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Arte/Caravaggio

Carlo Alberto Bucci

Doveva chiudere il 28 febbraio la mostra di Brescia "Da Caravaggio a Ceruti. La scena di genere e l'immagine dei pitocchi nella pittura italiana". Invece l'esposizione, ospitata nel museo di Santa Giulia, è stata protratta sino al 18 aprile. Ed è un bene dal momento che la mostra, curata da Francesco Porzio, è di quelle che possono richiamare e interessare un pubblico più ampio di quello che segue normalmente gli appuntamenti artistici. Se è vero, infatti, che la pittura di genere solitamente interessa soprattutto gli intenditori, il taglio di questa esposizione - che esclude dalla rassegna sul genere le nature morte e i paesaggi come pure, eccetto alcuni significativi casi, i soggetti religiosi che presentano brani di vita quotidiana - permette uno sguardo allargato sulla società italiana del Seicento e del Settecento. Questo grazie ad un punto di vista particolare sui dipinti che ai facoltosi committenti e collezionisti "narrano" della vita delle classi subalterne: per fini moraleggianti, o solo descrittivi, oppure per semplice e divertito intrattenimento. I protagonisti dei quadri sono contadini, villici o "pitocchi": ossia quei mendicanti che daranno il nome a questo tipo di rappresentazioni. Si parte quindi con la grande pittura del lombardo Caravaggio e si arriva alla pittura del milanese Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto. Ma si toccano tutte le città e le realtà artistiche e sociali dell'arte italiana, di questo genere di pittura nostrana, del XVII e XVIII secolo: da Roma a Napoli, da Torino a Genova, da Firenze a Bologna fino alla Lombardia e al Veneto, che sono poi le sezioni in cui è divisa l'esposizione. Una mostra, insomma, che sposta l'accento dal singolo artista alla complessità delle situazioni regionali tramite opere di soggetto "volgare" interpretato comunque, nella maggior parte dei casi, con grande maestria, artificio e sensibilità. Contribuiscono a questa veduta d'insieme, in uno sguardo che dall'arte conduce al sociale e alla storia di tutti i giorni, i molti saggi che numerosi studiosi hanno scritto per il voluminoso catalogo (Skira: 500 pagine; 100 mila lire), dal quale abbiamo tratto questa antologia di dipinti.

 




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