del perdono,/
alle campane di pietra sui ciottoli della domenica e al cono/
della guglia del campanile aranciato che buca le nubi sopra i tigli,/
quelli che appoggiano la mano stanca sulla sponda del carro/
come sul fianco del mulo, le donne con la faccia di selce/
e gli zigomi di vetro, con gli occhi velati di ghiaccio che hanno/
il colore degli stagni dove posano le anitre, e per le quali/
c'č solo cielo e una sola stagione nel corso di un anno/
ed č quando il corvo come un ombrello rotto sbatte le ali,/
si sono tutti ridotti alla comune e incredibile lingua/
della memoria, e questa gente che non ha una casa e nemmeno/
una provincia parla delle fonti limpide e parla delle mele,/
e del suono del latte in estate dentro le zangole piene,/
e tu da dove vieni, da quale regione, io conosco/
quel lago e anche le locande, la birra che si beve,/
e quelle sono le montagne dove riponevo la mia fede,/
e adesso sulla carta, che č simile a un mostro, altro non si vede/
che una rotta che ci porta verso il Nulla, anche se sul retro/
c'č la veduta di un posto che si chiama Valle del Perdono,/
dove il solo governo č quello dell'albero dei pomi e le forze/
schierate dell'esercito sono gli striscioni d'orzo/
all'interno di umili tenute, e questa č la visione/
che a poco a poco si restringe dentro le pupille/
di chi muore e di chi si abbandona in un fosso,/
rigido e con la fronte che diventa fredda come le pietre/
che ci hanno bucato le scarpe e grigia come le nuvole/
che, quando il sole si leva, si trasformano subito in cenere/
sopra i pioppi e sopra le palme, nell'ingannevole aurora/
di questo nuovo secolo che č il vostro.




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