Caffe' Europa

Arte/Caravaggio 

 

Vincenzo Campi, "Mangiaricotta", 1585 ca., olio su tela, cm 72 x 89,5; Cremona, collezione privata

La mostra di Brescia si apre con un piccolo accenno ad alcuni esempi di pittura di genere del tardo Cinquecento. Accanto ai grotteschi "Mangiaricotta" di Campi sono esposti gli umili proprietari delle celebri "Macelleria" e "Pescheria" del bolognese Bartolomeo Passerotti, oppure quelli del "Mercato del pesce" di Joachim Beuckelaer, fino agli operosi contadini di due "stagioni" del veneto Jacopo Bassano ("Estate" e "Autunno"). I quattro "Mangiaricotta" sono tutti intenti a servirsi della forma di formaggio che il pittore cremonese (1535/40-1591) ha posto davanti a loro, sul tavolaccio in legno di questo buio interno con figure del 1585 circa. Ma se tre di loro rivolgono lo sguardo ammiccante all'esterno della tela, come per cercare complicità nello spettatore al loro vorace desinare, il più anziano di essi ha occhi solo per le esibite forme della procace donna dipinta sulla destra del quadro. Infatti, se l'azione immediatamente riconoscibile della scena riconduce ai piaceri della gola, affidati ad una abbuffata di candida ricotta, il rimando immediato è a i piaceri della carne. Non si tratta certo di una sessualità sublimata, ma tutta viscerale; legata al ventre più che alla mente. E dal basso della società vengono del resto gli attori di questa messa in scena: tre contadini e una prostituta. Che già solo nell'esibizione della dentatura dichiarano la loro appartenenza ad una classe sociale inferiore, della quale è lecito prendersi burla. Quando vengono rappresentati in pittura, infatti, i nobili, i mercanti o le loro virtuose compagne - ossia il mondo cui erano destinate le opere d'arte, tra cui anche le scena di genere come quella in esame - possono al limite abbozzare un tiepido e decoroso sorriso, mentre la risata sguaiata, a 32 denti, è esclusivo appannaggio di buffoni, contadini e meretrici.


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