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Ardito Desio e la Sgi



Maria Mancini



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Quello che segue è il testo dell'intervento di Maria Mancini nel corso dell'Omaggio ad Ardito Desio organizzato dalla Società Geografica Italiana che si è tenuto il 18 aprile a Roma presso Palazzetto Mattei, Villa Celimontana.

Il primo contatto tra Desio e la SGI risale infatti al 1922 quando il giovane geologo, all’epoca appena venticinquenne, compì il suo primo viaggio esplorativo con destinazione le isole del Dodecaneso. La missione era stata finanziata dall’Accademia d’Italia, ma anche la SGI contribuì con la somma di 1000 lire. Al suo ritorno Desio, contraccambiò la cortesia scrivendo per il “Bollettino” un piccolo articolo sull’isola di Castelrosso. Si trattava comunque di un contatto ancora indiretto, che passava attraverso filtri che avevano il nome di Carlo De Stefani e Giotto Dainelli, professori dell’Università di Firenze e maestri di Desio ma anche, soprattutto il secondo, affettuose guide accademiche che lo accompagneranno per molti anni.


Karakorum, 1929 (Per gentile concessione del sito www.arditodesio.it)

Il successivo e più importante incontro tra Desio e la SGI avvenne dopo qualche anno, nel 1926. La SGI, dopo una lunga pausa nel campo dell’attività esplorativa, pausa dettata sia da una serie di circostanze esterne, la guerra, sia da scelte sociali, che avevano voluto privilegiare gli studi e le ricerche relativi all’Italia, sia, infine, da una crisi di identità che aveva comportato un allontanamento dagli ambienti governativi, e quindi dalla principale fonte di reddito, iniziava in quegli anni a muoversi per trovare il modo di acquisire nuovamente un ruolo significativo all’interno del rinnovato panorama culturale italiano. Fu così che “di pieno accordo col Ministero delle Colonie e con il concorso di SE il Governatore della Cirenaica” come si legge in una lettera del Segretario Roncagli ad Enrico De Agostini all’epoca Capo Ufficio Studi a Bengasi, poi segretario della SGI, la Società mise in atto un progetto di esplorazione dell’oasi di Giarabub, “primo passo - è sempre Roncagli che scrive - della sua rinnovata attività nel campo principale della sua missione”.

Fu lo stesso Roncagli a ricordarsi di Desio in questa occasione, ma per una conferma, prima di interpellare l’interessato, chiese il parere della persona che in ambiente accademico meglio lo conosceva, Giotto Dainelli: “avremmo pensato al dott. Ardito Desio, che già ci fu presentato dal compianto prof. De Stefani e fece per noi il piccolo ma interessante studio su Castelrosso. Che ne pensa lei?” E Dainelli confermò convinto l’opportunità della scelta.

Giarabub in quel momento era ancora al centro di operazioni militari, la missione quindi non era priva di pericoli, ma questo non poteva certo fermare il giovane Desio che, dopo il suo viaggio nell’Egeo, già da tempo fremeva alla ricerca di nuove opportunità.

Il compito affidatogli, inoltre, andava oltre la pura esplorazione scientifica, ma , come si legge nei documenti d’archivio, era rivolto, negli intenti, soprattutto a scopi pratici: la verifica delle condizioni idrogeologiche del sottosuolo per l’utilizzazione delle falde idriche e, soprattutto, la ricerca mineralogica.

Guardando a distanza questi fatti si può dire che gran parte della successiva attività di Desio prese il via in questa occasione e da allora la Libia sarà sempre al centro dei suoi interessi.

Successivamente la collaborazione tra Desio e la SGI continuò ininterrotta negli anni, con alti e bassi legati alle vicende particolari dell’uno e dell’altra.

Nel 1929, Desio fu chiamato a far parte di un’altra importante spedizione, promossa dal Comune di Milano ma patrocinata dalla Società che mise a punto il programma scientifico, la spedizione al Karakorum guidata da Aimone di Savoia e poi agli inizi degli anni Trenta (1932) Desio fu ancora il Libia per conto della Società in una missione i cui contorni sono ancora in parte da chiarire.

I risultati di tutta questa attività esploratrice daranno luogo via via alla pubblicazione di numerosi articoli e relazioni sul “Bollettino” e di alcuni volumi, editi sempre dalla Società, tra cui “Il Tibesti nord-orientale” (1932) e la collaborazione al volume “Fezzan e oasi di Ghat” (1937).

Certo Desio non rivestì mai un ruolo istituzionale all’interno della Società, ma questo è abbastanza comprensibile. Immagino che avrebbe mal sopportato di spendere il suo tempo in tutte quelle attività che costituiscono il necessario impegno degli organi di governo di un sodalizio. Così come mal sopportava tutto quello che in qualche modo lo distoglieva dal suo lavoro preferito: la ricerca sul campo. Sono significativi a riguardo alcuni passaggi nelle sue lettere, in cui fatti importanti della nostra storia, dall’avvento del fascismo alla cattura di capi ribelli in Libia, vengono liquidati in due righe perché…il lavoro urge.

Nel secondo dopoguerra, i rapporti tra Desio e la Società, in piena crisi istituzionale, furono legati soprattutto ai suoi interventi come conferenziere (conferenza del 1956 sul K2) e agli articoli pubblicati sul Bollettino. Intanto mentre Desio era divenuto ormai uno studioso e un esploratore di fama mondiale, la SGI aveva perso il prestigio di qualche decennio prima, ma tutto ciò non impedì che i rapporti si mantenessero sempre molto stretti oltre che cordiali. Il gruppo dirigente in fondo era fatto dagli uomini di sempre che lo avevano conosciuto e agevolato quando era solo un giovane promettente geologo, come ad esempio il segretario De Agostini che lo aveva accolto a Bengasi durante la sua prima missione in terra africana. Così Desio da parte sua scriveva cartoline alla SGI dai ghiacci del Karakorum e ad accoglierlo a Ciampino, di ritorno dal K2, c’era a nome della Società il suo vecchio maestro e amico Giotto Dainelli.


1924 - Isola di Coo (Egeo). Desio tra le rovine del
tempio di Esculapio.
(Per gentile concessione del sito www.arditodesio.it)

Un momento forte della collaborazione tra Desio e la SGI si ebbe, in tempi a noi più vicini, nel marzo del 1980, quando venne organizzata una Tavola Rotonda sull’Antartide. I risultati, di comune accordo, furono pubblicati da una casa editrice esterna, la UTET, che consentiva una più ampia diffusione dei contenuti, perchè lo scopo della tavola rotonda, in fondo, era quello di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni su quella che Desio più tardi definì la sua “battaglia perduta” cioè l’esclusione dell’Italia dall’Antartide, una battaglia che lo aveva visto impegnato fin dal 1956.

Nel 1988, il 25 marzo, la SGI decise di onorare l’ormai anziano Desio conferendogli la più alta delle onorificenze sociali, la medaglia d’oro “in riconoscimento - si legge nelle motivazioni - dell’eccezionale livello dell’attività scientifica svolta,segnatamente nel campo dell’esplorazione terrestre, e del prestigio che ha saputo meritare alla cultura italiana”.

Oggi la maggioranza dei protagonisti di questa lunga storia non c’è più. Sono cambiati ben 14 presidenti da quando la SGI pubblicò il lavoro di Desio su Castelrosso, ma l’affetto e la stima verso questo grande studioso è rimasta immutata. In questi ultimi anni il 18 aprile, giorno del suo compleanno, qui in società era vissuto come una festa di famiglia e ricordo il coinvolgimento di tutti per la mostra in suo onore allestita in occasione dei cento anni.

Ho iniziato dicendo di voler raccontare la storia di una lunga collaborazione, concludo con la certezza che questa collaborazione, malgrado tutto, non si è chiusa con la sua scomparsa: attraverso i documenti, le foto e le lettere, che Desio ha voluto depositare presso la SGI e che sono in via di sistemazione, infatti, continueremo a dialogare anche negli anni a venire con questo piccolo uomo dalla vita incredibile.

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