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Geologo, naturalista, geografo, esploratore



Claudio Smiraglia



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Quello che segue è il testo dell'intervento di Claudio Smiraglia nel corso dell'Omaggio ad Ardito Desio organizzato dalla Società Geografica Italiana che si è tenuto il 18 aprile a Roma presso Palazzetto Mattei, Villa Celimontana.

E' per me un grande onore ricordare Ardito Desio, esattamente ad un anno dal suo ultimo genetliaco, quando ebbi il piacere di presentargli il volume che raccoglieva i suoi scritti pubblicati nell'ambito del Club Alpino Italiano DIA


Desio sul K2. (Per gentile concessione del sito www.arditodesio.it)

E' tuttavia un compito difficile sia per la grandezza del personaggio, sia per il quasi obbligato formalismo che spesso prevale in queste occasioni. Con il rischio di cadere nell'agiografia e di santificare e disumanizzare chi con umani pregi e umani difetti ha comunque lasciato un'orma profonda nella cultura e nella scienza del nostro paese oppure con la prospettiva di cadere nell'elencazione asettica di date, titoli, sequenze interminabili (il vocabolo è appropriato, se ricordiamo le oltre 400 pubblicazioni di Desio) di tematiche di ricerca e di aree visitate. Ancora vi è il rischio di immergersi nei ricordi personali, quasi per trarre luce riflessa da chi ha brillato di luce propria. Mi sia consentito evitare i primi due rischi, per indulgere un poco nel terzo.

Non si tratterà quindi di un'elencazione sistematica e ridurrò quindi il mio intervento, che anche per motivi di tempo non può compiutamente illustrare la figura di Desio geologo, naturalista, geografo, esploratore, scrittore, docente universitario, ad alcuni temi ben delimitati, in particolare a quelli riguardanti la montagna, anche per la mia veste di presidente del comitato scientifico del CAI, fondato da Desio nel 1931.

Innanzitutto la varietà e vastità degli interessi, che si concretizzano in una serie infinita di viaggi, i quali mai, come sottolinea lo stesso desio nella sua autobiografia (un volume da suggerire a tutti i nostri studenti DIA), gli fecero trascurare i suoi doveri di docente universitario. Dalle isole dell'Egeo al deserto del Sahara, dal Karakorum e dal K2 ai monti dell'Afganistan, dall'Etiopia all'Albania, dall'Everest al Polo Sud, il tutto intervallato con una serie altrettanto infinita di iniziative e incarichi istituzionali che non voglio elencare compiutamente e di cui ricordo solo la creazione del corso di laurea in scienze geologiche, l'istituzione dell'ordine nazionale dei geologi, l'ultimazione della carta geologica d'Italia, la presidenza della sottocommissione sulla difesa del suolo, il progetto Ev-K2-CNR.


1922 - Simi. Mulini a vento sopra la città.
(Per gentile concessione del sito www.arditodesio.it)

Di tutto questo quasi frenetico attivismo, di questa curiosità per il mondo che cessano solo poco tempo prima della sua scomparsa vorrei sottolineare solo alcuni aspetti, facendo riferimento ai settori scientifici che più mi sono congeniali e all'ambiente che meglio conosco, quello della montagna. E credo che la montagna sia stata veramente il filo conduttore della vita del prof. Desio, insieme all'insegnamento universitario e agli affetti familiari.

In realtà quando si parla del prof. Desio vi è presso il grande pubblico l'immediata identificazione con la scalata del K2 del 1954. Si tratta indiscutibilmente dell'impresa che lo ha reso più famoso, e del resto non poteva che così essere, sia per le dimensioni del fatto in sé, sia per il quadro storico e sociale in cui questo si è collocato, sia per le prese di posizione che ne sono seguite. A questo proposito devo sottolineare come mi abbia molto colpito il fatto che in occasione della sua scomparsa la stampa e gli altri mezzi di informazione abbiano voluto ancora una volta sottolineare episodi di mezzo secolo fa, sottolineandone evidentemente gli aspetti più polemici.

Non spetta certo a me dare una valutazione su quei fatti che come scrive Desio portarono "gioie e amarezze dopo la vittoria" e che crearono una frattura nei rapporti con il club alpino italiano durata almeno vent'anni, frattura che gli ultimi due presidenti del CAI hanno totalmente ricucito. Da parte mia vorrei solo sottolineare come Desio si sia trattenuto dopo la conclusione della spedizione alpinistica per altri due mesi in Karakorum per ultimare i rilievi scientifici e per esplorare settori sconosciuti dei ghiacciai Baltoro, Biafo e Hispar.

Di quelle esplorazioni e di quelle ricerche ci restano dodici volumi e delle carte topografiche di eccezionale precisione oltre che bellezza. Quando si confrontano i nostri risultati con quei risultati non si può non ammettere che, come ha scritto un noto glaciologo inglese, i progressi degli ultimi decenni hanno riguardato forse più gli aspetti strumentali che non quelli contenutistici. Quando si pensa che i risultati di Desio sono stati ottenuti senza quegli ausili che oggi ci sembrano indispensabili nelle ricerche nelle terre estreme dell'alta montagna (mi riferisco a GPS, GIS, remote sensing e quant'altro), le sue intuizioni e le sue realizzazioni appaiono veramente stupefacenti a livello qualitativo e quantitativo.

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