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Un gioiello del barocco romano



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Il Palazzo Altieri è urbanisticamente collocato in una zona del centro storico di Roma di rilevante importanza storico-monumentale. L’area dell’isolato, di forma poligonale, si sviluppa su un perimetro di ml. 406,58 e risulta delimitato a sud dalla Piazza del Gesù e dalla Via del Plebiscito, ad est dalla via degli Astalli, a nord dalla Via di S. Stefano del Cacco ed ad ovest dalla Via del Gesù.

L’edificio, oltre ad essere una valida espressione architettonica sita nel cuore dell’Urbe, è la testimonianza di fatti diretti ed indiretti che, per circa sei secoli, influirono sui fatti della città attraverso i membri della famiglia Altieri di cui, alcuni, furono personaggi di rilievo nelle magistrature capitoline, nella gerarchia ecclesiastica, nel mecenatismo artistico e nella cultura letteraria.


Palazzo Altieri, Sala Pompeiana (ABI)

Il Palazzo, al pari della maggior parte degli edifici monumentali del centro storico, è il risultato dell’ampliamento e dell’ammodernamento di case di impronta medioevale, sapientemente trasformate con una espressione architettonica ricca di pregi, pur nella discrasia di alcune sue componenti strutturali ed architettoniche, che denotano l’influenza di eventi determinati ed il susseguirsi, nel tempo, di situazioni contingenti, che hanno progressivamente trasformato l’iniziale idea progettuale di accompagnamento degli originali corpi di fabbrica.

La prima citazione storica in cui compare il nome degli Altieri, risale al settembre del 1332, durante l’esilio avignonese dei papi; ma fu nella seconda metà del XV secolo che la preminente posizione degli Altieri si manifestò anche attraverso il censimento degli abitanti sotto Clemente VII, in cui risultò al terzo posto nel Rione Pigna con le sue 181 bocche fra componenti e dipendenti.

In quei tre secoli, gli Altieri, con successivi acquisti, si erano assicurata la proprietà di quasi tutti i fabbricati prospettanti la piazza che da loro prendeva il nome, abitati da vari rami della famiglia. Nel 1568, il palazzo principale ed altre case degli Altieri, furono venduti e successivamente demoliti per la costruzione della chiesa del Gesù e l’ampliamento della piazza .

Alienate le case sugli altri lati della piazza, gli Altieri concentrarono le loro cure su quelle che costituirono il nucleo originale dell’attuale palazzo. Le licenze edilizie in favore di Lorenzo Altieri del 1607, quella in favore di Orazio Altieri del 1615 e del 1633 e la planimetria del primitivo Palazzo Altieri e delle case adiacenti, sono testimonianze della successione delle fasi del processo evolutivo del nucleo originario che sorgeva nella zona d’angolo tra la Via e la Piazza del Gesù. A quel tempo, come si rileva dalla pianta di Roma del Tempesta e dalla planimetria della prima metà del XVII sec., la parte del palazzo, opposta alla Piazza del Gesù, confinava col Vicolo degli Altieri che, da via del Gesù, portava all’attuale via di S. Stefano del Cacco.

Verso il 1650, con l’acquisto del vicolo e delle costruzione che vi prospettavano, ebbero inizio i lavori di ampliamento del palazzo, il quale non fu interamente rifatto, ma sviluppato sulle vecchie case, che erano già state profondamente rimaneggiate e rimodernate alcuni anni prima.
Per la trasformazione e l’ampliamento del palazzo, gli Altieri si avvalsero dell’opera di uno dei più significativi architetti del seicento: Giovanni Antonio De Rossi.


Palazzo Altieri, Il cortile interno

Il compito affidatogli non era di facile assolvimento, giacché consisteva nell’ampliamento del palazzo esistente annettendovi nuovi corpi di fabbrica in modo da coprire l’intero isolato, quale risultava dall’acquisto e dalla demolizione delle case che l’occupavano e dalla cessazione di siti pubblici, rese possibili dalla Breve Papale emessa nell’anno 1672 da Papa Clemente X della casa Altieri.

Poiché la facciata su Piazza del Gesù non era stata costruita in vista di tale ampliamento e già risultava dalla trasformazione di un precedente prospetto, il suo modulo non era proporzionato al nuovo isolato di cui era entrato a far parte, per cui ne risultò un insieme prospettico non perfettamente omogeneo ed armonico come era nelle intenzioni del progettista.

Dal progetto del De Rossi è stata rinvenuta solo una pianta del piano nobile, che è un rilievo di esso, delineata a tempera nera, con l’aggiunta di una parte di progetto per le scuderie, disegnate in rosso. Quel disegno pone ben in evidenza i fuori squadro di diversi ambienti e si ritiene che sia una variante studiata in corso d’opera. Confrontando questa pianta con la veduta aerea del palazzo, si ha la conferma della sua precisione nei contorni e nei vari spessori dei corpi di fabbrica.

Del progetto originario non si ha nessuna traccia, si ritiene, che le incisioni dello Specchi e del Vasi, furono redatte sulla scorta di detto progetto, alterando i rapporti ambientali i modo da lasciare il palazzo completamente in vista. E’ stato inoltre disegnato, non come realizzato, ma come sarebbe dovuto essere senza le modifiche apportate al progetto, nel corso dei lavori.

Nel prospetto tra Piazza del Gesù e Via del Plebiscito, si nota un bugnato per tutta la verticale che, delimitando la vecchia facciata, avrebbe dovuto stabilire la separazione e la saldatura con la nuova, la quale ne avrebbe dovuto continuare i caratteri, come lasciano intuire la verticale di finestre ed il cornicione.

Proprio in corrispondenza di detta verticale, si notano, al piano terra, una porta con sovrastante finestra di ammezzato, le quali sono superstiti delle case degli Altieri, sulla via poi detta del Plebiscito, demolite, ad eccezione di quelle parti, a causa del rifiuto opposto da una vecchietta di nome Berta, a lasciare la stanza da essa occupata nella quale filava (da cui il detto “quando Berta filava”).

Per evitare di forzare la volontà della vecchietta che viveva di ricordi, fu lasciata in quella stanza e le fu costruito intorno. Forse nel periodo di pausa causato da quella opposizione, nacque l’idea di accrescere l’altezza del primo pano per coprirlo a volte anziché con solai in legno, come era invece la parte su Piazza del Gesù. Il cornicione della nuova costruzione fu quindi costruito a quota maggiore, risultando così, tra le due zone, una notevole differenza di altezze non dissimulabile. Le finestre del primo piano risultarono tutte allineate, quelle del secondo, nella parte nuova costruita, risultarono a quota maggiore delle corrispondenti su Piazza del Gesù, per cui, il De Rossi ne variò alquanto il disegno munendole, all’esterno, di parapetto e trasformando in cornicione marcapiano l’antica cornice davanzale, per attenuarne il divario.

Il Palazzo Altieri si distingue dalla quasi totalità degli edifici civili contemporanei, per avere su gran parte del perimetro, i due piani superiori quasi di uguale altezza, sul modello cinquecentesco di Michelangelo; caratteristica che il De Rossi volle conservare anche nella nuova costruzione che cingeva la fabbrica esistente, sebbene l’altezza dei piani di quest’ultima fosse minore.

Sull’esempio di Michelangelo che, con la grandiosità delle sale d’ingresso dell’appartamento di rappresentanza, manifestava la potenza dei proprietari, il De Rossi creò la sala d’ingresso e le altre sale di rappresentanza a ridosso del vecchio corpo di fabbrica, aumentandone l’altezza, anche per creare le volte e dimostrando la sua abilità nella distribuzione e nel coordinamento degli ambienti. Risolse, pure felicemente, il problema dello scalone, che doveva servire la parte antica e la nuova e cioè quella già costruita intorno al 1650 e l’altra iniziata più di venti anni dopo.

Ultimati i lavori nel 1676, il Palazzo acquistò all’incirca la configurazione attuale. Successivamente furono eseguiti, nel 1730, lavori interni di frazionamento, in altezza ed in larghezza, con l’intento di dare agli ambienti un assetto distributivo più adeguato alle nuove esigenze create dall’aumentato numero di componenti della famiglia Altieri.

Nel 1734, all’avancorpo, che si erge su via di S. Stefano del Cacco, furono anteposte le nuove rimesse e creata una sopraelevazione asincrona rispetto al resto del Palazzo. I suoi piani ed il cornicione sono, infatti, a quote diverse da quelli delle altre parti dell’intero fabbricato e sui fianchi, presenta finestre anomale.

Altre grandi opere, per lo più di trasformazione interna, furono eseguite da Giuseppe Barbieri nel 1775. Con esse il Palazzo conseguì il suo maggiore splendore, che andò poi, via, attenuandosi nei secoli successivi.

Infine, altri lavori di notevole importanza, che influirono sull’aspetto esteriore dell’edificio, furono quelli che trasformarono le finestre del piano terra in porte dei negozi su Via Astalli e su Via del Gesù. Nato come Palazzo Patrizio destinato come residenza della famiglia Altieri, ormai estinte, è oggi un condominio ad utilizzo misto. Le zone così dette nobili, costituite prevalentemente dal piano primo nobile e dal piano secondo nobile, sono attualmente adibite ad uffici, gran parte dei quali occupati dalla Sede dell’Associazione Bancaria Italiana, dalla Banca Finnat, dalla Banca Popolare di Novara che ha qui la sua sede di rappresentanza. Questi inquilini di rango, pur stravolgendo le originarie destinazioni d’uso, hanno comunque notevolmente contribuito al recupero dell’originale splendore dei locali da loro occupati, che sono stati oggetto di interventi di restauro conservativo.

I piani sottotetto e una piccola parte del piano secondo nobile sono utilizzati ad abitazione. I piani terra con affaccio su strada sono stati ormai tutti trasformati in esercizi commerciali di varia natura, e ciò ha contribuito a modificare la configurazione architettonica originaria, per adeguare i locali al nuovo utilizzo.

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