I bambini ci ascoltano: pargliamogli Mario Lodi con Paola Casella
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L'arte del bambino
I bambini ci ascoltano: pargliamogli
Mario Lodi è il maestro che tutti avremmo voluto avere: pacato, gentile, affabile,
attento alle esigenze dei bambini, sempre paziente e disponibile. Un maestro che si
esprime con la calma e la semplicità di chi è abituato a farsi capire da tutti arrivando
al cuore delle cose, anche quando parla di concetti astratti e di argomenti scottanti come
quello della violenza in televisione - la sua cooperativa, la Casa delle arti e del gioco,
è stata una delle promotrici della celebre raccolta di firme "per il diritto
dell'infanzia alla televisione".
Nato a Piadena, in provincia di Cremona, nel 1922, Lodi ha iniziato la sua attività di
insegnante elementare nel 1940 ed è andato in pensione dopo quasi 40 anni di attività.
E' anche autore di numerosi saggi sulle sue esperienze pedagogiche, oltre che di numerosi
racconti per bambini scritti insieme ai suoi studenti, fra cui Bandiera, La Mongolfiera e
l'ormai leggendario Cipì. Nel 1977 ha ricevuto il Premio Viareggio per Il paese sbagliato
e nel 1989 il Premio Lego - nonchè la laurea honoris causa in pedagogia dall'Università
di Bologna.

Il profumo del fiore
Cosetta, 7 anni
1966
Nonostante i suoi 78 anni, Lodi conserva la curiosità di un bambino, e si pone davanti
alle novità con interesse ed entusiasmo. Per questo sta per inaugurare due siti Internet,
uno a nome suo (www.mariolodi.it) e uno a nome della sua associazione
(www.casadelleartiedelgioco.org), dedicati allo studio del rapporto fra i giovanissimi e
la Rete.
Come un crociato, Lodi si batte da sempre per la tutela degli interessi dei bambini,
compreso quello, scritto sulla Carta dei diritti del fanciullo approvata dall'Onu e dal
Parlamento italiano, a esprimersi con l'arte. La mostra L'arte del bambino (vedi articolo
collegato) è, nelle intenzioni di Lodi, un modo per difendere questo diritto.
"La stessa costituzione italiana dice che tutti i cittadini possono esprimere
liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo", dice
Lodi, che abbiamo incontrato in occasione dell'apertura della mostra. "E' proprio un
diritto, che pero' in Italia non viene rispettato, come se il bambino non avesse un
pensiero degno di essere espresso. Il fatto è che non conosciamo i bambini, manca proprio
la conoscenza dell'evoluzione dell'uomo a cominciare dall'infanzia.

Prato fiorito
Carolina, 8 anni
1968
"Nei primissimi anni dell'infanzia i bambini di tutto il mondo scoprono dei
linguaggi e li usano. Il primo e' quello della parola: nel primo anno di vita il piccolo
comincia già a sviluppare un suo lessico e a capire i meccanismi del linguaggio. Una
buona scuola cosa dovrebbe fare? Sviluppare l'uso della parola portandola al livello di
espressione anche artistica, cioe' come poesia, come fiaba, come teatro.
"Il secondo linguaggio che il bambino scopre e' quello del segno, col quale puo'
rappresentare qualche parte del mondo che sta scoprendo: il sole, l'albero, la mamma, gli
amici, il gioco. E' l'unico dei cuccioli delle speci viventi a farlo. A tre anni, quando
va alla scuola materna, sa gia' raccontare la realtà a modo suo, e lo fa secondo regole
che non sono fissate da nessuno, secondo soluzioni tecniche che usano tutti i bambini del
mondo perchè corrispondono alla logica infantile.
"Faccio un esempio: il bambino sa che la terra e' giu' e che il cielo e' in alto,
per cui disegna la striscia di terra giu' e la striscia del cielo in alto. In mezzo c'e'
il vuoto finche' viene il momento in cui la sua ricerca porta il bambino a riempirlo,
individuando l'orizzonte, disegnando ciò che e' vicino come grande e cio' che e' lontano
come piccolo. I canoni dell'arte infantile non coincidono con quelli dell'arte classica:
non c'e' la prospettiva, non ci sono le proporzioni, non c'e' il chiaroscuro.
Che cosa possiamo imparare noi adulti dai bambini?
Molti grandi artisti hanno imparato dai bambini che sono stati. Picasso, dopo tutta una
vita di ricerca, e' tornato a dipingere come faceva da piccolo. Chagall disegna i sogni:
se dovessimo valutarlo criticamente secondo i canoni dell'arte classica non riusciremmo ad
apprezzarlo, e come lui Miro', Kandinskji, tutta l'arte moderna, che e' una rottura degli
schemi dell'arte classica. Il bambino questi schemi li ignora perche' non li conosce.
Bisogna conoscere il bambino e aiutarlo a esprimere le sue enormi potenzialita', che non
riguardano solo la pittura, ma anche il gioco, la sperimentazione scientifica. E' tutto un
mondo che viene ignorato.

Dolore per la morte
Tiberio, 10 anni
1969
E' così da sempre?
A dire il vero, negli ultimi cinquant'anni c'e' stata una grande attenzione all'arte
del bambino: esiste infatti una letteratura vastissima sull'argomento. Rudolph Arnheim ad
esempio ha studiato l'origine dell'arte astratta andando ad analizzare gli scarabocchi dei
bambini dai due ai quattro anni, perche' li' c'era la sintesi del senso del bello dal
punto di vista della forma e del colore, espresse attraverso l'arte libera degli
informali, degli astrattisti e dei bambini.
C'è qualche differenza fra i bambini di oggi e quelli di ieri?
I bambini di oggi, come quelli di ieri, scoprono i linguaggi e li usano, ma quelli nati
dopo la metà degli anni Cinquanta hanno dovuto, e devono, confrontarsi con il linguaggio
televisivo che non usano, ma dal quale vengono usati. E' possibile fare in modo che i
bambini fin dai primi anni usino questo linguaggio come usano il disegno o la parola per
esprimere i loro sentimenti e raccontare il loro mondo? Noi ci stiamo occupando di questo,
abbiamo costituito un gruppo a cui fa capo Carlo Ridolfi che sta studiando nelle scuole
elementari di Verona come si puo' ad esempio passare dal disegno al cartone animato.
Com'è il suo rapporto con Internet?
Per la verità non sono pratico di Internet, sto cominciando a scoprirlo solo adesso:
ho cliccato la parola "musei" e sono finito al Louvre, dove ho potuto
attraversare tutte le sale e vedere tutti i quadri. Se fossi andato fisicamente al Louvre
non avrei visto tutto quello che ho visto perche' avrei dovuto camminare, perdere tempo ad
andare su e giu' per i vari piani. Invece ero lì a casa mia a guardarmi tutti i
capolavori uno a uno. Certo, non e' come vederli nella realta'... ma la differenza non e'
grande.
Prima di Internet, e prima della televisione, l'uomo ha osservato tutto quello che
vedeva intorno a sè e con la sua scienza ha cominciato a classificarlo, a crearsi dei
punti fermi. Davanti a Internet ci sentiamo come pesciolini dentro una grande rete e non
sappiamo capire qual e' il nostro ruolo. Occorreranno delle guide: i giornali, ad esempio,
ci raccontano le notizie mettendo in evidenza quali sono, secondo loro, le cose piu' o
meno importanti, dando così un orientamento. Su Internet questo non c'e': ti trovi di
fronte a un universo visibile, perche' lo vedi, ma indecifrabile, perche' non sai
spiegarti il rapporto di causa ed effetto che lo regola.

Il prato fiorito
Fiorella, 9 anni
1976
E' un po' come essere ritornati all'inizio dei tempi, allora: prima l'uomo si
confrontava con l'universo fisico, adesso con l'universo virtuale, ma pur sempre un
universo da catalogare.
Io direi un universo da conoscere, anche se per la conoscenza totale di Internet credo
non basti una vita. Ma si deve almeno arrivare a non sentirsi persi in mezzo a un deserto
- che dico deserto, questo e' un supermercato dove ti offrono di tutto! La sensazione di
fronte a Internet e' di smarrimento, se uno non ha gia' un obbiettivo e gli strumenti per
perseguirlo. E' un problema affascinante e anche sconvolgente perche' non sai proprio come
cavartela.
Secondo lei i bambini partono avvantaggiati rispetto a Internet?
Sicuramente, è sempre cosi' con i nuovi media: quando i maestri di una volta facevano
vedere i film a scuola rompevano il proiettore, i bambini invece capivano subito come
farlo funzionare. Dal punto di vista pratico e manuale i bambini sono sempre
avvantaggiati. Sono piu' freschi, non sono inibiti dalle novita': noi al massimo ci
adeguiamo. Pero' con Internet e con la televisione si è creato un problema: prima
dell'arrivo della televisione il bambino viveva in un mondo reale, adesso fin da piccolo
si trova di fronte a due mondi, quello reale e quello virtuale. Non si puo' rifiutare il
mondo virtuale - la televisione e' una delle piu' grandi invenzioni dell'uomo - ma non
bisogna permettere che i bambini abbandonino l'osservazione diretta dell'ambiente, delle
persone.
La televisione e Internet non solo distolgono i bambini dalla realta' ma possono anche
influenzarli negativamente: ad esempio i personaggi del cartone animato South Park sono
bambini ma rappresentano tutto il negativo del mondo adulto. Aldo Grasso ha definito South
Park "cartone senza etica" perchè non contiene niente di costruttivo, di
positivo. Io mi domando: perche' lo fanno? Con quale fine? Perchè rappresentare il male,
portandolo anche nelle case in cui la violenza altrimenti non sarebbe mai entrata?
Forse lo fanno per esorcizzare il male.
Stephen King rappresenta nei suoi romanzi il male della societa', e molti adolescenti
dicono che e' il loro autore, leggono solo i suoi romanzi. Lui si giustifica dicendo che
la realta' e' molto piu' violenta e drammatica dei suoi racconti. Io sostengo che, se e'
vero come e' vero che il mondo e' molto violento, chi scrive per i bambini o i ragazzi
dovrebbe rappresentare modelli che non si adeguano al male e alla violenza, che
reagiscono. Bisogna dare ai giovani la speranza di poter cambiare questo mondo, perche'
non e' vero che e' tutto negativo: secondo me il male e' fatto da una minoranza.
D'altronde il fine degli editori che pubblicano questo tipo di libri non e' certo quello
di innalzare il livello culturale e morale di un popolo.
Lo stesso discorso vale anche per la televisione?
E per il cinema, che mostra le cose piu' trasgressive, che incuriosiscono di piu'
proprio perche' fondate sugli istinti piu' bassi. Ma almeno il cinema uno va a vederlo in
sala, la televisione invece ti porta certe immagini in casa, anche se non vogliamo ce le
troviamo li'.
In case dove sempre piu' spesso i bambini sono lasciati soli davanti al teleschermo.
E' la famosa televisione baby sitter, che sostituisce la presenza dell'adulto. E ha un
potere ipnotico: e' dimostrato anche scientificamente, i bambini ingrassano davanti al
televisore non tanto perche' mangiano patatine ma perche' il loro metabolismo rallenta.
L'importante e' che i bambini non diventino videodipendenti, che abbiano la possibilita'
di scegliere fin da piccoli. I genitori dovrebbero discutere insieme a loro, spiegando il
perche' delle cose, perche' i bambini non hanno ancora la capacita' di capire le
motivazioni degli adulti. Davanti a quella scatola che manda immagini restano incantati,
per loro è solo un giocattolo meraviglioso.
Bisogna fare capire ai bambini che esiste una differenza fra l'interazione con la
televisione e con gli esseri umani, che il linguaggio che noi usiamo per comprenderci, per
comunicare, e' diverso da quello del piccolo schermo, che la televisione è un mezzo che
parla ma al quale loro non possono rispondere.
(Qui Lodi incomincia a rivolgersi a un bambino immaginario in tono calmo e paziente,
nda) Quando io parlo con te dopo tu rispondi a me e io ti ascolto. Lo vedi come parlo?
Parlo lentamente, mi fermo ad aspettare la tua risposta. Io che parlo voglio che tu
capisca bene quello che ti dico, invece alla televisione parlano in fretta.
(Lodi riprende il suo tono normale) In bambini non capiscono che la televisione
ha fretta di "scaricare" le notizie perche' dopo c'e' la pubblicita', che la
pubblicita' produce soldi, che esiste un Auditel eccetera eccetera. Bisogna spiegare loro
che la televisione e' importante per quello che ci puo' dare, ma che ci puo' anche dare
cose negative. Se non cominciamo a metterlo nel nostro programma di rapporto con i bambini
non otterremo alcun risultato. I bambini ci ascoltano, e seriamente, anche.
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